Il Rispetto questo sconosciuto

Il Rispetto questo sconosciuto

“Non c’è più rispetto…” diceva una bella canzone negli anni ’80!  Sembra quello che sta succedendo sempre più nel mondo del lavoro e delle aziende in particolare.

Ma cos’è il rispetto? Perché è tanto importante nella vita privata e nella vita lavorativa?  

La parola rispetto deriva dal latino respicere. Significa riguardare, aver riguardo, considerare. Il rispetto rappresenta uno dei bisogni più importanti dell’essere umano nella società moderna. Tutte le persone vogliono essere considerate. E in azienda le persone vogliono essere considerate sia come essere umani che come professionisti, vale a dire con la loro esperienza, la loro conoscenza, le loro capacità.

Sono tanti i modi per far sentire rispettate le persone nel quotidiano lavorativo. Dal semplice salutare al chiedere “come stai?”, oppure al sincerarsi di come è andato il weekend, le vacanze o se quel problema personale è stato risolto. Dall’ascoltare il collega al cercare di comprendere sinceramente il suo punto di vista. Dall’inviare un’email mettendo in cc un collega su un argomento di sua competenza al rispettare l’orario di inizio e di fine di una riunione in cui sono coinvolte diverse persone. Dall’invitare un collaboratore a un meeting in cui si discutono informazioni raccolte dallo stesso collega al dedicare del tempo al collaboratore quando ha bisogno di confrontarsi. E così via.

Aver riguardo, considerare e quindi rispettare le persone rappresenta anche uno dei migliori modi per “oliare” la relazione tra due o più persone, nonché una delle principali chiavi per aprirsi alla collaborazione.

Purtroppo in azienda si assiste sempre più a una mancanza di rispetto nella quotidianità lavorativa, diffusa a tutti i livelli dell’organizzazione.

E come reagiscono le persone quando non si sentono rispettate? Sentono un fastidio profondo e cambiano immediatamente il proprio modo di comportarsi, di solito in modo meno favorevole.   La loro motivazione e il loro engagement si riducono velocemente. Non sono incentivate a costruire e poi mantenere una relazione con chi non le rispetta. E non si sentono motivate a collaborare - nel senso di lavorare insieme in modo costruttivo - con chi non le rispetta.

A volte, quando la mancanza di rispetto è molto forte si rischia di arrivare all’umiliazione, e in quei casi gli effetti negativi sulle persone sono devastanti.

Ma se il rispetto è così importante anche ai fini dei comportamenti, della motivazione, della relazione e della collaborazione, perché le aziende ne sono sempre più carenti?Probabilmente per molte ragioni, tra le quali mi viene da pensare: perché il mondo va sempre più veloce, non c’è tempo e non si riesce a fare attenzione a tutto; perché le aziende sono un po’ lo specchio del mondo; per superficialità o sciatteria; per semplice maleducazione.

Io credo che le aziende debbano imparare a prestare attenzione al rispetto e alla diffusione del rispetto, sia per un’esigenza utilitaristica - le persone lavorerebbero meglio e sarebbero più motivate e produttive - che per responsabilità sociale, per il ruolo che ricoprono nell’ambito della società.  

E qual è il modo migliore per farlo? Con l’esempio. Io sono convinto che l’esempio sia il modo migliore per comunicare e diffondere nuovi comportamenti, soprattutto quando in un’organizzazione aziendale questo è tramesso dal Top Management e calato top-down su tutta l’organizzazione. E HR ha un ruolo importante nello stimolare, fare da specchio, monitorare e facilitare la creazione della “cultura del rispetto” e permetterne una contaminazione positiva all’interno dell’organizzazione.

Caro Top Management e caro HR, oggi le aziende sono sempre più orientate al welfare, al far star bene le persone in azienda, un po’ per moda, un po’ per convenienza e un po’ per convinzione.   Non vi viene il sospetto che la prima forma di welfare di cui le persone hanno bisogno sia proprio il rispetto?

Antonio Messina                                                                                       President and Executive Trainer & Consultant at Hara Risorse Umane  http://www.hararisorseumane.it/

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Lucio De Marco

Head of Antitrust, Innovation and Other Authorities presso TIM

7 anni

Sempre più si sente dire "l'Azienda ha deciso che...", "l'Azienda vuole che....". Ma chi è l'Azienda? Aldilà delle belle parole, che spesso rischiano di essere vuote, penso che l'Azienda sia espressione dell'imprenditore e/o del management che la dirige. Nelle aziende di medio/grandi dimensioni, i dirigenti/manager di oggi a tutti i livelli sono sempre meno gestori di risorse e sempre più professional 2.0 . Non si dedica tempo alla gestione, a definire un percorso di crescita per la propria risorsa, a scegliere per lui e con lui anche un semplice corso di formazione....sono queste cose ormai marginali, che rubano tempo, che invece è possibile dedicare a terminare il lavoro del momento. Come dice il dott. Antonio Messina, tutto ciò è lo specchio del nostro tempo: si agisce con un ottica di breve periodo, si pensa a terminare lo specifico progetto/lavoro, al più a raggiungere l'obiettivo di fine anno, ma non a costruire un team di risorse soddisfatto e motivato con cui raggiungere un obiettivo di più lungo periodo! Per non parlare di HR...il suo sta diventando un lavoro prettamente amministrativo: ci si limita ad eseguire le decisioni organizzative che vengono dalla cordata di potere del momento, registrare ferie, permessi, stilare piani di licenziamenti, con obiettivi che spesso vengono dall'esterno dell'azienda, senza rendersi conto che dietro quei numeri ci sono risorse che loro non conoscono e che invece dovrebbero rispettare/gestire assieme al professional che li dirige! In tale quadro, solo l'imprenditore - per definizione - ha (o dovrebbe avere) una visione di più lungo periodo, ma in queste aziende sempre più public company o possedute da altri professional, anche questa figura si è orami persa! Ed allora cosa fare? Non esiste una ricetta buona per tutti, dipende dalla singola persona. 1. Resistere, resistere, resistere...provando a cambiare qualcosa dall'interno, se se ne ha la possibilità! 2. Help yourself...se si ha volontà e possibilità di mettersi in gioco in prima persona. 3. Diventa anche tu un professional 2.0!

Caterina Ferrara

Business Writer I Web Content I Stratega e operaia delle PR "Datemi una parola e solleverò il mondo"

7 anni

Aggiungiamo anche che rispetto è riconoscere il valore del lavoro di ogni persona: quando manca questo la motivazione sparisce.

Roberto Dellapiana

R.A.I.S.E. training (Ricerca, Azione, Innovazione, Sostenibilità ed Educazione interculturale) per: Scuole, Corporate education e O.N.G. Imparare è esperienza, tutto il resto è informazione

7 anni

Mio nonno diceva sempre "la parola è suono, l'esempio è tuono"

Mariangela Beretta

General Manager presso byMI Studio - La tua stanza in Milano

7 anni

Il rispetto reciproco deve essere un valore aziendale: chi non lo pratica è tagliato fuori e se non viene praticato è meglio scappare (proprio per una questione di auto rispetto). Quando entrai nel mondo del lavoro questo tema non veniva neppure sottolineato, era un valore dato per scontato. Come mai oggi dobbiamo parlarne? 😕

Francesco Viceconti

Human Empathy & Digital Transformation

7 anni

Grazie Dr. Messina. Bisogna ritornare a riconoscere il valore delle persone... Il valore nelle persone!

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