INDAGINE CONOSCITIVA SUGLI EFFETTI MACROECONOMICI E DI FINANZA PUBBLICA DEGLI INCENTIVI IN MATERIA EDILIZIA
Le audizioni della Commissione d’inchiesta istituita presso la Camera dei Deputati stanno mettendo in luce l’estrema complessità delle valutazioni finalizzate a stabilire l’impatto delle misure di incentivazione sul bilancio pubblico.
L’esercizio è reso tanto più complesso dalla presenza di molti fattori che possono influire sulla percezione dell’utilità delle attività incentivate, dalla natura non economica di alcune esternalità positive indotte dalle attività incentivate [1], dalla presenza di molteplici fattori di perturbazione dell’economia che rendono estremamente aleatori i risultati delle valutazioni controfattuali [2] e – non ultima – dall’assenza di una metodologia di calcolo universalmente riconosciuta.
CNEL (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro)
Dell’audizione del 23 marzo 2023 del Presidente del CNEL, dr. Tiziano Treu, ci pare interessante riportare il passaggio critico rivolto al Governo che sembra “agire sotto l’impulso di un’urgenza che mal si concilia con la natura degli interventi oggetto di finanziamento pubblico. Impostare il dibattito sul tema come una mera, anche se quantitativamente rilevante, questione di contabilità nazionale appare riduttivo e soprattutto non tiene conto del fatto che si tratta di strumenti di politica industriale ed economica che rispondono a principi e a linee di azione che il Paese da tempo ha acquisito in sede sovranazionale, e che ha stabilito di perseguire attraverso l’adozione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.”
L’analisi del CNEL include l’osservazione che la questione dell’impatto sociale ed economico del Superbonus, al pari degli effetti sulle finanze pubbliche, è altamente controversa. Comprendendo la preoccupazione dell’esecutivo per la dimensione economica complessiva riconducibile alle diverse tipologie di bonus edilizi, il CLEN ritiene che il principale fattore di criticità su cui dovrebbe concentrarsi l’attenzione del legislatore sia oggi rappresentato dalla eccessiva ampiezza del ventaglio di destinatari delle agevolazioni finanziate con risorse della collettività attraverso lo strumento del credito fiscale.
Individua di conseguenza l’opportunità di prevedere, in futuro, percentuali differenziate di detraibilità a seconda del tipo di immobile e della situazione patrimoniale del fruitore, in modo da favorire gli immobili più popolari e i redditi più bassi ossia da ridurre la portata regressiva dello strumento. In sostanza, l’istituto andrebbe maggiormente condizionato e perimetrato sull’edilizia residenziale pubblica, su aree urbane e quartieri a maggiore vulnerabilità sociale e sulle fasce a basso reddito, con obiettivi più significativi sia di efficienza energetica che di adeguamento antisismico.
In ogni caso, il Consiglio rimarca come il recente intervento governativo prescinda da una valutazione delle opzioni da adottare in vista degli obiettivi europei di decarbonizzazione ed efficientamento energetico del patrimonio immobiliare. Con circa 32 milioni di abitazioni presenti sul territorio nazionale, il 60% delle quali ha più di 45 anni, è indispensabile disegnare una strategia di medio e lungo periodo per individuare misure di sostegno fiscale – soprattutto nei confronti dei soggetti meno capienti finanziariamente - idonee ad assicurare la possibilità di realizzare in modo estensivo gli interventi di adeguamento necessari ad accompagnare la transizione.
Anche in tale prospettiva, tuttavia, si ritiene che andrebbero favoriti gli interventi su tipologie abitative quali i condomini e le case popolari, che presentano un alto numero di potenziali beneficiari nella maggior parte dei casi non in grado di approntare le risorse economiche necessarie ad anticipare le spese di ristrutturazione, dando altresì la precedenza alle classi energetiche più basse e con specifico riguardo alle condizioni economiche dei proprietari.
