Il "portafoglio" clienti del professionista tecnico: un confronto...

Il "portafoglio" clienti del professionista tecnico: un confronto...

Oggi vorrei condividere una vicenda che è capitata ad un mio collega qualche mese fa.

Vi parlo di un giovane professionista tecnico che lavorava per un importante studio professionale alle seguenti condizioni:

  • regime di p.iva;
  • compensi di 4 euro/ora (650 €/mese, 7800 €/anno)
  • quasi 60 ore di lavoro alla settimana, con straordinari non pagati;
  • pagamenti che potevano arrivare con un ritardo di 4 mesi;
  • scarsa pianificazione del lavoro, con tempi di consegna perennemente "urgenti";
  • spesso in ufficio gli capitava di fare le notti, rinunciare alle ferie (non pagate) e ai weekend liberi;
  • ostruzionismo nell'insegnamento di nuove competenze;
  • scarse opportunità di crescita.

A causa di questi elementi negativi, ha cercato invano di andare via puntando sulla libera professione, che però non ha mai avuto il tempo di esercitare (nonostante fosse iscritto regolarmente all'albo). Mandando CV ad altri studi professionali non ha mai ricevuto risposta.

Come se non bastasse, lo studio di ingegneria che sfruttava altri giovani professionisti come lui, era a sua volta schiacciato e sfruttato da un unico cliente.

Sai cosa è accaduto?

Per motivi che non so, il cliente importante ha smesso di commissionare i lavori allo studio, il quale a sua volta è stato costretto a mandar via gente, tra cui il mio collega.

Quest'ultimo è attualmente a casa con i genitori (per fortuna), con tante capacità e voglia di fare, ma con nessun cliente a cui offrire prestazioni. Morale della favola:

Chi esercita la libera professione non deve mai lavorare per un solo committente

Capisco che potresti dirmi che spesso questa scelta non dipende da noi, che a volte dobbiamo prenderci il lavoro che ci capita ed imparare il più possibile.

Lo so, soprattutto perché tutt'ora lavoro per studi professionali più grandi del mio e capisco bene cosa voglia dire avere un opportunità per dimostrare chi sei dopo anni che sei stato senza lavoro.

Ma, pur trovando un titolare che ti tratta bene, ti paga come meriti e ti insegna il mestiere senza aver paura che scappi, che succede se ti manda via?

Nonostante a volte io pecchi di presunzione, questa volta nemmeno io me la sento di dirti come comportarti, ma resta il fatto che la situazione del mio collega è spesso la regola in tutta italia.

Personalmente mi sono sempre tutelato mantenendo i rapporti professionali con minimo 3 clienti, anche a costo di non esserci per la famiglia; potrò sembrare cinico, ma credo che se mi abbandonassi ad essere "schiavo" di un solo cliente sarebbe peggio (quando lavori per un solo cliente sei ricattabile e non hai molto margine di trattativa).

Inoltre, mentre punto dritto al mio obiettivo di diventare un "luminare" degli impianti industriali e della qualità delle relative installazioni, investo del tempo a potenziarmi in tutti i campi con cui potrei essere utile ad altri professionisti (acustica, antincendio, sicurezza sul lavoro, ecc...).

Anche se con questa ultima strategia rischio tantissimo di diventare un tuttologo che non è bravo in nulla, posso sicuramente vantare una flessibilità professionale che pochi hanno.

Detto ciò, vorrei sapere da te come gestiresti una tale situazione, se in passato ti è già capitato di lavorare per un solo cliente e come si è evoluta questa situazione.

Alla prossima.






Gianluca Angelone

R&D - dall'idea al prototipo | Ingegnere Elettronico | Controlli Automatici | Modellistica Simulazione | real time HIL

8 anni

Secondo me non basta la p.iva per essere un "libero" professionista. Al di là del numero dei clienti, lavorare a p.iva per uno solo che ti "carica" di impegni (anche oltre la decenza) è essere di fatto "dipendenti" (di uno studio, nel caso che esponi), quindi dovrebbe naturale cercare di avere più clienti, al di là della sicurezza economica. Magari quando si inizia si parte da uno studio "base" ma poi si deve sempre tendere ad "emanciparsi". Condivido anche l'idea di approfondire in altri campi, oltre quello della propria specializzazione. Non si può essere "esperti" in tutto ma avere una conoscenza di base in materie affini permette di essere pronti a cogliere le nuove opportunità lavorative che si presentano, dovute alle mutabili esigenze del mondo del lavoro, e consente anche di avere ulteriori punti di vista e strumenti per affrontare al meglio il lavoro "principale".

rosaria de deo

Consulenza aziendale / valuto nuove opportunità

8 anni

Giustissimo Ing....essere consapevoli di questo è gia una conquista !

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