Insieme é un bel posto.
Fonte: Burst Shopify

Insieme é un bel posto.

“Ora che ho parlato di me, tocca a voi. Rompiamo il ghiaccio. Presentatevi: dite il vostro nome e che cosa vorreste raggiungere alla fine di questo percorso. Sono curiosa”, annuncio.

All’inizio di ogni percorso di formazione mi piace presentarmi alle persone, ma non lo faccio mai per prima. Sì, dico il mio nome e qual é il mio ruolo in quella specifica sede, ma non aggiungo altro. Credo il tanto di hype, curiosità, aspettativa per rivolgermi poi al pubblico in maniera totalmente imprevedibile. Le persone non si aspettano mai che ad un certo punto diventino loro il cuore della discussione.

Mi è capitato poche volte di vedere facce da “speriamo che non mi interroghi” o “sto cercando una cosa dentro la borsa”, anzi. Ho notato sempre con molto piacere che ci sono sguardi di intesa e di approvazione come per chiedere tacitamente “Inizio io o inizi tu? Dai dai, vai tu, ti cedo il posto”.

Ogni volta è una sorpresa: sembra quasi di aver spezzato un incantesimo. Nel momento in cui ci si sente protagonisti della propria storia non c’è attore o attrice migliore di sé stessi: la consapevolezza, la disinvoltura con la quale ciascuno parla di sé è meravigliosa. Ed è altrettanto meravigliosa la capacità degli altri partecipanti di ascoltare. Osservo anche loro, annuisco, li seguo con gli occhi ed i gesti, affinché facciano tutti parte della stessa voce.

Mentre si raccontano, annoto spesso le parole chiave che si ripetono nelle loro descrizioni. C’è chi si iscrive ai corsi di scrittura per curiosità, chi per mettersi in gioco, chi perché non hai mai smesso di imparare, chi invece vuole finalmente dedicarsi -dopo una vita di lavoro- ad un’attività lenta, nella quale stacca la spina e pensa solo al proprio benessere.

Tutti ma proprio tutti hanno un unico obiettivo fra tutti: mettersi al centro della propria formazione, sentirsi protagonisti di una storia che per tanto tempo è stata raccontata da altri o che è stata filtrata dalle azioni quotidiane e quindi ha lasciato poco spazio alla scoperta di chi si è realmente.

Quando il giro di presentazioni è concluso, aspetto qualche secondo prima di riprendere la parola e ringrazio.

“So che non è semplice esporsi. E so che non è semplice raccontare di sé di fronte a persone che si conoscono poco o non si conoscono affatto. Complimenti, sono proprio felice per voi”, aggiungo.

Poi mi giro verso la lavagna, rileggo a voce alta le parole che accomunano tutti loro ed esclamo: “Per quanti possiate essere, siete tutti più o meno legati dagli stessi desideri e dagli stessi obiettivi. Non vi conoscete ma ecco cosa è accaduto: ora avete tutti un unico bisogno di imparare e mettervi in discussione e per farlo avete appena espresso a voce alta questo desiderio”.

Capita dunque che le persone si guardino, si interroghino a vicenda ma, soprattutto, si stupiscano. Sì, perché da quel momento in poi, nel preciso istante nel quale tutti hanno dichiarato i loro intenti hanno buttato il seme di quello che sarà il gruppo.

E’ infatti fondamentale, in un percorso di formazione (di qualsiasi durata e natura), che si faccia particolare attenzione a gettare le basi per la creazione di significato. E’ importante chiedersi, in fase di pianificazione e progettazione:

  • Oltre alle nozioni, quali tipo di competenze voglio trasmettere?
  • Quali tipo di emozioni voglio suscitare in ogni persona?
  • Quali tipo di emozioni voglio (vorrei) suscitare nel gruppo in quanto tale, una volta formato?
  • Con quali modalità posso creare il gruppo senza esplicitare necessariamente tale dinamica, ma portando le persone a riconoscersi l’un l’altro?

Il modo più semplice ed efficace per farlo é rompere il ghiaccio…presentandosi al resto dell’aula.


In quel momento si sta affermando la propria esistenza all’interno di una (circoscritta) realtà spaziale e temporale che diviene, da lì in poi, il contenitore di vissuti, emozioni e storie per il quale é il gruppo a detenere le chiavi e le regole.

Sospiro di sollievo.

I e le partecipanti acquisiscono consapevolezza del fatto che non sono individualità che vagano alla ricerca di risposte ma possono identificarsi nell’altro e co-costruire un mondo di senso.

E qual è il senso, nei percorsi di formazione?

Spesso non è esplicito poiché, come i risultati di ogni processo, è frutto di una serie di comunicAzioni che avvengono in corso d’opera.

