Il persecutore in azienda: come riconoscerlo e gestirlo?
Riprendo il filo tematico degli scorsi articoli, quelli sul vittimista scritti a quattro mani da me e da una collega Loretta Guglielmi, per esaminare oggi la sua controparte, quella del persecutore – arrogante – prepotente. Per leggere gli articoli precedenti clicca qui per il primo e qui per il secondo.
Infatti vittimista e persecutore vanno a braccetto e per esistere hanno bisogno l’uno dell’altro.
Da dove nasce il comportamento del persecutore?
Il clima famigliare che favorisce lo sviluppo del comportamento del persecutore può avere alcune somiglianze con quelle della vittima, nel senso che è un ambiente poco accudente come per il vittimista, ma nel caso del persecutore eccessivamente normativo, in cui il bambino può essere stato oggetto di violenza fisica o verbale, di educazione molto rigida e severa o di scherno. A differenza del vittimista che aderisce passivamente alla propria condizione, il persecutore attua una risposta in cui tenta di difendersi attaccando attivamente e diventando egli stesso sarcastico, vessatorio e dittatoriale nei confronti degli altri (attacca per la paura di essere attaccato). Un altro motivo di sviluppo riguarda i figli di persone che non sono state in grado di fornire alcun tipo di limite o confine al bambino, il quale si sente così autorizzato a spadroneggiare, in realtà - lo vedremo più in là, il suo comportamento è una ricerca del limite che non ha conosciuto.
Quali sono gli atteggiamenti del persecutore e come riconoscerlo?
Le caratteristiche comportamentali del persecutore sono abbastanza evidenti perché impattano talvolta in modo molto forte sulla vita di chi gli sta intono e possono rendergli la vita alquanto difficile.
- Si mostra sicuro di sé
- Usa la pretesa per ottenere dagli altri quello che vuole
- Rinfaccia gli errori o le mancanze che secondo lui gli altri hanno commesso
- E’ fortemente polemico
- Critica gli altri con facilità e spesso senza motivo
- Incolpa gli altri per la rabbia che prova lui
- Aggressivo, incolpa gli altri accusandoli che è loro la causa della sua aggressività (es: guarda cosa mi fai fare)
- Può diventare violento
- Offende gli altri insultandoli
- Non è mai colpa sua
- Può essere un perfezionista, pignolo, uno di quelli cui non sfugge nulla e per il quale il risultato ottenuto non è mai abbastanza.
- Spesso alza la voce o grida
- Vuole sempre avere ragione e l’ultima parola
- Il suo corpo è teso, il collo contratto e rigido, la sua postura protesa in avanti, gli occhi sfidanti ma vuoti.
Il persecutore nell’ambiente di lavoro:
Persona davvero impegnativa da avere accanto, sia come collega di lavoro, ma soprattutto come boss in azienda.
Diventa davvero difficile trovare uno spazio vitale accanto a una persona cui difficilmente va bene qualcosa che viene detto o fatto. La possibilità di comunicare è ridotta all’osso perché il persecutore è convinto che quello che lui pensa e fa sia meglio rispetto agli altri.
Le frasi che correntemente usa sono simili a queste: tu non vali nulla, sei un incapace, se non fai quello che ti chiedo vattene pure via, non devi fare così, ti dico io cosa devi fare, non funzionerà mai, tu sei troppo così, non sei abbastanza cosà...
Se l’arma del vittimista è la manipolazione, quella del persecutore è l’incutere direttamente paura, anche se a volte per riuscirci, può utilizzare forme più sottili e raffinate attraverso doppi sensi, allusioni di potere, usando degli intermediari per colpire qualcuno. L’importante è che tutti capiscano che è lui che comanda.
Il persecutore può raggiungere traguardi lavorativi anche molto importanti e ricoprire ruoli di prestigio, pertanto dalla posizione raggiunta può esercitare ancor più indisturbato le sue modalità disfunzionali.
Apparentemente disinteressato di risultare antipatico – spesso non se ne rende nemmeno conto – usa il potere, la forza e la sua posizione di privilegio per ricevere consensi e avere persone al suo seguito.
Svantaggi per l’azienda:
Una azienda con al suo interno uno o più elementi di questo tipo si trascina un clima nel quale la paura inibisce le azioni. Infatti, il persecutore vuole avere il controllo delle cose e la paura è la sua arma.
In generale lavora male in team, non sa adattarsi e questo riduce sensibilmente la possibilità di creare progetti condivisi e vincenti.
Il persecutore, nella sua convinzione di avere la verità in tasca, difficilmente accetta consigli e manca di flessibilità. La flessibilità, specie in questi ultimi tempi, è invece un elemento di fondamentale importanza per cambiare, rinnovare e innovare sistemi produttivi e strategie.
Il persecutore origina un clima di tensione e conflitti. Il conflitto genera una pericolosa perdita di energia nelle persone che si traduce spesso in una riduzione della produttività.
L’ambiente pesante, conflittuale e dispotico riduce la motivazione, abbassa il sistema immunitario delle persone e aumenta sensibilmente i giorni di malattia di cui i collaboratori tendono a usufruire.
Se messo a contatto con clienti o terze parti esterne all’azienda, troverà pretesti per litigare mettendo in imbarazzo colleghi o collaboratori, piuttosto che l'intera azienda mediante la sua arroganza.
Suggerimenti per interagire con un persecutore
Rispondere ad una aggressione con un’altra aggressione è una tattica perdente, il persecutore cercherà in tutti i modi di annientare il suo avversario. Non si farà nessuno scrupolo ad offendere denigrare o degradare la persona con la quale entrerà in conflitto. Perdente è anche sottomettersi silenziosamente ai suoi modi dittatoriali, non farà altro che incentivare il suo comportamento, convincendolo ancora di più della giustizia della sua posizione e punto di vista.
Vincente invece, risulta la capacità di trovare fermezza dentro di sé, restando calmi al proprio interno e sostenendo la propria posizione in modo circostanziato e obiettivo, recuperando elementi di oggettività rispetto alla questione di cui si sta discutendo con questo soggetto, anche se inizialmente darà scarsi risultati. Il persecutore è in fondo una persona che agisce il suo modo perché ha paura, nel suo interlocutore deve quindi trovare qualcuno da cui non si sente minacciato, ma che nello stesso tempo possa percepire in lui/lei quella forza, correttezza e rispetto che non ha trovato nelle sue figure di riferimento primarie che hanno dato origine ai suoi meccanismi di risposta (come anticipato all'inizio dell'articolo è una ricerca di un sano limite). Quando riconosce un po’ alla volta queste qualità, può iniziare a rilassarsi abbassando le sue difese relazionali predisponendosi a entrare in contatto in modo diverso con i suoi interlocutori.
Per sostenere questi processi di recupero relazionale, sono molto utili i percorsi di team building indoor aziendale rivolti al benessere collettivo e al miglioramento della capacità comunicative non violente. Attraverso lavori integrati ed esperienze condivise si creano basi cognitive ed esperienziali che facilitano il rovesciamento da un modello win - lose a uno win - win.
Fleet e mobility manager
4 anniassolutamente interessantissimo... e reale