Io Kaled vendo uomini e sono innocente
- Francesca Mannocchi, giornalista esperta di Nord Africa e di questioni mediorientali sceglie un intelligente espediente narrativo per descrivere gli orrori dei lager libici e il generale clima di anarchia che regna nel paese e piuttosto che il reportage, opta per il romanzo autobiografico, il genere autofiction, se proprio vogliamo inserire l’opera nell’ambito delle note categorie editoriali. L’obiettivo è ovviamente quello di documentare nella maniera più minuziosa possibile, le inenarrabili violenze che subiscono i migranti in Libia. Così Khaled, la voce narrante, racconta senza edulcorazione alcuna, in maniera diaristica e personale, del commercio di uomini che si compie in Libia dall’arrivo dei camion provenienti da varie regioni africane e del medio oriente sino alla partenza dei gommoni verso l’Italia. Racconta le violenze nei campi, le vessazioni cui sono sottoposti coloro che abbandonano il proprio paese in cerca di benessere, trattati già all’arrivo in Libia al pari di oggetti di scambio senza rispetto alcuno, senza l’osservanza degli elementari principi etici dell’ospitalità e della cura così importanti tra i beduini. È una perdita di umanità quella che emerge dalle singole storie di uomini e donne storie violentate dalla storia più che dalle singole circostanze, pur dolorosissime narrate e realmetne vissute dai protagonisti.