John Kirwan: la vita di un “All Black” tra successi e sfide personali
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John Kirwan: la vita di un “All Black” tra successi e sfide personali

"To Romina, enjoy everyday" – "A Romina, goditi ogni giorno"

Così mi scrive John Kirwan sulla copia del suo libro. E dopo aver ascoltato le sue parole durante un evento ho capito meglio questo invito a restare nel presente e a vivere davvero la vita come un dono prezioso che mi è – e ci è - stato concesso. Ho fatto una foto e ho avuto un breve dialogo con lui e per questo posso affermare che è un uomo alla mano – ha espressamente voluto che gli dessi del "tu" – e dalla spiccata sensibilità. Eh lo so, se lo si osserva solo per la sua fisicità o per lo sport di cui è stato campione può non sembrare... e questa è la chiave per capire la sua storia e come tra la sua immagine pubblica e quella privata ci sia stata una barriera divisoria, un'ombra oscura che John è riuscito a eliminare solo dopo vari anni...

Tra poco saprai anche tu di cosa si tratta...

John James Patrick Kirwan – nell'indecisione i genitori gli hanno messo tre nomi! – è nato ad Auckland nel dicembre del 1964 ed è quindi di nazionalità neozelandese. L'Italia è diventata, come scoprirai più avanti, il suo paese d'adozione e infatti, pur mantenendo uno spiccato accento anglosassone, parla molto bene la nostra lingua. Unico figlio maschio dopo tre sorelle, da adolescente John non ama studiare e così a 15 anni lascia la scuola per lavorare con il padre, figura che adora e che di fatto è stata la sua guida, nella macelleria di famiglia. 

Scrive infatti nel suo libro:

"Mio padre è stato una persona importantissima (..)
Diceva: Non aspettare di sfiorare la morte prima di cominciare a vivere (..)
La gente parla spesso di grandi modelli a cui si ispira e quello più importante per me l'ho avuto in casa, da sempre."
(cit. John Kirwan, "Gli All Blacks non piangono - La mia vita, la mia battaglia")

Nell'incontro dal vivo che abbiamo avuto John ha regalato un altro esempio della saggezza paterna raccontando di quando gli ha chiesto cos'è la mediocrità.

Risposta:

"Stare in coda in macchina per andare al lavoro, o si va prima o dopo per non essere mediocri!"

Detto in altre parole, distinguersi dalla massa! Il figlio è un mito ma anche Kirwan senior non scherza...!

Dunque, dov'ero rimasta...

John, quindi, fa il macellaio ma già a 13 anni aveva in mente un sogno da realizzare: diventare un "All Black"! Se non hai ben chiaro cosa significa ti preciso che gli "All Blacks" sono i giocatori di rugby della squadra nazionale neozelandese e sono considerati tra i più forti del mondo in questa disciplina sportiva. E infatti:

"Ero solo ancora un macellaio che lavorava nel negozio di papà, ma ero anche molto ambizioso e determinato a giocare a rugby al massimo delle mie possibilità. Volevo ottenere il meglio."
(cit. John Kirwan, "Gli All Blacks non piangono - La mia vita, la mia battaglia")

Un giorno John, mentre è in macelleria e parla appunto di rugby con il padre, gli confessa che non sa schivare il placcaggio degli avversari e di sentirsi perciò un "imbranato". Ebbene una settimana dopo al ragazzo viene concesso un pomeriggio libero per andare a Cornwall Park, un parco di Auckland, con Neville Denton, un amico del padre e proprio un ex giocare di rugby. Allenamento previsto: correre 10 volte i 300 metri e poi fare slalom velocemente tra gli alberi, in quel punto equidistanti. Al primo colpo fallisce e finisce dritto contro un albero – ci sta! – ma poi, deciso più che mai a riuscirci, lo ripete ogni sera per 6 settimane finché non gli viene automatico e facile.

Eh sì, la straordinaria capacità di John Kirwan di schivare gli avversari e di segnare le sue "mete" più spettacolari nasce proprio dal visualizzarli... come se fossero gli alberi di quel parco! Quell'esercizio ha avuto decisamente il suo perché...!

Ah, un attimo... Prima di proseguire ti descrivo brevemente cos'è la "meta" dato che in Italia il rugby non è poi così diffuso come in Nuova Zelanda.

