La noia del fashion marketing (?!)

La noia del fashion marketing (?!)

La versione originale è su Substack

Prima della sigla: giovedì, al termine di una presentazione, si ragionava con un cliente del fatto che i brand fashion abbiano continuamente bisogno di creare racconto e stimolare interesse da parte del pubblico. Ecco, ho pensato, ho l’assist giusto per la newsletter.

Anche perchè settimane prima avevo salvato quest’articolo di The Drum: “Has fashion marketing become boring?”

Ragionerò su alcuni passaggi, lasciando altri sullo sfondo, sia perchè collaterali al mioragionamento sia perchè li condivido meno: consiglio comunque di sfogliarlo. Partiamo.

Fashion marketing has long been a playground for the avant-garde, but increasingly, a sense of monotony has settled in, leaving creativity to take a backseat to the comfort of the familiar.

Toccandola piano poi in direzione del luxury:

Luxury brand campaigns are now more likely to look like paparazzi shots straight from the pages of a gossip site or glossy magazine

Nell’articolo si citano esempi come Gucci, LV, Bottega Veneta.

Riflessione #1: cosa deve essere il fashion marketing? Colpi di scena e avanguardia, sempre? Sarebbe bello ma le aspettative sono secondo me alte, a volte un pò troppo. Se dobbiamo fare sempre fuochi d’artificio per creare awareness, può essere creativamente complicato ed economicamente impegnativo. Non tutt* sono Temu (ne parlavo qualche settimana fa) con linee di credito a +12 di zeri. Non tutti i brand hanno banalmente potenziale creativo per “stupire”, qualsiasi cosa voglia dire stupire. Riflessione #2: quindi il fashion marketing pensa solo all’awareness? Nope e non lo dico io, basta chiedere a qualunque marketing manager del settore. Il funnel esiste per tutt* e, ad un certo punto, c’è l’esigenza di contare anche le vendite. Ma l’awareness (anche per quanto scritto sopra) ha tanti riflettori puntati addosso ed è necessario, forse perchè il fashion ha aspettative (culturali? economiche per sopravvivere?) molto alte in questo senso. Molti altri settori no o molto meno.

Torniamo all’articolo:

After the excitement around Calvin Klein’s latest campaign starring actor Jeremy Allen White, some people questioned if the ‘big idea’ was missing, while others wondered if it even mattered at all. Brands are playing it very safe 99% of the time and even the ones that are pushing boundaries, like Calvin Klein – it’s stuff they’ve done before,”

(Credo abbiamo presente di che spot si parli, con relative parodie) Riflessione #3: essere safe nel 99% dei casi. Qui riprendo una vignetta di Marketoonist:

Non prendersi rischi AND non essere boring: interessante abbinamento. Come si risolve l’equazione? Spesso (e comprensibilmente) si sceglie un pò di prevedibile noia per non far danni. Altre volte osando sulla tecnologia o il trend del momento (Web3, metaversi, AR/VR): torniamo ai discorsi di sopra. Però è certo che, tolta una fascia di brand “pionieri”, molti altri (la maggioranza?) non può o non vuole lanciarsi in queste sfide. O, più serenamente, non si sente in dovere di farlo.

Il finale dell’articolo, un pò sbrigativamente, passa sul tema AI (impossibile non citarlo) come possibilità di innovazione anti boring: vero, verissimo ma, se il problema è la noia, ci ricadremo in maniera fisiologica.

Domanda aperta come happy (?!) ending: quante di queste riflessioni possiamo portare su “tutto” il marketing? Riformulando: ““Has marketing become boring?” Risposta mia veloce: un pò lo è sempre stato ed è ok così. Magari ne riparliamo.

Altri link

A presto,

Nicola


Carlo Ascione

Founder & Chief Digital Officer presso Funnel Media

11 mesi

Il fashion marketing è un pendolo che oscilla tra la noia e l’influencer

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