IL RAPPORTO UOMO-ANIMALE
L’animale e la morale
Scrive Aristotele che l’uomo è un animale sociale[1], perché tende per natura a provare simpatia verso altri individui della sua stessa specie e si aggrega a loro.
Darwin riprende questo concetto dalla filosofia ellenistica e lo sviluppa, ponendo le basi per la sua teoria evoluzionistica, partendo dall’osservazione di un branco di animali. Nella lotta per la vita ciascun animale, infatti, sente il bisogno di essere vicino ai propri simili, per ottenere aiuto e difesa.
Ho solo 19 anni, ma della vita ho capito che non ha senso viverla se non la si condivide con qualcuno. Io, personalmente, avrei voluto condividerla con un cucciolo da quando ero piccolissima ma, un po’ perché riconoscevo l’impegno che avrebbe comportato e un po’ perché avevo paura mia madre mi potesse cacciare di casa, non è mai successo.
Quando ero piccola, il pensiero di avere un cane mi tormentava: immaginavo scenari impossibili a scuola, dopo scuola, il pomeriggio prima dei compiti e la sera dopo i compiti. Durante la notte, sognavo di portare a spasso il mio amato cucciolo di pastore tedesco per le strade del mio paese.
Crescendo, mi sono arresa all’idea di poter avere un cane solo nel momento in cui mi fossi trasferita in una casa tutta mia, con un lavoro e tempo per potermene occupare. Ora, non aspetto altro che quel momento.
Dice Schopenhauer che gli animali domestici sono il presente personificato, e ci rendono accessibile il valore di ogni ora di pace e di tranquillità, mentre noi con il nostro pensiero il più delle volte andiamo al di là di essa e la lasciamo passare inavvertita.
Secondo il filosofo, questa proprietà degli animali di essere soddisfatti più di noi della pura esistenza, viene abusata e spesso sfruttata dall’egoismo e dalla crudeltà dell’uomo[2].
Mi sono appassionata alla filosofia a 16 anni, quando cercavo di rimediare alle spiegazioni incomprensibili della mia professoressa al liceo.
Arrivai alle porte dell’esame di maturità arrabbiata con la signora che, ignara di tutto, mi aveva tenuto nascoste per tre anni le meraviglie di quella materia che mi aveva appassionato, mentre compravo saggi e libri, leggendoli di notte, dopo aver studiato quelle pagine del libro di filosofia che erano, per me, bianche.
Quando ho conosciuto il mio filosofo del cuore, Nietzsche, ho subito voluto leggere cosa avesse avuto da dire sugli animali.
La cosa bella della filosofia è che, per qualsiasi argomento ti stia a cuore, troverai sempre almeno un filosofo che la pensi come te o che abbia, al contrario, qualcosa da ridire.
Ne “Aurora. Pensieri sui pregiudizi morali”, Nietzsche definisce un gran numero di tesi che approfondirà nei suoi trattati successivi, come una raccolta di aforismi.
Il filosofo riflette su come l’uomo abbia in comune con l’animale più di quanto possa immaginare: gli animali imparano a dominarsi e a simulare in modo che molti accordino il loro colore al colore dell’ambiente, si fingono morti, prendono le forme e i colori di un altro animale o della sabbia. Allo stesso modo un individuo, dice Nietzsche, si nasconde sotto il generale concetto di uomo o nella società, adattandosi ai principi, ai partiti, alle opinioni del tempo e dell’ambiente: si troverà facilmente la similitudine animalesca per tutte le maniere sottili di fingerci felici, potenti, innamorati.
In comune con l’animale, l’uomo ha anche quel senso di verità, che si confonde con la sicurezza: non ci si vuole far ingannare, non ci si vuole far indurre in errore, si presta orecchio con diffidenza alle parole suadenti della passione, ci si reprime e si rimane in guardia contro noi stessi; l’animale comprende tutto questo al pari dell’uomo.
Infatti, giudica i movimenti dei suoi avversari e dei suoi amici, impara a memoria le loro peculiarità, impara a cogliersi oggettivamente osservando gli effetti che esso esercita su altri animali. Contro individui di una determinata specie si arrende alla lotta e, nell’avvicinare molte varietà di animali, indovina le loro intenzioni di pace e accordo.
Tutto ciò che ci è noto come virtù socratica -dice il filosofo- è animalesco: un corollario di quegli istinti che insegnano la ricerca del nutrimento e la fuga dai nemici[3].
Ebbene, mi sono ritrovata a parlare di filosofia, unendo due delle mie più grandi passioni. Tutto questo per riflettere su quanto, effettivamente, noi uomini siamo simili agli animali, dal più sottile dei comportamenti al più evidente dei nostri istinti. Alla fine, diceva sempre Aristotele, l’uomo è un animale razionale, perché la ragione gli assicura la consapevolezza e la conoscenza del mondo che, attraverso i sensi, raggiunge empiricamente.
Lascio voi lettori ad una riflessione: quanto un animale può diventare uomo, e quanto un uomo può essere animale? Quanto può assottigliarsi questa linea prima che le due cose si confondano?
To Be Continued…
[1] Aristotele; La Politica
[2] Arthur Schopenhauer; Parerga e Paralipomena; 1851
[3] Friedrich Nietzsche; Aurora. Pensieri sui pregiudizi morali; 1881