La "disintermediazione": siamo un popolo di gitani

La "disintermediazione": siamo un popolo di gitani

Le aziende parlano di "tradizione", "storia", "valori" ma i consumatori cercano fiducia, riconoscimento e coinvolgimento. Gli stimoli sono continui e la voglia di condividerli è tanta. Oggi si dialoga in modo diretto, senza intermediari: la signora Maria può "cinguettare" allegramente su twitter con il presidente del consiglio, con la sua parrucchiera e (ahimè!) anche con il “tronista” di turno!

La parola d’ordine è la “disintermediazione”, tra le aziende e i consumatori, qualsiasi sia lo scenario nel quale ci troviamo. La disintermediazione ha acquisito un nuovo significato con l'avvento del mercato virtuale. Amazon ed E-bay, ad esempio, hanno creato delle piattaforme ad hoc per mettere in contatto acquirente e venditori in modo diretto, eliminando completamente gli altri attori “intermediari”. Le trasformazioni nel campo degli acquisti e dei consumi, come la consegna diretta di beni e/o servizi, hanno generato molte realtà virtuali (spesso più solide di alcune realtà tradizionali), che hanno fatto della disintermediazione l’essenza del loro successo.

Da Spotify a Tripadvisor, dal car shering alla home banking. Non da ultimo, il declino dell’editoria "classica" e favore dell’ascesa dei blog, a prescindere dalla legittimità della fonte di informazione (che invece nel giornalismo della "carta stampata" rappresentava un fattore imprescindibile di cui tener conto). Il “Citizen jounalism” sovverte il modello classico di produzione delle notizia e lo spettatore di un evento, presente sul posto prima del giornalista inviato dalla redazione, assume immediatamente la sua veste e la sua (potenziale) autorevolezza.

Cadono muri e barriere, il cambiamento e la mobilità diventano la regola, mentre la stabilità (sinonimo appunto di “tradizione”, “storia”, “valori”) è un’eccezione. Se consideriamo anche l’’impennata della digitalizzazione che, soprattutto nella generazione over 50, ha favorito la fruizione delle informazioni attraverso fonti diverse, capiamo quanto questo fenomeno possa essere trasversale.

Succede dunque che i consumatori siano sempre più gitani ed anche nel retail scelgano di volta in volta il canale on-line o off-line più adatto alle proprie esigenze. I due canali sono assolutamente complementari, non più concorrenti: l’on-line addirittura è diventato una sorta di format inderogabile anche per la distribuzione tradizionale.

La fruizione dell’on-line non appiattisce la fedeltà del consumatore. I risultati recenti dell’Amazon Prime Day confermerebbero infatti la fedeltà al brand anche per categorie merceologiche ”banali”, che in passato venivano approcciate solo tramite il canale tradizionale (non è un caso se in vetta alla classifica dei prodotti più venduti in Italia, in occasione dell’Amazon Prime Day, ci sia la Nutella!).

A quanti obiettano che l’on-line disincentivi la "mobilità" per lo shopping, gli chiederei se davvero non si siano mai recati in un negozio di calzature solo per provare le loro scarpe dei desideri, da acquistare appena tornati a casa su internet, magari ad un prezzo più conveniente.

Ed ecco che mentre ascolto i Baustelle su Spotify, affidando le ultime riflessioni sulla disintermediazione al mio pc Dell (acquistato in piena autonomia e disintermediazione!), mi tornano alla mente i vasetti di Nutella, top choice dell'Amazon Prime Day, e decido di andare subito al supermercato per dar libero sfogo alla mia voglia di dolcezza. Spengo il pc, continuerò ad ascoltare i Baustelle in macchina, scegliendo tra i miei CDs, beni tangibili degni di culto!

Dunque spazio alla creatività, alla velocità di reazione, all’innovazione, sia nell’online che nell’off-line: saremo anche gitani ma con dei punti fermi, che possono fare il successo del retailer!

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