Banca d’Italia
L’audizione del 29 marzo 2023 del direttore del Servizio Struttura economica della Banca d’Italia, dr. Pietro Tommasino, esordisce con l’osservazione che “i dati e le analisi al momento disponibili non consentono ancora una valutazione precisa e definitiva del rapporto tra i costi e i benefici delle misure.” L’efficacia degli incentivi nello stimolare gli investimenti in edilizia residenziale – prosegue la relazione – può essere stimata con tecniche econometriche di valutazione controfattuale delle politiche pubbliche, ma i dati in questo momento disponibili sono suscettibili di revisioni e questo esercizio non consente di cogliere né gli effetti di medio-lungo periodo sul settore interessato, né le implicazioni di equilibrio generale sugli altri settori.
Pur con queste precisazioni, si riporta l’esito delle analisi preliminari (riconducibili a uno studio non reperibile) [3] secondo le quali nel biennio 2021-22 la spesa aggiuntiva dovuta al potenziamento dei bonus sarebbe stata pari a poco meno della metà del valore degli investimenti che hanno goduto delle agevolazioni. Accanto alla spesa addizionale, vi sarebbe infatti una quota di spesa che le famiglie avrebbero effettuato anche in assenza di agevolazioni (sia relativa a progetti già programmati sia a progetti che ne hanno sostituiti altri di importo simile).
Questa conclusione non trova riscontro nell’esperienza sul campo degli operatori economici. Al contrario, essa stride con l’evidenza del blocco pressoché totale delle attività del settore nella primavera del 2020 e nelle stagioni successive, caratterizzate dall’estrema incertezza delle prospettive economiche delle famiglie.
Occorre osservare che l’analisi della Banca d’Italia considera congiuntamente le attività stimolate da due misure con caratteristiche molto diverse in relazione alla complessità degli adempimenti richiesti (il Superbonus e il Bonus Facciate) e, in un passaggio, sembra voler ammettere che l'effetto di addizionalità si sarebbe consolidato in presenza di un carattere di stabilità del Superbonus. [4]
Seguono alcune considerazioni (che a noi sembrano eccessivamente prudenziali) volte ad argomentare la conclusione secondo cui il moltiplicatore del Superbonus si collocherebbe intorno all’unità: [5]
· secondo le valutazioni basate sulle elasticità incorporate nel modello econometrico della Banca d’Italia il moltiplicatore associato a una maggiore spesa in costruzioni potrebbe essere superiore all’unità, non dissimile da quello degli investimenti pubblici;
· queste risorse producono effetti economici liberando fondi privati che si rendono così disponibili per usi alternativi; si configurano quindi come una sorta di trasferimento alle famiglie da parte del settore pubblico, a cui si associa un moltiplicatore nettamente inferiore a quello degli investimenti (in media, nel modello econometrico della Banca d’Italia, il moltiplicatore dei trasferimenti è crescente nel tempo e raggiunge 0,5 a tre anni dall’impulso);
· tuttavia, in una nota a piè di pagina si concede che Il moltiplicatore effettivo può differire da quello medio se la misura è diretta specificatamente alle famiglie con vincoli di liquidità stringenti; noi osserviamo che, nella valutazione econometrica del Superbonus, questo aspetto può essere determinante;
· l’insieme di queste considerazioni farebbe ritenere plausibile che il moltiplicatore non sia lontano dall’unità, ma la valutazione puntuale degli effetti connessi con le misure è complicata da una serie di elementi, che vanno prevalentemente nella direzione di un ridimensionamento del moltiplicatore;
· in primo luogo, lo stimolo impresso dalle agevolazioni fiscali all’attività di investimento può, specie in fasi cicliche espansive, incontrare vincoli nella disponibilità di materie prime e manodopera che possono limitare gli effetti degli incentivi traducendosi in parte in pressioni al rialzo sui prezzi; noi osserviamo che un incentivo meno "facile", più mirato a obiettivi e con caratteristiche più selettive, meno improvviso (e improvvisato) e più stabile non patirebbe questo problema;
· in secondo luogo, il limitato profilo temporale dei bonus analizzati potrebbe aver determinato una ridefinizione dei piani di investimento delle famiglie, con un’anticipazione al biennio 2021-22 di spese programmate per anni successivi, generando impatti economici particolarmente concentrati nel periodo di vigenza dei benefici fiscali , cui potrebbero seguire effetti negativi non trascurabili di “caduta tecnica” e un andamento temporale non lineare del moltiplicatore fiscale; noi osserviamo che l’evidenza pre-pandemica dimostra che in assenza di cospicui incentivi difficilmente le famiglie fanno piani di investimento per la riqualificazione energetica degli edifici; inoltre le eventuali perturbazioni sarebbero evitate in caso di stabilizzazione degli incentivi.
