IMPUGNAZIONE DELIBERA CDA
L’impugnazione delle delibere del Consiglio di Amministrazione delle società (CdA) a responsabilità limitata: la recente pronunzia del Tribunale di Venezia.
Come è noto, mentre la censura delle delibere assembleari delle società a responsabilità limitata è materia analiticamente disciplinata dal codice civile (si fa riferimento, in particolare, al disposto dell’art. 2479ter c.c.), l’impugnazione delle delibere del CdA non ha analoga disciplina.
Il tema, in passato, è stato oggetto di ampia disputa dottrinaria e giurisprudenziale: molto spesso l’atto costitutivo riserva al CdA uno spazio tanto ampio di movimento e compiti gestori talmente marcati che le decisioni e l’operato del CdA si trovano ad investire la vita societaria in modo ben più significativo delle delibere assembleari.
In questi termini, ci si è chiesti a più riprese se il socio (o, altrimenti, il membro dissenziente del CdA o i sindaci ove presenti) abbia il potere di instaurare un giudizio di impugnazione avverso le delibere assunte dal CDA di carattere analogo e/o parallelo a quello tracciato e disciplinato dall’art. 2479ter c.c.
Invero, sul punto il codice civile prevede, quale unica ipotesi, il caso specifico ed espresso di cui all’art. 2475ter, di impugnazione da parte dei soci della delibera del CdA assunta con il voto determinante di un amministratore in conflitto di interessi con la società.
Ci si è chiesti in passato se la norma richiamata costituisse una eccezione ad una regola generale di non impugnabilità delle delibere del CdA: in particolare, non è mancato in dottrina ed in giurisprudenza un primo orientamento di carattere restrittivo, il quale prevedeva quale unica tutela avverso le delibere illegittime del Consiglio di Amministrazione l’azione – di carattere secondario – volta al rilievo della responsabilità degli amministratori e la conseguente condanna al risarcimento dei danni procurati.
Secondo un più recente ed avveduto orientamento, invece, sussisterebbe nell’ordinamento un principio di censurabilità generale delle delibere del CdA, del quale l’articolo 2475ter costituirebbe una declinazione per il caso specifico del conflitto di interessi.
Sul punto è intervenuto da ultimo il Tribunale di Venezia, con ordinanza di rigetto numero 1756/2023, pubblicata in data 10 luglio 2023, la quale contiene alcuni spunti di riflessione sicuramente interessanti per la valutazione della disciplina vigente in merito.
In primis, il Tribunale di Venezia appare adeguarsi all’orientamento generale, a mente del quale sussisterebbe nell’ordinamento un principio generale di sindacabilità delle decisioni degli organi amministrativi, per contrarietà alla legge o allo statuto ed a prescindere dal tema prescritto del conflitto di interessi (principio che il Tribunale fa risalire al disposto dell’art. 2388 c.c., già dettato per le SpA.
In tal modo, si ritiene, sarebbe perseguita la finalità generale di sottoporre l’operato del CdA ad un vaglio di legittimità dal quale, in caso di non impugnabilità delle delibere, sarebbe altrimenti sottratto, almeno in parte.
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Si ricorda, peraltro, che il richiamo all’art. 2388 c.c. andrebbe ulteriormente approfondito (ma il tema esula dall’analisi della pronunzia) e pone altri interessanti quesiti.
Tale art. 2388 c.c invero differenzia il tipo di censura formulabile avverso la delibera in relazione al soggetto che prenda l’iniziativa: mentre infatti gli amministratori assenti o dissenzienti e i sindaci possono rilevare la contrarietà della delibera alla legge o allo statuto, i singoli soci diversamente (secondo la lettera della norma) possono impugnare le sole delibere lesive dei loro diritti.
In particolare, non è raro reperire fra la giurisprudenza di merito numerose pronunzie che hanno inteso applicare la norma anche nel caso di srl , nel senso di riconoscere il potere del socio alla impugnazione delle delibere del CdA nel solo caso di decisioni direttamente lesive dei loro interessi (rimanendo escluse invece dal vaglio le delibere comunque illegittime ma non lesive.
Il tema, invero, non appare approfondito dalla pronunzia, la quale però propone altro tema di sicuro interesse: molto spesso le delibere del CdA delle srl infatti mancano di formalità, e sono il frutto di un processo di formazione non puntuale, ma prolungato nel tempo (che può constare di una prima verbalizzazione e di successivi aggiustamenti).
Sul punto la pronunzia si pone il problema del dies a quo dal quale far partire il termine di novanta giorni, utile ai fini dell’impugnazione della delibera del CdA. Al riguardo il Tribunale rileva che il termine iniziale va considerato dal momento della sua deliberazione (e non della sua firma, o approvazione formale), in quanto da tale termine esso “(…) è già una manifestazione di volontà dell’organo collegiale esistente ed efficace e dunque idonea ad essere impugnata, con conseguente decorso del termine decadenziale di novanta giorni (…)”.
Si tratta certamente di una analisi dello stato dell’arte importante ma, evidentemente, ancora di un punto di passaggio di una evoluzione della disciplina (che vede anche la giurisprudenza partecipe nella propria attività interpretativa) che, allo stato, appare puntare verso la direzione dell’ampliamento dei poteri di controllo endo-societario alle attività di gestione del CdA. Si è sicuri pertanto che la giurisprudenza tornerà a più riprese sul tema.