Investire nella ripresa del mercato (con rendimenti a velocità doppia).

Nel corso degli ultimi anni la crisi economico finanziaria ha colpito tutta l’Europa e in particolar modo i Paesi con maggiore leva finanziaria.

Di fronte alle speculazioni dei mercati finanziari sui debiti sovrani, Grecia, Spagna, Italia e Portogallo hanno (o hanno dovuto) applicare rigide (e miopi) politiche di Austerity anzichè mettere a disposizione risorse per supportare l’economia reale.

Il progressivo aumento del timore sulla tenuta del debito sovrano (riflessosi sull’aumento dei tassi) ha innescato una spirare tutt’altro che virtuosa di contrazione del credito all’impresa (Credit Crunch), aumento delle sofferenze, quindi ulteriori riduzioni di erogazione di credito e, infine, il fallimento di molte imprese e addirittura di alcune banche.

La contrapposizione delle varie posizioni europee ha fatto tardare l’intervento risolutivo alla banca centrale (quantitative easy) che, seppur con estremo ritardo, ha stabilizzato la crisi.

Questa tempesta finanziaria ha generato la dispersione di valore aziendale ma, al contempo, ha creato un una nuova forma di investimento basato sul turnaround aziendale.

Le transazioni M&A si sono quindi notevolmente modificate, non si parla più di negoziare il controvalore della transazione poiché nell’ambito della crisi questo è fortemente depresso fino ad addirittura essere azzerato.

Si valuta oggi all’immissione di risorse finanziarie nell’ambito di un piano di ristrutturazione che, in un periodo assimilabile agli investimenti di private equity, recuperi il valore aziendale attraverso il traghettamento fuori dalla crisi dell’impresa.

Questa tipologia di investimento oggi è matura. Sul sistema paese Italia, per fare un esempio, si registra una concomitanza tra il consolidamento della normativa a servizio della risoluzione della crisi d’impresa, una timida ripresa del mercato che fa intravedere con ottimismo il recupero di quote di mercato per le società che hanno vissuto difficoltà finanziarie e al contempo la progressiva riduzione dei rendimenti sui titoli a mercato.

Quindi, a fronte di una progressiva riduzione del rischio sull’investimento (stabilizzazione legislativa e interruzione della crisi), vi è un indiscusso differenziale di rendimento tra gli investimenti in turnaround e quelli sui mercati regolamentati, benchè questo oggi non sia più giustificato da un differenziale di rischio.

Ecco perché oggi si sta sviluppando un crescere di club deal per investimento di questa tipologia. E il rischio si basa non tanto sul target, quanto sul gestore dell’investimento e, sulla sua expertise nel gestire le ristrutturazioni aziendali.

Non mancano le opportunità di investire nel lusso italiano, inteso non solo come fashion ma come eccellenza nei più diversi settori. Marchi che nel tempo hanno saputo conquistarsi notorietà in Italia e nel mondo e che oggi, complici cause endogene (mala gestio) ed esogene (crisi in genere), possono essere acquisite attraverso una sola ricapitalizzazione senza dover tenere conto dei valori intrinsechi (know how, valore marchio, avviamento) che invece erano, fino a poco tempo fa, il pane quotidiano degli operatori di M&A.

Il lusso italiano oggi è sul mercato. E a prezzi di saldo.

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