Un’altra sezione assai discutibile della relazione della Banca d’Italia riguarda l’analisi costi-benefici di una politica climatica. [6] Essa può essere condotta mettendo a confronto il suo costo con il valore monetario attualizzato della riduzione attesa delle emissioni di gas serra, calcolato in termini di minori danni futuri legati al cambiamento climatico in tutto il pianeta (ad esempio danni causati da calamità naturali, minore produttività agricola, etc.); tale valore è noto come Social Cost of Carbon.
Le stime del Social Cost of Carbon reperibili in letteratura variano tra una decina e svariate centinaia di euro per tonnellata di CO2. Adottando un tasso di sconto di poco inferiore al 2 per cento, in linea con alcuni contributi recenti nella letteratura sul tema, i benefici ambientali del Superbonus ripagherebbero i costi finanziari in circa 40 anni. A parità di altre condizioni, altri interventi si ripagherebbero in tempi inferiori.
La conclusione appare estremamente sbrigativa, soprattutto alla luce della premessa che enfatizza l'enorme incertezza nella valutazione del SCC.
Inoltre, un tempo di ritorno così lungo mette in dubbio l'adeguatezza di tale parametro (singolarmente preso) per valutare i benefici degli interventi per la transizione energetica. Ammesso poi che il risultato sia attendibile, esso piuttosto dimostra l'inevitabilità del sostegno pubblico in questo settore, posto che nessun operatore privato potrebbe ritenere di proprio interesse investimenti con questa caratteristica.
In merito all’osservazione che altri tipi investimento si ripagherebbero in tempi inferiori, i dati riportati nello studio menzionato [7] mostrano una elevatissima sensibilità alle variazioni del tasso d’interesse di qualunque tipo di politica di efficienza energetica, con tempi di ritorno ugualmente insostenibili già con tassi del 3%.
Rispetto alle informazioni sugli oneri lordi riconducibili al Superbonus e al Bonus Facciate, rilasciate dall’ISTAT in occasione dell’audizione sui crediti d’imposta [8], la relazione della Banca d’Italia fa correttamente osservare che i costi netti per l’erario sono minori, in quanto l’onere degli investimenti che si sarebbero verificati anche in assenza dei nuovi incentivi deve essere considerato solo per la quota parte riconducibile al differenziale di aliquota rispetto alle agevolazioni ordinarie. Tali costi sono poi ulteriormente attenuati dalle maggiori imposte e dai contributi sociali versati a fronte dell’aumento dell’attività economica riconducibile alle agevolazioni. [9]
Questi aspetti continuano a essere ignorati nella narrazione del MEF, che si concentra sempre solo sulle spese fiscali lorde.
Il rapporto si conclude con un breve cenno sugli aspetti redistributivi dei bonus edilizi [10] che richiama un’analisi dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio secondo cui “le informazioni delle dichiarazioni fiscali permettono di derivare il profilo distributivo delle detrazioni per interventi edilizi e di efficientamento energetico. Entrambe le misure risultano fortemente regressive a conferma che questo tipo di agevolazioni beneficiano maggiormente i contribuenti con un patrimonio immobiliare e un alto reddito che, disponendo di liquidità e di capacità fiscale sufficiente, possono effettivamente scomputare le detrazioni dal debito di imposta.” [11]
Anche Banca d’Italia ammette – come praticamente chiunque – che proprio a causa della cedibilità, gli effetti del Superbonus sono stati meno regressivi. E che, “superata questa fase di discussione e ripensamento del Superbonus e delle altre agevolazioni per l’edilizia, andrà fatto uno sforzo per disegnare incentivi in materia di efficienza energetica che siano stabili nel lungo periodo (dovendo produrre effetti coerenti con gli impegni presi dall’Italia in ambito europeo) e sostenibili per le finanze pubbliche; efficienti ed efficaci, cioè in grado da un lato di massimizzare la quota di investimenti “aggiuntivi” e dall’altro di avere un impatto significativo su una quota ampia del patrimonio immobiliare; equi, cioè tali da concentrare le risorse sulle famiglie più bisognose (a beneficio anche della loro efficienza).” [12]
Come farlo, è la sfida per il futuro. Una sfida che non può affidarsi sulle semplificazioni e sulle dichiarazioni fuorvianti che hanno caratterizzato per lungo tempo la stagione del Superbonus.
