La COMMISSIONE DI MASSIMO SCOPERTO è da comprendersi nel calcolo dell’usura bancaria: ecco l’ulteriore conferma del Tribunale di Viterbo

La rilevanza della commissione di massimo scoperto ai fini della verifica o meno del rispetto del tasso soglia usurario rappresenta una tematica assai spinosa e complessa, che ha generato non poche discussioni, più o meno accese, in materia bancaria.

La questione è stata analizzata, ovviamente, dalla dottrina ma anche e soprattutto dalla giurisprudenza di merito e dai giudici di legittimità che si sono nel tempo pronunciati con prese di posizione a volte anche molto contrastanti.

Una recente pronuncia emessa dal Tribunale di Viterbo il 01 marzo 2018 ha recuperato il principio per il quale la verifica dell’usura deve tener conto, sia in sede di pattuizione originaria che in sede di esercizio dello ius variandi, di tutti gli oneri connessi al rapporto bancario, compresa la CMS (commissione di massimo scoperto), con applicazione, nel caso in cui venga accertata l’usura bancaria, della sanzione di cui all’art. 1815, secondo comma c.c.

La rilevanza del CMS nel calcolo dell’usura secondo la Cassazione

Già la Cassazione, sempre di recente, si era pronunciata con la sentenza n. 12965 del 22.06.2016, entrando nel merito della vexata quaestio prendendo posizione circa la rilevanza della commissione di massimo scoperto nel calcolo del TEG per il periodo precedente al 2010.

Sul punto la Corte ha, a suo tempo, affermato che “la commissione di massimo scoperto, applicata fino all’entrata in vigore dell’art. 2-bis d.l. n. 185 del 2008, deve ritenersi in legittima, almeno fino al termine del periodo transitorio fissato al 31 dicembre 2009 (…)”.

La rilevanza del CMS nel calcolo dell’usura bancaria secondo il Tribunale di Viterbo

Il giudice del Tribunale di Viterbo adito non ha avuto remore nel considerare computabili, a fini del calcolo e della quantificazione di eventuale usura, gli oneri accessori e la CMS.

Al punto b) della pronuncia de quo, nel disporre la CTU, questi ha così disposto: “accertare, sulla base dei DM in atti, se al momento della pattuizione degli interessi o dell’esercizio dello ius variandi, sia stato superato il tasso soglia di cui alla legge n.108/96, tenendo conto, ai fini della determinazione del tasso di interesse usurari di tutti gli oneri connessi al rapporto bancario, compresa la commissione di massimo scoperto ed eventualmente applicando la sanzione di cui all’art. 1815, II comma, cc”.

Il ruolo della CTU ai fini della decisione conclusiva

Ben si comprende la portata della CTU disposta dal giudice in questa come in altre vertenze in materia di verifica e computo dell’usura bancaria commessa ai danni dei risparmiatori.

Non sono più al centro del dibattito tutte le questioni relative alle interpretazioni normative che hanno caratterizzato la giurisprudenza fino a qualche anno fa. Siamo molto avanti.

Una volta accertata l’applicazione di usura bancaria, quindi, superata la questione sull’an debeatur, resta solo, dunque, da verificare il quantum debeatur.

Grazie all’ausilio di perizie econometriche ben fatte, i risparmiatori possono suffragare le proprie tesi e comprovare la giustizia e la bontà delle loro pretese anche in ordine al quantum.

Per mezzo di una corretta formula da utilizzare, che tenga conto di tutti gli elementi da includere -appunto secondo giurisprudenza e Cassazione maggioritarie- nel calcolo dell’usura bancaria, è oggi possibile dimostrare le proprie pretese.

In questa, come in altre analoghe vertenze, è dunque sufficiente formulare precisi calcoli.

I diritti dei risparmiatori godono di tutele un tempo neppure immaginabili.

Non resta per loro che farne tesoro ed affidarsi a professionisti esperti e qualificati.

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