Iperconnessione e solitudine: come il cooperative learning può contrastare la frammentazione sociale

Iperconnessione e solitudine: come il cooperative learning può contrastare la frammentazione sociale

La crisi della socialità nell’era digitale 

L’era digitale, con la sua enfasi sulla rapidità e l’efficienza, ha ridotto le occasioni di contatto fisico e personale autentico, generando un fenomeno che Byung-Chul Han, nella sua opera “La crisi della narrazione”, descrive come “povertà di mondo”. Questo impoverimento, osserva Han, provoca in noi un profondo senso di solitudine: “La crescente povertà di esperienze di contatto ci rende malati. Mancandoci completamente l’esperienza del contatto, restiamo terribilmente intrappolati nel nostro ego. Il contatto in senso enfatico ci strappa dal nostro ego. La povertà di esperienze di contatto significa in un ultima analisi una povertà dal mondo. Il che genera in noi depressione, isolamento e angoscia. La digitalizzazione intensifica tale povertà di contatto e di mondo. Paradossalmente proprio la crescente connettività ci isola”.

La comunicazione mediata dai dispositivi digitali ci fa sentire costantemente connessi, ma, anziché facilitare la vicinanza tra le persone, sembra rafforzare il distacco emotivo, innescando una spirale di superficialità nelle relazioni sociali e contribuendo a un crescente isolamento. Questo fenomeno, già noto alla psicologia comportamentale, mostra chiaramente come l’assenza di interazioni autentiche abbia ripercussioni sul nostro benessere psicologico.

Effetti dell’isolamento sociale: la dipendenza digitale

In linea con l’analisi di Han, Gianni Dell’Aiuto, nel suo articolo “Come far ammalare un adolescente? Regalategli uno smartphone”, mette in evidenza i pericoli legati all’uso massiccio degli smartphone, specialmente tra i giovani, contribuendo alla creazione di una vera e propria dipendenza digitale. “Ogni notifica, ogni ‘like’ o nuovo messaggio, crea una gratificazione immediata”, innescando una dinamica simile al “condizionamento operante” di Burrhus Skinner, in cui ogni stimolo di ricompensa rafforza il comportamento.

Le lunghe sessioni di scrolling non fanno che alimentare questo circolo vizioso, spingendo l’utilizzatore a passare sempre più tempo sui dispositivi, a scapito di attività fondamentali per il suo sviluppo, come l’interazione faccia a faccia e lo studio.

I risultati di questa dipendenza digitale, si legge nell’articolo di Dell’Aiuto, sono chiari: problemi di concentrazione e attenzione, con ripercussioni negative sulle prestazioni scolastiche e sulla capacità di apprendimento. Intrappolati in un ciclo di continue distrazioni, risulta difficile dedicarsi ad attività che richiedono uno sforzo mentale prolungato, come la lettura o lo studio. Questo fenomeno non solo compromette lo sviluppo intellettuale, ma riduce anche la capacità di creare connessioni autentiche e significative con gli altri, alimentando sentimenti di isolamento e angoscia.

Una possibile risposta: l’apprendimento cooperativo

Il senso di isolamento descritto da Byung-Chul Han nell’era digitale richiama, per gli effetti, una condizione simile a quella analizzata da Cosimo Varriale, Tommaso Baiano, Gennaro Garribba e Rosaura Orlando nell’articolo del 1997 “Il ‘Cooperative learning’: un metodo per l’apprendimento disciplinare e per l’educazione del sentimento sociale”. Gli autori osservano come la trasformazione della società alla fine del ventesimo secolo avesse generato una “cultura dell’indifferenza”. Questo clima di individualismo esasperato e frammentazione sociale può portare, nei casi più estremi, a vere e proprie patologie psichiche e, più comunemente, al disagio giovanile.

 Il disagio si manifesta in bassi livelli di comunicazione, non solo tra giovani e adulti, ma anche all’interno degli stessi gruppi giovanili. I gruppi di pari, anziché essere spazi di scambio emotivo e relazionale, tendono a trasformarsi in luoghi di aggregazione superficiale, incentrati su interessi comuni come discoteche, tifo sportivo o videogiochi. In questo contesto, già nel 1997, gli autori si posero una domanda cruciale: “Quale forma di lotta e di compensazione al senso di inadeguatezza sociale è oggi possibile?”.

La risposta fu individuata nell’apprendimento cooperativo – cooperative learning, strumento educativo cruciale, in quanto non solo promuove l’apprendimento disciplinare, ma facilita lo sviluppo di competenze sociali e relazionali, fondamentali per contrastare l’isolamento e promuovere il benessere psicologico.

Questo approccio favorisce la collaborazione tra pari e la costruzione di una rete di sostegno reciproco, contribuendo a ridurre il senso di isolamento e a rafforzare la fiducia in sé stessi e negli altri.

In sintesi, l’apprendimento cooperativo rappresenta una strategia efficace non solo per trasmettere conoscenze, ma anche per ricostruire un senso di appartenenza e comunità, promuovendo relazioni autentiche e la crescita emotiva dei giovani.

Un approccio educativo per contrastare l’isolamento 

Questo metodo non solo contrasta il senso di solitudine descritto da Han e le dinamiche di dipendenza digitale esposte da Dell’Aiuto, ma favorisce lo sviluppo di competenze sociali e relazionali che aiutano le persone, e prima di tutto i giovani, a recuperare un senso di appartenenza e fiducia negli altri.

In un contesto in cui la formazione tradizionale appare sempre più inadeguata a rispondere ai bisogni delle nuove generazioni, strumenti volti a valorizzare il confronto e lo scambio consentono di affrontare le sfide della digitalizzazione e della frammentazione sociale.

Di fronte a queste sfide, emerge con forza l’importanza di sviluppare competenze che possano contrastare la frammentazione della socialità indotta dalla tecnologia. La formazione tradizionale, basata su un modello puramente istruttivo, appare insufficiente per affrontare queste nuove dinamiche. Come sottolineato nel già citato articolo del 1997, “se la scuola ha una speranza di recuperare la sua credibilità, questa è nella volontà di superare l’asfittico ambito della pura istruzione per lavorare [...] alla riduzione della bassa autostima, della rabbia, dei sentimenti di impotenza e abbandono”.

Conclusioni: educare alla socialità 

In un mondo sempre più iperconnesso ma socialmente frammentato, emergono con forza l’importanza di metodologie educative come il cooperative learning volte alla valorizzazione dell’interfaccia de visu, in modo propositivo e aperto al confronto. Questi strumenti, come sottolineato da psicologi e pedagoghi da oltre trent’anni, non solo recuperano l’autentico valore della socialità, ma rappresentano anche un’efficace forma di resistenza contro l’isolamento indotto dalla digitalizzazione.

La riflessione proposta converge su un punto cruciale: la tecnologia, pur offrendo nuove modalità di connessione, non riesce a sostituire il valore delle relazioni autentiche. L’apprendimento cooperativo rappresenta una risposta propositiva per contrastare la povertà di contatto e ripristinare il tessuto sociale, promuovendo un ambiente in cui le persone possano nuovamente sentirsi connesse non solo digitalmente, ma anche emotivamente e socialmente.

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Mario Antonio Stoppa

Mediatore civile e avvocato in procedure di mediazione. Content creator

1 mese

Molto interessante

Gianni Dell'Aiuto

Avvocato. Legal Risk Manager. Data Protection European GDPR. EU privacy advisor. Autore di Homo Googlis. Giurista d'impresa, contratti della rete e dei social.

2 mesi

Grazie per la citazione Roberta

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