CENSIS e Nomisma
Per tornare alla complessità della valutazione degli impatti del Superbonus, particolarmente illuminante appare l’audizione dei rappresentanti del CENSIS e di Nomisma del 4 aprile 2023. I due istituti di ricerca avevano pubblicato nel corso dell’anno passato alcuni interessanti contributi tesi a fornire una prima valutazione degli effetti non solo macroeconomici attribuibili al Superbonus. [13]
Le relazioni del dr. Toma (CENSIS) e del dr. Marcatili (Nomisma) hanno posto l’attenzione sulla complessità degli aspetti coinvolti nella valutazione complessiva degli incentivi e hanno sottolineato l’eterogeneità delle esternalità attivate dal Superbonus.
Non si può tralasciare di evidenziare la grande differenza di approccio rispetto a quello adottato dal Governo, che ha concentrato la propria attenzione esclusivamente sull’impatto diretto delle misure di incentivazione sul deficit di bilancio e sul debito pubblico atteso, trascurando invece ogni altra valutazione di ambiti che, in una visione strategica e di lungo periodo, contribuiscono a migliorare non solo i parametri relativi alla sostenibilità energetica e ambientale e molti altri aspetti di interesse sociale, ma anche – per le loro ricadute di sistema - gli stessi parametri della finanza pubblica.
Le relazioni dei due istituti di ricerca hanno sottolineato l’esigenza di continuità di una misura di incentivazione, pur con le modifiche necessarie a ottimizzarne il funzionamento. In particolare, Nomisma ha rammentato l’irrinunciabilità del meccanismo di cessione senza il quale si tornerebbe ai risultati irrisori del periodo pre-pandemico, laddove il Governo ha sostanzialmente bloccato il vero driver dell’incentivazione, determinando una prevedibile caduta verticale degli investimenti in efficientamento, senza lasciar comprendere i tempi della pur annunciata revisione degli incentivi.
In un passaggio, Nomisma ha menzionato un effetto in qualche misura regressivo del Superbonus, la cui complessità (e il breve tempo concesso per la sua applicazione) hanno visto i proprietari più abbienti (o culturalmente più reattivi) maggiormente agevolati rispetto ad altri strati della popolazione. Si può argomentare che questo aspetto, che probabilmente ha interessato più gli edifici singoli che quelli condominiali, sarebbe risolto in una condizione di stabilizzazione degli incentivi.
In relazione agli impegni riconducibili all’attuazione della direttiva “Case green”, Nomisma ha messo in luce che la dimensione complessiva del complesso delle attività richieste nel prossimo decennio possiede un ordine di grandezza paragonabile a quella sperimentata negli ultimi due anni con il Superbonus. E ha sottolineato il bizzarro contrasto tra la situazione generatasi all’inizio di quell’esperienza, con una domanda di gran lunga superiore all’offerta che ha generato distorsioni e comportamenti opportunistici, e la situazione attuale in cui un’offerta ormai pronta (grazie proprio all’applicazione del Superbonus) si trova a fronteggiare una domanda in rapida rarefazione.
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L’on. Ubaldo Pagano (PD) ha rimarcato le forti discrepanze tra i dati sulle entrate fiscali indotte dal Superbonus riportati dagli studi menzionati dal CENSIS e quelli più prudenziali citati dalla Banca d’Italia e dall’Ufficio Parlamentare di Bilancio.
Ha chiesto agli auditi un commento sulle considerazioni, effettuate da queste due istituzioni, relative agli investimenti che si sarebbero realizzati anche in assenza degli incentivi, rimarcandone peraltro la forte incertezza soprattutto in un periodo fortemente perturbato come quello vissuto negli ultimi anni, in cui si è sperimentata la compresenza della coda pandemica, della strozzatura della catena delle forniture globali, della crisi energetica e del divampare dell’inflazione.
