IL TRASFERIMENTO TECNOLOGICO PER VALORIZZARE L’INNOVAZIONE

IL TRASFERIMENTO TECNOLOGICO PER VALORIZZARE L’INNOVAZIONE

Premessa

Venerdì 12 ottobre ho partecipato alla 5° edizione di 4T – Tech Transfer Think Tank, organizzato da Jacobacci & Partner all’interno dell’Aula Magna del Politecnico di Torino. Si tratta di uno degli eventi più importanti e riconosciuti sul Technology Transfer. Approfondimenti, relazioni ed occasioni di networking a cui hanno partecipato tutti i protagonisti del settore: Università, Centri di ricerca, imprese, start-up e mondo finanziario.

Il trasferimento tecnologico comprende tutte le attività che costituiscono le basi del passaggio di una serie di fattori dall’ambito della ricerca scientifica a quello del mercato: conoscenza, tecnologia, competenze, metodi di produzione e servizi specifici.

Si tratta di un processo che deve prevedere una stretta collaborazione tra il mondo accademico e quello industriale, al fine di rendere accessibile la tecnologia alle persone.

Di seguito riporto una serie di elementi e valutazioni presentate dai molti relatori intervenuti, che mi hanno particolarmente colpita e che sono stati spunti di riflessione per il mio lavoro con le start-up innovative.

 La situazione italiana e il modello Torino

Torino ha da sempre avuto un ruolo centrale a livello nazionale nel trasferimento tecnologico, a partire dalla Ricerca Universitaria, creando prima di tutto un trasferimento culturale, che costituisce la base necessaria per immaginare nuovi orizzonti. Il sistema si dimostra vincente nell’attrazione di nuovi attori per il trasferimento delle competenze e per richiamare innovazione e start-up: quello che ancora manca è un ambiente adatto per l’accelerazione, per far sì che le start-up innovative restino e si sviluppino sul territorio. Dal punto di vista dei risultati della ricerca, il Politecnico di Torino si trova ai primi posti per capacità, qualità e numero di pubblicazioni: è al terzo posto in Italia per la creazione di Spin-off universitari.

La vera questione è come preservare le informazioni: la tutela è ancora molto indietro in tutta Europa rispetto al mondo statunitense. È necessario instaurare un processo di sensibilizzazione interna all’Università e generare le necessarie risorse finanziarie per arrivare a mettere a fattor comune l’esperienza delle principali realtà nell’abito della proprietà intellettuale, che consentono di intercettare l’innovazione, con i Parchi Tecnologici e gli Incubatori di Start-up Innovative, dove essa nasce effettivamente.

In Italia, assistiamo ad una forte carenza di un vero trasferimento tecnologico, ad un’assenza di protagonismo effettivo dell’Università e ad una significativa incapacità di valorizzare a livello economico i risultati della ricerca: a fronte di un’enorme produzione di idee, la creatività non ha ancora una reale ricaduta economica e soprattutto sociale.

Manca a livello nazionale una vera politica industriale dell’Innovazione: è necessario promuovere un nuovo modo di rapportarsi al mondo delle imprese. Dal 1970 ad oggi abbiamo assistito ad un progressivo calo della grande industria in Italia: oggi viene continuamente citato il Made in Italy, il concetto di “piccolo è bello” è troppo spesso elogiato dai media e dalla stampa. Ma questo è un errore: l’Italia è oggi un sistema che può essere definito “anti-industriale”, a partire dalla semplice considerazione che l’investimento in Ricerca Scientifica in Italia è pari a circa un quarto di ciò che viene investito in Germania.

Il trasferimento tecnologico non è un’attività banale e deve superare varie difficoltà: una delle principali è l’asimmetria di linguaggio tra chi detiene l’innovazione e chi la valorizza. Per supportare l’attività degli attori principali della filiera del processo di trasferimento, nel tempo sono nati una serie di soggetti complementari: tra i più importanti ci sono gli “Uffici di Trasferimento Tecnologico”, anche noti come TTO (Technology Transfer Offices), che rappresentano una specie canale di trasmissione tra il mondo della ricerca e quello del mercato. 

Il concetto di Open Innovation

Oggi tutti possono fare innovazione: la vera Open Innovation è quella che porta profitto, ossia ciò che il mercato vuole davvero. Il trasferimento tecnologico è un elemento basilare in un momento in cui ci sono segnali di risveglio: le imprese ad alta intensità di proprietà industriale hanno migliori performance in tutti i campi. Chi valorizza la proprietà industriale aumento la propria redditività.

L’innovazione digitale è sistemica, non di prodotto: cambia il nostro stile di vita, le nostre abitudini e non può prescindere dal concetto di sostenibilità. L’innovazione non è solo tecnologica, ma deve rispondere alle reali esigenze della società. È pertanto necessario un approccio multidisciplinare e multi-attoriale per creare una reale capacità di analizzare l’esistente per innovare.

Per fare innovazione non sempre è necessario creare prodotti nuovi: spesso è molto più importante trovare soluzioni più economiche per portare gli stessi prodotti ad una platea più vasta di consumatori.

Conclusioni

In definitiva, il miglior modo per permettere ad un’azienda di fare open innovation, sfruttando la leva del trasferimento tecnologico, è quello del cambio culturale. Per fare innovazione è necessario aprire la mente all’innovazione, e cioè riuscire ad andare oltre i propri limiti, cercando sempre nuove fonti di innovazione, non necessariamente convenzionali.

Le start-up, con cui molto spesso mi capita di lavorare, si inseriscono a pieno in questa modalità di operare: soprattutto in piccole realtà innovative, il trasferimento tecnologico può essere funzionale al proprio business, può velocizzare il processo di “scale-up” e agevolare le dinamiche di internazionalizzazione.

In questo contesto, la proprietà intellettuale assume una rilevanza crescente: non si tratta più di un mero strumento giuridico di tutela, ma di un vero vantaggio competitivo ed un mezzo per la valorizzazione dell’innovazione.

 


Elena Augelli

Scrittura professionale e strategie di business | copywriting | business plan | trainer

6 anni

Grazie, molto interessante. Me lo sono salvato.

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