Fare "meta" significa riuscire a far toccare con mano terra alla palla di gioco ovale oltre la linea retta che si trova in fondo alla parte avversaria di campo. E secondo te gli avversari se ne stanno fermi e buoni mentre corri con la palla e lo fai? E no, cercano di"agguantarti" e di fermarti usando appunto il placcaggio, che in questo sport può essere fatto dalla linea delle spalle ai piedi. Ecco perché nel rugby, a differenza del calcio, il contatto fisico tra i giocatori è previsto e si finisce spesso per terra! Bisogna essere veloci, forti e con una stazza poderosa per riuscire a tenere il campo per 80 minuti – due tempi da 40 minuti poi alla fine c'è anche il terzo tempo cioè l'uscita a bere e a fare amicizia con gli avversari, nel rugby ci si "mena" solo durante la partita! - e John non fa certo eccezione visto che è un "omone" alto 1 metro e 91 centimetri con peso Kg 97! Da giovane era pure biondo... insomma un tipo affascinante, diciamolo!

E questo ragazzo ricco di fascino a 19 anni entra negli "All Blacks", squadra per lui simbolo di determinazione, forza e leadership. Certo, i primi tempi non sono stati facili, il senso di responsabilità per un'eventuale perdita si è subito fatto sentire e John l'ha raccontato e descritto:

"Sentirmi dire a 19 anni "se perdiamo è colpa tua" è stato uno shock ma non dimenticherò mai quella lezione.
Ero un ragazzino arrogante e ho imparato che non posso giudicare gli altri se non sono pronto a giudicare me stesso (..) 
Non è la maglia a fare la differenza ma chi la indossa."
(cit. John Kirwan, "Gli All Blacks non piangono - La mia vita, la mia battaglia")

E lui non ha certo deluso le aspettative diventando un campione che chi segue questo sport nel mondo apprezza e stima e di cui è un talento naturale:

"Tutti abbiamo un talento per qualcosa. Nel mio caso è stato il rugby e volevo diventare il migliore al mondo (..)
Il talento è un dono straordinario ma se non è accompagnato da un lavoro duro e da una disciplina è sprecato."
(cit. John Kirwan, "Gli All Blacks non piangono - La mia vita, la mia battaglia")

Per lui ciò significa allenamento continuo e costante sia fisico che mentale perché l'atteggiamento e il come si sta è tutto e può far raggiungere il risultato oppure no, può far arrivare alla "meta"– in questo caso letterale! - con fatica o con facilità. John, nel suo ruolo di "ala tre quarti", è istintivo: mente assolutamente sgombra da ogni pensiero, gioca liberamente e poi lascia che le cose succedano in campo!

E per arrivare ad avere questa tranquillità si allena, appunto, tutta la settimana...

E così, di allenamento in allenamento, di partita in partita arriva il 1987, l'anno in cui con gli "All Blacks" vince la "Coppa del Mondo" e realizza la famosa "meta" contro l'Italia, rimasta nella storia, correndo per 70 metri in solitaria ed evitando tutti i placcaggi! Eh, gli alberi di quel pomeriggio di tanti anni prima...

L'anno dopo ottiene dalla regina Elisabetta II il titolo di "Membro dell'ordine dell'impero britannico" e questo non è che il primo dei riconoscimenti che otterrà, anche per altri motivi oltre che per meriti sportivi.

In quel periodo, inoltre, Kirwan gioca anche in Italia.

E' la "Benetton Treviso" infatti ad ingaggiarlo dal 1985 al 1989, anno in cui la squadra grazie a lui vince il quarto titolo nazionale. Ed è durante questo intervallo di tempo che incontra Fiorella Tomasi, ora ex pallavolista, che diventa sua moglie e con la quale ha tre figli. Il suo cuore si è tinto quindi di "azzurro" e del nostro paese ama soprattutto la gente e il cibo. Gli piace cucinare e in una intervista, alla domanda su quale alimento della dieta mediterranea potrebbe essere, ha risposto la bresaola! Non so perché ma mi aspettavo una risposta più "carnivora"

Kirwan ha poi continuato a militare negli "All Blacks" fino al 1994 per poi passare agli "Auckland Warriors" e infine è diventato giocatore - allenatore per il team giapponese dei "Green Rockets"Si è ritirato definitivamente nel 2000 per dedicarsi all'allenamento professionistico e tra le varie squadre di cui si è occupato c'è proprio la nazionale italiana di rugby.

Ok, questa è la storia del nostro John Kirwan dal punto di vista della carriera e del successo, che per lui c'è

"Quando tanti vogliono portare la tua bara!"
(cit. John Kirwan)


cioè quando in vita si è stati amati davvero da tante persone, esattamente com'è accaduto per suo padre.

