KnowAndBe.live - al TEDxSiena il racconto di come è nato
Mi sorprendo sempre quando mi dicono che sembro una persona dolce, serena, che affronto con un sorriso anche le difficoltà, le crisi da risolvere, che trasmetto un senso di pace.
Chi mi conosce lo sa, che non è stato sempre così. Che la mia cifra è sempre stata la razionalità, il rigore, spesso la severità …
Quando mi dicono questa cosa ripenso agli ultimi trent’anni della mia vita, l’università, il lavoro, le responsabilità crescenti, il mio tempo sempre scandito da impegni continui: cose da fare, obiettivi da raggiungere, problemi da risolvere. Il tempo sempre pianificato al secondo, per non perderne neppure un istante, per non sprecarlo…
Anche quando, nel maggio del 2008, sento qualcosa che non va, sul seno destro…
Il cancro al seno è di casa in famiglia, ha colpito mia nonna e mia sorella, per questo mi controllo ogni anno. La mammografia è già fissata a fine luglio.
Non penso di anticiparla, non ho tempo da dedicarmi in questo momento.
E poi, a me non può succedere!
24 luglio, giorno della mammografia. Il medico è preoccupato. C’è un nodulo di 3 centimetri, devo fare una biopsia. Mi dà il nome di un suo amico patologo, lo chiamo e, nonostante le sue insistenze, fissiamo l’esame dopo due giorni.
Non c’è spazio prima nella mia agenda. E poi, a me non può succedere!
Il 29 luglio, sono in ufficio a lavorare quando squilla il telefono. È il patologo, mi dice che ha i risultati ma vuole parlarmene di persona e mi dà appuntamento nel pomeriggio, alle 2. Quando arrivo in ospedale lui non c’è ancora e l’infermiera senza pensarci mi dà una busta. Chiusa.
«È un carcinoma duttale infiltrante triplo negativo ….» mi dice il medico, «è un cancro molto aggressivo, va operato immediatamente» e mi dà il nome di un chirurgo di Milano, che mi può operare.
Non mi lascio prendere dal panico, faccio quello che so fare meglio, comincio a pianificare: rintraccio il numero dell’ospedale e contatto la segreteria del chirurgo per chiedere un appuntamento.
La risposta arriva subito, la mattina dopo. Il professore mi può ricevere il giorno stesso, nel pomeriggio alle 4. Do un’occhiata all’orologio, calcolo mentalmente i tempi, confermo l’appuntamento e mi metto immediatamente in macchina.
Da quel momento corre tutto veloce.
Mi operano il 7 di agosto, il 10 sono di nuovo al lavoro, e comincia una lunga trafila: lavoro, medicazioni, lavoro, radioterapia, lavoro, chemioterapia, lavoro.
Neanche la difficoltà con il dosaggio della chemio, che deve essere ridotto ben due volte, mi scuote.
Dormo 12 ore a notte per recuperare e lavorare durante il giorno. L’unico obiettivo è tornare alla normalità, a riprendermi il mio tempo.
MA HO FATTO I CONTI SENZA L’OSTE …
Agosto del 2009, la chemio è terminata a marzo, io mi sento bene e partiamo in auto per le vacanze.
Il viaggio mi dà le prime avvisaglie, dopo qualche ora di guida all’arrivo sono molto stanca, e la mattina dopo, al mare non riesco a stare in piedi sugli scogli, mi manca l’equilibrio…
Comincia a farsi strada la consapevolezza che qualcosa è cambiato. Mi rendo conto che non riesco più a restare sveglia dopo l’ora di cena, che faccio fatica a portare pesi, che anche un bicchiere di vino mi dà alla testa, è come se fossi invecchiata, improvvisamente, di dieci anni.
Anche stavolta la mia razionalità prevale. Tornata a Siena chiamo uno specialista di medicina dello sport e lui mi dice «Guarda, sei come un pugile suonato dopo decine di match. Però … vedrai … ti rimettiamo in sesto».
E dopo un anno di piscina, palestra, e fisioterapia, nel luglio del 2010 finalmente mi sento in forma.
Evviva!
wonder woman è tornata !!
O FORSE NO ….