Si è domandato se, anziché puntare sulla riduzione della percentuale di detrazione per rendere più sostenibile l’intervento pubblico, non sia più utile limitare l’intervento agli edifici attualmente posti nella classe energetica peggiore, portandoli almeno alla classe C, con il presupposto che questi abbiamo le migliori prospettive di miglioramento energetico e di minor costo di efficientamento.
Ha infine rimarcato che l’eliminazione del meccanismo di cessione rende poco utilizzabili gli incentivi per coloro che possiedono una limitata capienza fiscale, che dovrebbero esserne i primi fruitori, esasperandone il carattere regressivo.
L’on. Silvio Lai (PD) si è domandato se effettivamente esistano altri tipi di investimenti a cui destinare le ingenti risorse pubbliche richieste dalla riqualificazione degli edifici (stimate in circa 35 miliardi di euro all’anno) in grado di altrettanto efficacemente contrastare il rischio di recessione, con simili benefici non solo in termini moltiplicativi ma anche di velocità di ritorno economico e di occupazione, emersione dell’economia irregolare, spinta culturale a favore della transizione energetica.
L’on. Marco Grimaldi (Alleanza Verdi e Sinistra) ha ribadito che la cessione dei crediti è inevitabile per rendere meno iniqui gli incentivi e domanda quanto il meccanismo possa essere migliorato in relazione alla fruibilità per la popolazione meno abbiente e in ordine allo stimolo a migliorare le classi energetiche peggiori.
L’on. Maria Cecilia Guerra (PD) ha chiesto maggiori informazioni sugli effetti del mismatch tra domanda e offerta di professionalità sulla potenzialità di crescita del settore e sulla stabilizzazione del lavoro precario rese possibili dal Superbonus.
Il presidente della Commissione Gianmauro Dell’Olio (M5S) ha chiesto conto della estrema variabilità dei dati relativi al moltiplicatore riportati dalle varie fonti audite (UPB 0,5 - Banca d’Italia poco meno di 1 - Nomisma quasi 3), al fine di inquadrare correttamente la questione del costo della misura di incentivazione.
Il dr. Toma ha replicato che CENSIS ha dato conto degli studi, pubblicati da varie fonti, che hanno utilizzato metodologie diverse e considerato in modo variabile i diversi fattori che hanno influenza sui dati macroeconomici, con ciò giustificando la variabilità delle conclusioni a cui sono pervenuti i vari autori. Lo stesso UPB ha evidenziato l’esigenza di affiancare ai modelli macroeconomici delle analisi di approccio microeconomico. [14] Inoltre, le conclusioni risentono anche dell’orizzonte temporale entro cui viene svolta l’indagine (nel breve periodo o nel lungo periodo). [15]
In merito all’effetto di “peso morto” degli investimenti che sarebbero stati fatti anche senza gli incentivi, il CENSIS ha scelto di non tenerne conto in considerazione del periodo emergenziale legato alla pandemia che aveva bloccato completamente le attività e reso del tutto aleatorie le ipotesi controfattuali considerate da altri autori.
Il dr. Marcatili ha ricordato a nome di Nomisma che il 40% del patrimonio immobiliare non è attualmente in classe F e G, ma che anch’esso dovrà essere coinvolto nel processo di efficientamento entro il 2050, anche in funzione del suo stato di vetustà.
Sull’efficienza degli investimenti pubblici, ha ricordato che nel breve termine quelli nell’attività edilizia reagiscono meglio, mentre nel lungo termine reagiscono meglio altri settori come l’istruzione e la sanità. L’esercizio a cui si deve applicare il decisore politico è trovare il miglior equilibrio tra le due esigenze.
Ha ribadito che il meccanismo di cessione è insostituibile non solo per le classi meno abbienti, perché gli interventi di riqualificazione profonda sono costosi e rendono funzionalmente incapienti larghissimi strati della popolazione. Legare la cessione o lo “sconto in fattura” alla classe energetica ha un senso, mentre subordinarlo al reddito dei beneficiari può avere conseguenze critiche, soprattutto in ambito condominiale dove può manifestarsi estremamente divisivo.
