"La casa sulla scogliera” di Fortunata Barilaro Gattei, Edizioni Convalle.
"La casa sulla scogliera" di Fortunata Barilaro Gattei, Edizioni Convalle

"La casa sulla scogliera” di Fortunata Barilaro Gattei, Edizioni Convalle.

Maggio è il mese dei boccioli, dell’aria che diventa più calda, del sole che si divide lo spazio con la pioggia, del cielo che, a tratti, diventa più terso. Maggio è anche il mese in cui i programmi per l’estate diventano più concreti e vicini: alzi la mano chi non ha voglia di ideare una fuga, di sedersi davanti a un orizzonte infinito, sotto a un cielo che vi guarda con attenzione.

In questo mese transitorio di quest’anno altrettanto transitorio (speriamo) ho letto “La casa sulla scogliera” di Fortunata Barilaro Gattei, Edizioni Convalle. Mentre ero tra le righe di questa straordinaria storia familiare, la cui protagonista – Ester - una giovane chiamata a conoscere il mistero legato alle sue origini, ho fatto un viaggio. Sì, mi sono affiancata alla giovane infermiera che parte da Roma diretta in Salento e con lei mi sono lasciata invadere dai colori, dai profumi, dai paesaggi e dalla storia di quest’area geografica. Mi sono lasciata conquistare dalle abitudini del luogo, dalle feste di paese che sono il fulcro sociale, dai caffè che non si rifiutano mai, dalla terra che accoglie gli ulivi e dall’accoglienza. Quest’ultimo concetto, in particolare, è stato nebulizzato con estrema precisione tanto da essere diventato simile a uno sfondo dai colori tenui ma indispensabili.

L’ambientazione, dicevo, è un concetto che i romanzieri sanno trattare sempre con grande maestria: Fortunata Barilaro Gattei va oltre. Riesce a rendere il luogo vivo tanto quanto i personaggi dell’opera. Il quadro generale, quindi, diventa un luogo nel quale il lettore si trova a “osservare” e sognare, non solo a leggere.

La trama è dolce, invitante. Non svelerò i dettagli della vita della bella Ester, ma vi basti sapere che ogni personaggio ha un ruolo specifico per avviare la macchina della verità. Il mistero - circa l’insolito invito che Ester riceve da un notaio sconosciuto – fa parte dell’incipit, ma sono il viaggio e l’arrivo a costituire il vero cuore dell’opera.

C’è Caterina che accoglie Ester. Il suo invito a cena a base di burrata, verdure alla griglia e legumi diventa una porta aperta sulla loro amicizia; l’amicizia tra Fabio e Luca, invece, è più da patatine e birre ma quando si trovano insieme, loro quattro, scelgono il comfort di un piatto di spaghetti al pomodoro e basilico.

E poi ci sono Enzo, Laura, Teresa, Attilio, Mimino e molti altri ancora che impareranno a ritrovarsi, più che a conoscersi, perché un fatto tragico accaduto in passato va spiegato, capito, narrato, pianto. La verità non basta, a volte, e questo concetto Ester lo comprende all’istante, non appena si trova tra le mani un lungo manoscritto a lei indirizzato.

L’autrice, in quest’opera, usa narrazioni diverse per ampliare al meglio le voci dei personaggi e per rendere ancor più efficace i temi che ha voluto raccontare: i silenzi, l’abbandono, il bisogno d’appartenenza, le menzogne, la debolezza, la forza, l’amicizia, la solitudine.

Ultimo, ma non per ordine di importanza, arrivare ai ringraziamenti e trovare un così intimo e reale riferimento all’ispirazione è stato come ricevere conferma di ciò che hai percepito per quasi tutta la durata dell’opera.


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