In due anni altre cose sono cambiate: mio marito ha deciso di andare in pensione per tornare a vivere nella stessa città; mio figlio ha trovato lavoro e vive all’estero; io sento l’urgenza di trovare un senso nuovo al tempo che mi è stato regalato.
Comincio dalle cose semplici, trovo il tempo di vedere le amiche, come non facevo più da trent’anni.
Non devo più viaggiare nel fine settimana e uso quel tempo per fare volontariato, il sabato mattina.
Mi rendo conto, piano piano, che sono una donna fortunata, perché posso ancora fare delle scelte.
A 50 anni, nel 2013, trovo il coraggio di lasciare un lavoro, che drenava tutto il mio tempo e tutte le mie energie, e di prendermi un anno per me, per decidere cosa fare da grande …
Comincio così ad usare un tempo diverso, il tempo giusto, il tempo opportuno, il momento adatto, la buona occasione.
Mi concedo la leggerezza di fermarmi ad ascoltare, di ragionare delle questioni che mi interessano con chi può avere un punto di vista diverso dal mio, di aprire il cuore e la mente, di sognare, per scoprire soluzioni nuove a problemi che sembrano insormontabili.
In quell’anno conosco molte persone che, come me, si erano ammalate di cancro e scopro una cosa che avevo molto sottovalutato.
IL CANCRO FA PAURA.
La prima reazione, non ve la devo spiegare è la negazione.
< a me non può succedere …>
Eppure il cancro colpisce 1.000 persone ogni giorno in Italia.
Detto in altri termini, un uomo su due e una donne su tre, si ammaleranno di cancro in Italia, nell’arco della vita.
IL CANCRO FA PAURA.
Molti pensano che avere il cancro sia una sentenza di morte.
È vero, ci sono forme di cancro molto aggressive, per le quali le probabilità di sopravvivere 5 anni alla diagnosi sono basse, il fegato, il polmone, l’ovaio …
Ma per molti dei tumori più diffusi non è così.
Di 10 uomini che si ammaleranno di cancro oggi, 5 saranno ancora vivi tra 5 anni.
Di 10 donne che si ammaleranno di cancro oggi, 6 saranno ancora vive tra 5 anni.
E molti di loro sopravvivranno molto più a lungo: oggi in Italia ci sono 3,3 milioni di sopravviventi. Più di 1 italiano su 20.
Ci sono due cose che possono fare la differenza: la diagnosi precoce e la qualità della cura.
Io sono stata fortunata, mi controllavo, un buon senologo mi ha indirizzato da un buon patologo, che mi ha suggerito un centro di cure dove mi hanno salvato la vita. Non sempre è così.
In Italia ci sono programmi di screening per la diagnosi precoce di tre forme di cancro.
Ma più di 4 italiani su 10 non fanno questi controlli. Perché? Hanno paura della diagnosi.
Ci sono regioni del sud Italia in cui l’adesione è inferiore al 20%.
E questo genera un paradosso, al sud ci si ammala di meno, perché gli stili di vita sono più sani, ma si muore di più.
Non potevo tollerarlo! Dovevo fare qualcosa.
Ho cominciato a raccontare in un blog quello che sapevo sulla mia malattia e quello che ogni giorno imparavo ed ho visto che un linguaggio semplice e l’esperienza personale, unite al rigore scientifico delle informazioni, facevano presa.
Allora ho cominciato ad aggregare persone con competenze diverse che mi aiutassero a realizzare un sogno – cambiare la percezione sul cancro, una persona alla volta, e provare a creare maggiore consapevolezza su fattori di rischio e buone prassi di prevenzione.
E lavorando insieme, piano piano, abbiamo trovato una strada.
Ci sono in Italia 17 milioni di lavoratori dipendenti e ci sono aziende con attività operative distribuite in tutto il paese. Erano loro il nostro obiettivo.
È così che è nato il primo programma transmediale di educazione alla prevenzione oncologica destinato alle aziende che hanno a cuore la salute dei propri dipendenti.
Lo abbiamo chiamato ‘KnowAndBe.live +conoscenza, -paura’.
E questo è l’inizio di un’altra storia…
Owner - Pragmatica Consulting
7 anniGrande Luigia. Bell'articolo, wonderwoman si era solo assentata un attimo.