IL SENSO DEL GUSTO: IL TATTO
Articolo tratto da "Esquisito" la mia rubrica sul giornale "Cielo sopra Esquilino"
Il nostro palato è un dispositivo raffinatissimo. E mai avrei creduto potessero esserci tante sfumature dettate dal tatto nella nostra bocca. Meccanismi complessi che conosciamo poco.
Facili da intuire sono l’astringenza o l’untuosità stimolate da un buon bicchiere di vino o una coppetta di panna. Se volessimo complicarci un po’ la vita, e a me riesce sempre bene, aggiungeremmo la cinestesia e la chemestesi in questa analisi.
La prima indica quelle sensazioni che si basano sulla sensibilità muscolare dandoci la sensazione del duro, morbido, friabile, adesivo o elastico. Vi siete mai rotti un dente mordendo un tozzo di pane? Bè era un pane vecchio e non avete utilizzato il tatto nel modo efficace. La seconda, la chemestesi, indica le sensazioni di irritazione, di caldo o di freddo. Addentate un peperoncino per fare i gradassi davanti ad una bella donzella. Capita a tutti suvvia. Ecco, a causa della chemestesi nel più probabile dei casi avete fatto una figuraccia. A meno che, come me, non abbiate almeno per un quarto sangue calabrese. In quel caso il piccante più piccante è cosa da fanciulli. O almeno è ciò che credevo.
Ero alla fiera del peperoncino a Rieti qualche anno fa. Fiumi di gente tra le bancarelle gremite sotto un sole primaverile. Si faceva la fila per le più svariate tipologie di peperoncino proveniente da ogni parte del mondo. Culturalmente questo prodotto non lo conosciamo come crediamo, eppure ci piace.
Il grado di piccantezza ad esempio è misurato dalla scala Scoville e valuta la potenza, in parole povere, del peperoncino analizzato da zero a due milioni e mezzo per quanto riguarda gli alimenti.
Per un quarto il mio sangue è calabrese, dicevo. Questo bastò per spingermi verso l’apice della scala Scoville sgomitando tra la folla per fare il gradasso.
Ho sempre apprezzato bruschette sale olio e peperoncino fresco, vivo di peperoncino e del sorriso che porto con me quando lo mangio crudo. Ma non avevo vissuto abbastanza. Nella vita è sempre così.
-Guardi che è molto piccante, dopo questo c’è lo spray urticante che la polizia ha in dotazione- Mi disse un corpulento signore dietro una banchetto con su scritto: Qui il peperoncino più piccante al mondo. Mi ero fatto spazio a suon di gomitate.
-Si, si tranquillo. Sono abituato- Risposi ingenuo e giovane.
Al tempo il Trinidad Scorpion, che deve il proprio nome alla forma che ricorda il pungiglione di uno scorpione, era il peperoncino più piccante al mondo con un punteggio di circa 1 milione e mezzo sulla scala Scoville, superato pochi anni fa dal Carolina Reaper. Bè, fu un’esperienza orribile.
Addentai lo scorpione rosso fuoco leggermente raggrinzito dal lato appuntito. Per pochissimi istanti non sentii nulla, niente. E subito un ghigno si formò sul mio volto. Pensai, ma figuriamoci sarà una fregatura. Mi guardavano tutti.
Il ghigno qualche istante dopo si trasformò in una smorfia di dolore. Lava incandescente esplose nella mia bocca come se un vulcano avesse eruttato. Si aggiunse poi un forte prurito sui denti, ricordo il desiderio di strapparli uno a uno. Continuavano tutti a guardarmi mentre sputai il pezzetto rosso come un tizzone tra le mani che iniziarono anche loro bruciare. Il tatto. Stessi recettori sui polpastrelli e in bocca.
Il calore acuto tra lingua e palato non accennava a sparire. La gola avendo ingerito un bel po’ di saliva bruciava e non sentivo più i denti, inoltre il piccante a quel livello è immune all’acqua quindi iniziai a spaventarmi.
Per fortuna il signore corpulento, ora trafelato, mi passò un bicchiere di panna fresca. Persino le mani mi bruciavano e temevo ogni movimento per paura di ustionarmi gli occhi che comunque lacrimavano inesorabili per l’irritazione.
Ma il grasso della panna, grazie alla sua untuosità, riuscì a smuovere i recettori in bocca e a lenire il dolore solo dopo diversi risciacqui. Ci volle quasi mezz’ora per vedermi sollevato.
Che dire? Un pugno in faccia mi avrebbe fatto meno male.
Come avete letto ho imparato prima a osservare un alimento e poi a odorarlo, questa esperienza mi ha insegnato ad assaggiare ciò che non conosco con cautela.
I sensi non a caso ci appartengono fin dagli albori della civiltà per proteggerci e permetterci la sopravvivenza sulla terra. E l’epoca moderna che li ha addomesticati mettendoli in secondo piano, arrugginendoli.