Emergono, nelle ore e nei giorni successivi, diverse caratteristiche insite nel gruppo. Potrete infatti notare:

  • Tematiche che si ripetono
  • Persone che guidano e/o ispirano il processo di apprendimento
  • Facilitatori…innati!
  • Curiosità che emergono in corso d’opera

Bisogna dunque fare attenzione a saper cogliere quegli elementi di metacomunicazione che veicolano e facilitano/limitano la comunicazione tra i partecipanti: è importante che il gruppo diventi una cassa di risonanza emotiva nella quale ogni partecipante si possa sentire accolto e tutelato nella sua individualità.

E’ bene inoltre rendere quanto più possibile esplicite le regole (comunicative e relazionali) che emergono. Capita talvolta che subentrino, nella dinamica, degli elementi che tendano a limitare la libera espressione di ognuno.

E’ compito del formatore e della formatrice prevenire ed eventualmente riorientare la comunicazione verso un unico obiettivo: siamo tutti qui per imparare.

Se è possibile dunque rendete esplicite, sia con un semplice elenco condiviso che oralmente, quali sono i valori che orientano il gruppo:

  • Ogni domanda è lecita: non esiste una domanda giusta e una domanda sbagliata (accettazione incondizionata)
  • Non ci sono limiti nel racconto. E’ importante tenere sempre conto del proprio tempo in riferimento alle persone che verranno dopo di noi (autoregolazione del gruppo) 
  • Ogni persona ha qualcosa nel quale potremmo ritrovarci. E’ importante ascoltarla (ascolto attivo)
  • Ogni emozione è importante e dignitosa. Se si ha un momento di sconforto o difficoltà, è assolutamente umano (consapevolezza e accettazione delle emozioni)
  • E’ buono che ogni persona parli di sé senza colpevolizzarsi per ciò che non riesce a fare durante gli incontri. L’errore serve ad imparare: ben venga! (Cultura dell’errore)

Prima dunque di pesare la quantità delle informazioni e degli obiettivi da raggiungere nei nostri percorsi è fondamentale considerare che stiamo interagendo con esseri umani, il cuore della formazione stessa.


“C’è un duplice vantaggio nell’insegnare perché, mentre si insegna, si impara”,
diceva Seneca.

Ricordiamo infatti che non solo siamo formatori, ovvero coloro che trasmettono conoscenza e sapere, ma siamo prima di tutti attenti osservatori del mondo e delle dinamiche delle quali anche noi facciamo parte. La creazione di un clima inclusivo, collaborativo e positivo parte principalmente da ciò che noi stessi siamo in grado di veicolare con il nostro linguaggio e con le nostre azioni.

L’Apprendimento è infatti una questione collettiva: il gruppo è quella famosa cassa di risonanza non solo emotiva -come scrivevo qualche riga sopra- ma anche cognitiva.

Se ascolto, imparo. Ma se tutti ascoltiamo e ci riconosciamo e ci confrontiamo rispetto ai nostri processi di apprendimento e proviamo a capire cosa sia meglio acquisire e in che modo farlo, allora imparare diventa un affare di tutti. E persino la motivazione che, in principio è stata esplicitata come condivisa e condivisibile, può aumentare perché tutti siamo mossi dagli stessi intenti e dallo stesso desiderio di agire.

Insieme, insomma, è un bel posto dove si può sperimentare non solo l’acquisizione di nuove competenze ma ci si può mettere in gioco, anche provando emozioni. Emozioni che, a volte, faticano ad emergere nella quotidianità perché viviamo le nostre giornate frettolosamente, presi da quello che si deve o non si deve fare, da quello che si deve o non si deve esprimere.


Nel gruppo consapevole le emozioni vengono stimolate e accolte: insieme è un luogo nel quale, oltre a riconoscersi nelle emozioni dell’altro (empatia), si possono esprimere senza il timore del giudizio.

Il ruolo del formatore e della formatrice va a tutti gli effetti ben oltre la mera trasmissione di informazioni e competenze.

Il nostro obiettivo è quello di far sentire le persone parte di una Unità che si muove dinamicamente, consapevolmente e nel rispetto di tutti, poiché ognuno è una Ricchezza per l’altro.

Anche per noi.

 

Bibliografia consigliata:

Goleman D., Intelligenza Sociale, Ed. Bur, 2006

Goleman D., Lavorare con Intelligenza Emotiva, Ed. Bur, 1998

 

Invia commento


Laura F.

Sono alla ricerca di lavoro come Addetta vendite /promoter

1 anno

Salve la seguo anche su fb

Luca Cianci

Ti aiuto a costruire Team Che Funzionano Davvero

1 anno

Sono molto d'accordo con tutto quello che scrivi. L'elemento più importante di qualunque incontro "formativo" è lo scambio di idee e la condivisione. Tipicamente, durante i miei workshop chiedo semplicemente "Cosa è successo?" ed è incredibile osservare e ascoltare i tanti punti di vista e i collegamenti che vengono fatti rispetto alle dinamiche del gruppo.

Per visualizzare o aggiungere un commento, accedi

Altri articoli di Alessandra Pontis

Altre pagine consultate