La follia della normalità
Disturbi mentali, psicosi, nevrosi, follia, tante sfaccettature, tante facce di una medaglia dai mille colori.
Non parlerò di medicina, perché non ne ho le competenze, non parlerò delle diverse forme di disturbo e, devo dire la verità, in realtà non amo neanche la parola disturbo.
Nella mia esperienza di volontariato e nella mia esperienza di vita mi sono imbattuto spesso in persone che presentavano queste particolarità e, lungi da me sminuire problematiche e disagi connessi, ho sempre cercato di capire cosa ci fosse dietro la patologia.
Al di là delle frasi fatte, devo confessare ancora una volta, che non mi sono trovato a disagio bensì mi sono sentito “meno”. Un ragazzo sapeva a memoria tutto ciò che sentiva durante una giornata, potevano essere televendite, programmi televisivi o radiofonici, quiz (sapeva domanda e risposta), telefilm, telegiornali ecc.. Una bambina mi ha fatto ridere di gusto per due ore intere con la sua originalità, il suo modo di affrontare ogni giorno, la sua prospettiva “diversa” e “originale”.
E poi tanti altri spunti, tante altre storie, che non basterebbe un libro per descriverle.
Sì, torniamo sempre allo stesso punto, io uso la parola “diversità” in senso totalmente positivo, io amo i diversi perché anche io sono un diverso, ingabbiato in un mondo assolutamente piatto e omologato a standard (definiti da chi poi?).
Quando trovo un bambino e un ragazzo con quella vena di originalità e creatività mi accendo, lo percepisco come fratello, non sai mai cosa puoi aspettarti, non sai mai cosa uscirà dalla sua bocca o che gesto compirà, la noia non esiste, l’imprevedibilità è all’ordine del giorno. La creatività fa paura, la diversità atterrisce, sono tutti lì, con il loro orticello, fanno le stesse cose tutti i giorni, riempiono le loro giornate per non guardarsi dentro e per ammutolire i loro istinti creativi. Ti francobollano come pazzo se vai anche un attimo fuori dagli schemi, figurati se presenti una psicosi.
Se leggete qualche articolo del mio blog o se leggerete il mio libro presto in uscita, mi potrete etichettare tranquillamente come folle, perché credo in un mondo che non esiste se non in una piccolissima parte della nostra società. Siamo folli noi che pensiamo di poter cambiare il mondo con le nostre parole, totalmente pazzo è chi vuole cambiare la consuetudine, vuole piantare qualcosa di diverso nella banalità dell’orticello di sempre, chi suggerisce interpretazioni diverse ad un concetto che si credeva consolidato.
I matti hanno tante capacità diverse, alcune i normali se le sognano. Sì, ho scritto matti, ma potevo scrivere pazzi, folli o tutti i sinonimi della Treccani, perché io vedo tutto ciò sempre in accezione positiva, la mia creatività si accende, subisce degli stimoli che non potrebbe mai avere nella vita di tutti i giorni, ingabbiata da routine e convenzioni.
Vincent van Gogh fu rinchiuso in un manicomio, ma ci ha regalato tele stupende. Ha deciso di farla finita con un colpo di pistola al petto, in piena campagna, mentre dipingeva, la normalità proprio non gli apparteneva. E che dire di Virginia Woolf, scrittrice originale e controversa, che ancora oggi ricordiamo per le sue parole ma anche per essersi lasciata annegare nel fiume Ouse.
Abbiamo svariati esempi di persone altamente creative che hanno dovuto pagare un caro prezzo alla loro originalità. Nella vita di tutti i giorni, il caro prezzo è l’essere additati come diversi, l’essere emarginati, derisi, insultati. Lo so, è difficile non soffrirne, sia come parenti che come diretti interessati, ma dietro a questi atteggiamenti c’è la paura per qualcosa che non si conosce, che può sconvolgere il solito orticello, che può sconquassare la propria vita, che può aprire la propria mente e che può risvegliare la creatività calpestata da tempo.
Chi dice cosa sia la follia e quali colori ha? Chi è folle e come lo stabiliamo? E poi è così tanto importante stabilirlo? Non sarebbe meglio rispettarci così come siamo senza dover per forza cambiare qualcosa?
P.s. Nessuno vuole sminuire patologie importanti e disagi ad esse connesse. Si tratta di un diverso punto di vista, senza la presunzione che sia quello giusto.