Infermieri, “intention to leave” e aumento del tasso di mortalità ospedaliera: i dati parlano chiaro
L’intention to leave è un fenomeno, italiano e non solo, che riguarda gli operatori sanitari e sostanzia la probabilità che gli infermieri hanno di lasciare il posto di lavoro o addirittura di lasciare del tutto la professione.
Un evento in costante aumento generato da una serie di fattori. Tra questi, particolarmente rilevante è il malcontento rispetto all’ambiente di lavoro che origina da carichi di lavoro elevati, da una mancanza di opportunità di crescita professionale oltre che da un mancato riconoscimento economico.
Tutto questo genera insoddisfazione, stanchezza emotiva, stress morale ovvero una sensazione dolorosa, associata spesso a squilibrio psicologico, che si manifesta quando i professionisti sono consci dell’azione più appropriata alla situazione, ma la ritardano, o non possono, o faticano ad effettuarla a causa di ostacoli quali ad esempio la mancanza di tempo. Un circolo vizioso che si sostanzia nel burnout e che si ripercuote in maniera rilevante sugli esiti dell’assistenza, oltre che sulla sicurezza delle cure.
Un recente studio ha messo in relazione l’intention to leave con il tasso di mortalità intraospedaliera a trenta giorni. Questo indicatore è un esito critico immediato che riflette tutte le dimensioni dell’assistenza sanitaria, compresi i fattori gestionali e organizzativi ed è facilmente comparabile.
Lo studio ha coinvolto 15 ospedali italiani di due regioni, 1.046 infermieri e 37.497 pazienti di età superiore a 50 anni, degenti in reparti chirurgici da almeno due giorni. I ricercatori hanno correlato le variabili legate ai pazienti – comorbilità, età, la durata del ricovero – e le variabili correlate ai professionisti – il carico di lavoro, soddisfazione lavorativa, benessere organizzativo – e hanno evidenziato che un incremento del 10% dell’intention to leave aumenta la probabilità di mortalità intraospedaliera del 14%. Inoltre, un aumento del carico di lavoro, ovvero un paziente in più assistito per infermiere, accresce la probabilità di mortalità intraospedaliera del 3,4%.
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I risultati dello studio, che, come sottolineano gli autori, andrebbe esteso ad altre Regioni per includere un maggior numero di ospedali al fine di aumentare la generalizzabilità dei risultati, consentono di affermare che ambienti di lavoro e risorse adeguate al carico di lavoro, oltre al benessere organizzativo, si associano a esiti assistenziali migliori e a una riduzione dell’intention to leave.
Per invertire la rotta e ridurre questo fenomeno, migliorando la qualità e la sicurezza delle cure, è ormai evidente che sono necessari interventi finalizzati ad accrescere il benessere organizzativo, la qualità del lavoro dei professionisti e la sua valorizzazione. Un impegno che investe e deve coinvolgere tutti i livelli dei sistemi sanitari e le politiche che ne determinano e governano l’azione. A cambiare però non devono essere solo i professionisti, devono farlo anche le organizzazioni.
Articolo pubblicato su TrendSanità il 4 luglio 2024 a firma di Marina Vanzetta.
Guido Professionisti Infermieri nella Carriera all Estero, Coach e Sviluppatore per la carriera e lavoro all Estero, Specialista di LinkedIn per Infermieri, Fondatrice di Nurses Move, NIC Presidente Education-Research
2 mesiL'infermieristica manca di Leadership vera, a livello globale! E mentre nel mondo sta iniziando una rivoluzione culturale infermieristica che pochi riescono a cogliere, l'Italia purtroppo é uno dei paesi dove questa Leadership manca di piú. C'é bisogno di Persone carismatiche se sanno portare la conversazione ad un punto di cambiamento
Infermiere presso Asl Taranto
4 mesiOgni giorno un giornalista si sveglia e sa che deve scrivere un articolo più lungo di altri articoli per ricordare che gli infermieri sono pochi, stanchi e che la situazione è insostenibile; Ogni giorno un sindacalista sa che deve iniziare una trattativa più degli altri sindacati all'aran per il rinnovo contratto collettivo, pur sapendo che soldi non ce ne sono ( allo stato attuale delle cose); ogni giorno un consigliere della fnopi sa che dovrà rilasciare una dichiarazione più lunga dell'altro consigliere della fnopi in cui afferma che ci vogliono le specializzazioni infermieristiche però senza prescrivere farmaci, solo presidi ( la spesa per i presidi in alcune regioni tra cui la Puglia è oltre il tetto di spesa!). Se tutte queste persone si fossero svegliate anni fa, prima e durante il covid quando la sanità veniva definanziata, quando la spesa pensionistica e per i vari bonus 110% (costo 200 mld) aumentavano ma non quella sanitaria, quando durante il covid dopo 3 dosi di vaccino si sono spesi miliardi in tamponi e in perdite di produttività al lavoro per isolamenti interminabili decisi per decreto... Forse ora le cose starebbero un po' meglio sia per gli infermieri sia e soprattutto per i pazienti!!!
infermieri San Bassano Cremona Itália
4 mesiInteressante!
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4 mesiPurtroppo tante belle parole ma i fatti sono questi e la situazione andrà peggiorando. Le soluzioni? Perché non ci voleva uno studio per capire queste cose
Coordinatore Infermieristico
4 mesiConcordo!