Sul moltiplicatore, Nomisma ha adottato valori tratti dalla bibliografia consolidata e ha considerato che, provenendo da un periodo fortemente depresso dalla pandemia, sia plausibile che esso sia stato caratterizzato da un’elasticità particolarmente elevata. [16] Altri istituti possono aver adottato criteri diversi giungendo a valutazioni più conservative.
Il moltiplicatore, questo sconosciuto
È possibile che su questo tema – sconosciuto ai più – sia stata fatta molta confusione, e che nel confronto delle conclusioni portate dai diversi studi sia stato posto sullo stesso piano il moltiplicatore degli investimenti (considerato da Nomisma e dal CENSIS) con il moltiplicatore del valore aggiunto (adottato nelle valutazioni della Banca d’Italia [17]).
A questo proposito può essere utile rimandare a un’autorevole descrizione del moltiplicatore degli investimenti nel settore delle costruzioni e del suo impatto sulla spesa complessiva e sul valore aggiunto generato nel sistema economico. [18]
[1] Le analisi delle istituzioni economiche ufficiali (Ministero dell’Economia e delle Finanze, Ufficio Parlamentare di Bilancio, Banca d’Italia) tendono a considerare esclusivamente gli aspetti di natura economica direttamente riconducibili alle misure di incentivazione.
Quelle di altri istituti di ricerca economica e sociale tendono ad abbracciare anche gli effetti economici indiretti (per esempio quelli riguardanti l’occupazione, i sussidi alla disoccupazione, l’impatto sul costo della sanità pubblica) nonché gli aspetti non prettamente economici (ambientali, sociali) la cui riconduzione alla sfera economica introduce elementi di aleatorietà e arbitrarietà particolarmente spiccate.
Le conclusioni delle diverse valutazioni, naturalmente, possono divergere drammaticamente in funzione dell’inclusione o meno nelle analisi di tali aspetti.
[2] Con l’approccio controfattuale alla valutazione degli effetti delle politiche pubbliche si intende verificare in quale misura lo strumento adottato abbia contribuito al raggiungimento del risultato prefisso, valutando cosa sarebbe accaduto se quello stesso strumento non fosse stato adottato.
[3] Olivieri, E., e Renzi, F. (2023), “Il Superbonus: impatto sui conti pubblici e sul settore edilizio, Banca d’Italia”
[4] pag. 7: “L’impatto degli incentivi in materia edilizia risulta maggiore nel 2022 rispetto all’anno precedente. Tale evidenza potrebbe riflettere in primo luogo le tempistiche necessarie per pianificare e avviare interventi non programmati e per potenziare la capacità produttiva. Inoltre, questo profilo temporale riflette il fatto che il peso del Superbonus – che dovrebbe essere maggiormente efficace nell’attivare investimenti aggiuntivi – è crescente nel tempo rispetto a quello del bonus facciate (la cui fruizione è stata molto elevata nel 2021 ma marginale nel 2022 a seguito della riduzione dell’aliquota di agevolazione dal 90 al 60 per cento).”
[5] pag. 8
[6] pag. 10
[9] pag. 12
[10] pag. 13
[12] pag. 14
[15] Si può supporre che le analisi delle istituzioni pubbliche economiche siano concentrate sul breve periodo interessato dall’applicazione della misura di incentivazione temporanea (tale è il Superbonus nell’accezione datane dalla legislazione vigente), mentre gli istituti di ricerca siano maggiormente orientati a considerare una situazione in cui la misura di stimolo sia stabilmente inserita nel sistema economico.
[16] L’elasticità degli investimenti caratterizza il grado di reattività al mutare delle condizioni poste.
[17] The Bank of Italy econometric model: an update of the main equations and model elasticities, pag. 10
[18] ItaliaDecide: Tutti all’Opera – Analisi Economica, pag. 39
Consulente di Direzione, esperto di Theory of Constraints, DDMRP certified, Facilitatore Lego Serious Play@
1 annoGrazie per il vostro incessante lavoro che aiuta i profani come me a capire meglio...