“Il tesoriere” e quegli anni pericolosi a cavallo del Muro
L’ultima lettura del 2021 è stato il romanzo Il tesoriere di Gianluca Calvosa. Ora, non faccio recensioni e conosco Gianluca, quindi potrei non essere particolarmente affidabile in virtù di un pregiudizio positivo. Comunque: mi è piaciuto, molto. Gli esordi spesso contengono qualche ingenuità stilistica, invece qui – merito dell’autore o degli editor di Mondadori – si apprezza uno stile solido, magari non immaginifico, non originale, ma adatto a una spy story avvincente abbastanza da avere il sapore di un thriller che si legge fino in fondo alle sue 400 pagine con curiosità crescente.
Siamo nell’Italia del dopoguerra, e il grosso del racconto si sviluppa nella legislatura che precede il successo elettorale del PCI, quel 34,37% dei voti ottenuti nel 1976 che costituiscono il punto più alto della sua storia e il distacco minimo dalla Democrazia Cristiana (poco più di 4 punti percentuali). In apparenza, il protagonista è il tesoriere – nonché responsabile dell’organizzazione – di Botteghe Oscure (la sede del partito, prima dei loft e dei nazareni che si sono succeduti nel corso delle varie trasformazioni, fino al PD). Affiancato dal suo bravo antagonista –un dirigente dei servizi segreti – e circondato dagli affetti, moglie e figlio, che giocano il proprio ruolo in un quadro politico molto complesso.
In realtà, al centro della storia c’è la Storia di quegli anni, con il confronto tra i due principali partiti politici e i loro riferimenti nel blocco atlantico e in quello sovietico, nonché il ruolo del Vaticano. Ci sono le radici di quell’epoca: nella lotta partigiana, nella cattura di Mussolini, nel destino di quello che venne definito “l’oro di Dongo”. E le incursioni ipotetiche nella cronaca di quegli anni, dal compromesso storico alle Brigate Rosse alla scomparsa di Daniela Orlandi.
Il tessuto narrativo è reso credibile da un’aneddotica debitrice a chi quegli anni li ha vissuti (come Gianni Cervetti, cui l’autore rivolge ringraziamenti evidentemente sinceri) ma più in generale il racconto si iscrive nella tradizione anglosassone di ricerca puntigliosa sui fatti e sulle competenze specifiche dei personaggi. I dialoghi sono brillanti, sempre con il ritmo giusto e vale la pena regalarne alcune battute.
- Cos’ha contro la confessione? - È una debolezza. Noi comunisti non ci liberiamo mai del peso dei nostri errori confessandoci. Preferiamo il dibattito pubblico. Per questo stampiamo tanti giornali.
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- Vostra Eminenza, le persone credono a qualunque cosa se ripetuta un numero sufficiente di volte. È per questo che vi siete inventati la messa.
- Complimenti, lei è riuscito a parlare per quaranta minuti senza dire nulla (citazione a parti invertite, dato che il riferimento è al leader della DC Arnaldo Forlani, ndr). – Non ho avuto abbastanza tempo per prepararmi un discorso più breve e altrettanto innocuo.
- Il mondo è cambiato. I sovietici no, loro non cambiano. È gente che manda i figli a morire in guerra perché imparino cos’è la vita.
- E noi comunisti abbiamo un rapporto speciale con il nostro ego. Noi non abbiamo bisogno di comprarci la berlina dell’industriale, ci basta poter andare a cena con lui per umiliarlo intellettualmente, per godere della sua subalternità culturale.
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Marketing & Communication Senior Expert Cassa Depositi e Prestiti. Professore a contratto "Comunicazione pubblica e istituzionale", Sapienza Roma. Già membro del Comitato EDUFIN (educazione finanziaria)
3 anniLo sto leggendo, bel regalo di Emanuele Fini
Group CIO & CTO 💡 Innovation 🤖 (Gen)AI 🔗 Web3 🚀 TravelTech #Hiringh
3 anniRoberto la tua recensione mi ha molto incuriosito e l’ho comprato. Buona fine d’anno.
Conoscendoti, non credo tu sia capace di pareri davvero pregiudizievoli 😄. Mi ha fatto piacere riconsiderare il romanzo attraverso le tue parole, soprattutto perché restituiscono il punto di vista di una persona informata, che i fatti narrati li ricorda bene e che i loro protagonisti reali in alcuni casi li ha conosciuti personalmente.