Se terminassi qui il mio articolo ometterei una parte importante della sua vita, il lato privato che non ha voluto mostrare ed ammettere nemmeno a se stesso finché non è stato più possibile nasconderlo. E quindi ti racconto che nel momento in cui è all'apice della carriera, giovane, circondato da tutto ciò che può desiderare ecco che sulla sua mente si stende un velo nero che gli crea attacchi di panico sempre più frequenti, sudorazione, pianto, disperazione, angoscia, inquietudine, insicurezza, insonnia. Sì, si tratta di depressione e colpisce John per la prima volta nel 1988, proprio l'anno dopo la vittoria del mondiale.

All'inizio la sottovaluta, pensa che i sintomi passeranno ma con il trascorrere degli anni la situazione peggiora minando la stima e la fiducia in se stesso. Già è difficile di per sé ammettere di avere questa malattia, figuriamoci per un "All Black", che deve sempre apparire forte, sicuro e invincibile! La cultura neozelandese, improntata al "machismo", non aiuta: gli anglosassoni non manifestano le emozioni e si tengono tutto dentro! In questo il venire a contatto con noi italiani, che invece di base siamo più portati ad esternarle, gli ha fatto capire che si può anche essere vulnerabili.

E' così che, come vi ho accennato all'inizio, comincia a vivere due vite parallele: in pubblico il campione di rugby che fa finta di niente e durante le partite lotta con se stesso per non farsi vincere dal panico e dai pensieri e nel privato il ragazzo vittima della depressione. In certi momenti, confida, non riesce nemmeno più a capire chi è! John attribuisce la comparsa di questa malattia alla paura:

"La mia depressione si nutriva di paura. Paura di fallire, la più grande di tutte. Ed era direttamente proporzionale ai miei successi sul campo, crescevano assieme.
Per questo mi spaventava l'idea di non essere all'altezza delle aspettative degli altri (...) Avevo paura di non piacere agli altri, di non riuscire a combinare niente nella vita: la mia immagine pubblica era solo una finzione."
(cit. John Kirwan, "Gli All Blacks non piangono - La mia vita, la mia battaglia")

Eh sì, la paura, in generale, è una pessima consigliera e quando si insinua stabilmente nella nostra mente combina davvero guai...

Solo dopo tre anni, nel 1991, al rientro ad Auckland dopo la trasferta in Argentina, ha avuto il coraggio di chiedere aiuto, di riconoscere di essere malato e non un "debole" e dopo un percorso durato 15 anni è guarito. Nel 2006 ha ammesso pubblicamente di avere sofferto di depressione e ha deciso di alzare lo scenario su questo disturbo che può colpire chiunque e di cui spesso le persone si vergognano. Proprio per questo usa la sua esperienza come esempio per stimolarle a curarsi e vincerla iniziando a collaborare con il Ministero della Salute neozelandese e scrivendo un libro, best seller nel suo paese, dal quale ho tratto, come hai notato, alcune citazioni.

Per questi meriti , oltre a quelli sportivi, gli viene conferito prima l'"Ordine al Merito" della Nuova Zelanda e successivamente il titolo di "Cavaliere" con diritto a chiamarsi "Sir" John Kirwan. Figura, inoltre, nell'"International Rugby Hall of Fame".

Dalle malattie, per quanto assurdo possa sembrare, si può imparare qualcosa e lui ci ha confessato di essere diventato più umile, di capire meglio le persone e di aver capito che bisogna stare nel presente e vedere ogni giorno come a sé. Ci insegna che:

"La vita è complessa ma bisogna dividerla in cose semplici. Mi piace godere dei piccoli momenti perché sono questi che, sommati, danno la serenità (..)
Sono andato a cercare le cose che mi fanno sentire bene con me stesso, le mie endorfine naturali."
(cit. John Kirwan)

E quindi ora sai cosa c'è da fare: "enjoy everyday"!

Romina Mattoni

Liana Dugaro

Counselor psicologica (Albo Psicologi FVG Sez B), Life-Career Coach, Specialista nella risoluzione del trauma - Sessioni via Skype/Zoom -

5 anni

Meraviglioso ritratto in bianco e nero, scintillante e poi cupo.. tinto di azzurro, di verde e del rosso della gioia di vivere, di un uomo incredibile. Allenarsi al coaching con lui è stata un'esperienza profondamente trasformatrice. Grazie Romina per questo dipinto dai colori vividi che si fa gustare tutto d'un fiato. Mi riporta in uno schioccare di dita al ricordo di centinaia di flessioni, piegamenti, slalom che lui usava come il condimento sull'insalata per far assaporare a noi giovani manager l'arte dell'essere coach. Grazie John Kirwan! Enjoy everyday!

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