La crisi che unisce?
Ernesto Ghigna 12 marzo 2020 2 Minutes
Come tutte le crisi più profonde, anche quella dovuta al Covid-19 lascerà un segno profondo. E’ vero come è stato scritto che toccherà la generazione che forse è stata più fortunata nella storia o una delle più fortunate: ben nutrite, ben vestire, tutto sommato benestanti, più preoccupata di non potersi recare all’aperitivo o in palestra e incredula di fronte al fatto che un gesto godereccio e banale possa rappresentare un rischio per la vita di qualcuno. O forse infastidita proprio da questo. Stiamo parlando di una generazione che di rinunce vere ne ha dovute fare ben poche. Questa assenza di pericoli imminenti nella nostra vita ci ha reso probabilmente un po’ troppo egoisti. Non sappiamo cosa sia l’imminenza della morte: ne leggiamo due righe in un post su Facebook o sul giornale, ma tutto sommato si tratta sempre di avvenimenti che non ci toccano da vicino. In qualche modo sembrano fumetti che di concreto hanno ben poco. Ci appassioniamo per il delitto di paese e guardiamo i talk show che ne fanno uno spettacolo per tutti i palati, ma rimangono realtà di celluloide, per usare un'espressione anacronistica.
Questa nuova pandemia (l’OMS ha deciso finalmente di chiamarla in questo modo), era già stata preannunciata da Anthony Fauci, direttore del National Institute of Allergy and Infectious Diseases statunitense, già a metà gennaio, in corrispondenza dell’outbreak a Wuhan. Ci sarebbe da chiedersi perché il mondo ha dormito fino ad ora, ma non è questo il punto.
Al di là delle comprensibili chiusure delle frontiere e di atteggiamenti che possono sembrare protezionistici, ma che invece sono legati ad un obiettivo di limitare l’espansione del contagio all’interno dei singoli Stati, quello che resterà, alla fine di questa guerra, perché di guerra si tratta, è che il mondo globalizzato lotta per la prima volta contro un nemico comune. Durante l’epidemia di spagnola del 1918-1920 c’era un’altra guerra. Oggi c’è la polveriera del medio oriente, ma nessun nemico è così visibile, nella sua invisibilità. Il nuovo coronavirus rappresenta una minaccia per tutta l’umanità, pur non avendo il potenziale per minacciarne la sopravvivenza.
Ora l’Europa si trova di fronte ad una grande possibilità: affrontare per una volta un nemico comune con un’unione di risorse, competenze ed energie senza precedenti. La società sarà intaccata in modo importante da questa nuova guerra. Gli equilibri militari dovranno essere ribilanciati, dato che il prossimo nemico potrebbe essere apolide, ma molto più minaccioso della più grande potenza bellica di oggi. La sanità dovrà essere ricostruita. Spero e mi auguro che l’Unione Europea sappia cogliere questo segnale, che come tutte le gravi crisi potrebbe rappresentare uno step ahead nell’evoluzione della società. In barba alla Brexit.
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4 anniHai ragione Ernesto