La (non) tutela dei consumatori in periodo emergenza coronavirus

La (non) tutela dei consumatori in periodo emergenza coronavirus

A fronte dei provvedimenti adottati in questo periodo di emergenza, ci si chiede quale tutela abbiano i consumatori e in particolare se sia stata prevista una tutela specifica con riferimento a tutti gli eventi e pacchetti turistici annullati a causa delle misure adottate per il contenimento del contagio Covid-19, che hanno prima limitato e poi vietato gli spostamenti nonché ogni occasione di assembramento.

Per le ipotesi che ci occupano di impossibilità sopravvenuta di realizzazione della prestazione, si può certamente fare riferimento all'art. 1463 del codice civile, rubricato “Impossibilità totale”, il quale prevede che «nei contratti con prestazioni corrispettive, la parte liberata per la sopravvenuta impossibilità della prestazione dovuta non può chiedere la controprestazione, e deve restituire quella che abbia già ricevuta, secondo le norme relative alla ripetizione dell’indebito».

Come tutela specifica, per quanto concerne i pacchetti turistici, il D.Lgs. 79/2011, c.d. Codice del Turismo, art. 41 “Diritto di recesso prima dell'inizio del pacchetto”, prevede che in caso di «circostanze inevitabili e straordinarie […] che hanno un’incidenza sostanziale sull'esecuzione del pacchetto o sul trasporto dei passeggeri verso la destinazione, il viaggiatore ha diritto di recedere dal contratto, prima dell’inizio del pacchetto, senza corrispondere spese di recesso, ed al rimborso integrale dei pagamenti effettuati per il pacchetto»; allo stesso modo «l’organizzatore può recedere dal contratto di pacchetto turistico e offrire al viaggiatore il rimborso integrale dei pagamenti effettuati per il pacchetto se […] non è in grado di eseguire il contratto a causa di circostanze inevitabili e straordinarie».

Pertanto, sia il codice civile sia il Codice del Turismo prevedono, a fronte dell’impossibilità sopravvenuta della prestazione, il rimborso totale di quanto già pagato.

Tuttavia, tale forma di tutela, chiara e satisfattiva, non ha trovato conferma nei provvedimenti adottati durante l’emergenza sanitaria in corso, che invece hanno derogato alla disciplina generale prevedendo una disciplina ad hoc.

Già il D.L. n. 9 del 02.03.2020, art. 28, “Rimborso titoli di viaggio e pacchetti turistici”, ha disposto, sempre con riguardo ai pacchetti turistici, la possibilità di esercitare il diritto di recesso per motivi conseguenti alle misure adottate per il contenimento della diffusione Covid-19. Per tale ipotesi, la norma prevede che l’organizzatore abbia tre opzioni a sua disposizione:

1.    offrire al viaggiatore un pacchetto sostitutivo di qualità equivalente o superiore,

2.    procedere al rimborso nei termini previsti dal sopra citato art. 41 del Codice del Turismo,

3.    emettere un voucher, da utilizzare entro un anno dall'emissione, di importo pari al rimborso.

Significativamente si è lasciata la decisione in mano all'organizzatore, con conseguente diminuzione della tutela del consumatore che nulla sembrerebbe poter obiettare a fronte di quanto gli venisse offerto. Ed infatti, dopo la pubblicazione di tale decreto la quasi totalità degli organizzatori ha optato per l’emissione di voucher, senza possibilità concreta per il consumatore di replicare a tale decisione e richiedere il rimborso monetario integrale di quanto corrisposto.

Si evidenzia come una tale soluzione crei la paradossale situazione per cui un soggetto privato, per di più un consumatore, viene di fatto obbligato a sostenere economicamente un altro soggetto privato, l’organizzatore. Infatti, la disponibilità liquida di quanto corrisposto resta a quest’ultimo, mentre il primo viene “rimborsato” con un voucher che è costretto ad utilizzare per altra prestazione (alla quale potrebbe anche non essere più interessato) e per di più entro un periodo di tempo limitato.

Da ultimo, ai sensi del D.L. 17 marzo 2020, n. 18, art. 88, “Rimborso dei contratti di soggiorno e risoluzione dei contratti di acquisto di biglietti per spettacoli, musei e altri luoghi della cultura”, la disposizione di cui sopra è stata estesa anche ai contratti di soggiorno per i quali si sia verificata l’impossibilità sopravvenuta della prestazione a seguito dei provvedimenti adottati successivamente all'entrata in vigore del precedente decreto. Nonostante si richiami poi espressamente l’art. 1463 c.c. e la sopravvenuta impossibilità della prestazione, la disciplina che poi viene prevista è ben diversa da quella codicistica. Infatti, per i contratti di acquisto di titoli di accesso per spettacoli di qualsiasi natura, ivi inclusi quelli cinematografici e teatrali, e di biglietti di ingresso ai musei e agli altri luoghi della cultura, si riconosce soltanto il diritto ad ottenere un voucher di pari importo al titolo di acquisto da utilizzare entro un anno dall'emissione, ponendo inoltre in capo al consumatore l’onere di presentare al venditore l’istanza di rimborso entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore dello stesso decreto.

Non soltanto tale onere risulta difficile da adempiere in un momento come quello attuale in cui l’accesso alle poste per l’invio di una raccomandata è fortemente limitato (considerato che la maggior parte dei consumatori non è dotata di PEC), ma si dà un termine perentorio di 30 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto che mal si coordina con quello di 60 giorni previsto per la conversione in legge del decreto: cosa accadrà se tale disposizione non venisse convertita o venisse convertita prevedendo una diversa modalità di rimborso?

Anche in questa materia il sovrapporsi di molteplici provvedimenti e di discipline diverse ha creato un’innegabile confusione e ha portato alla paradossale conseguenza di un indebolimento della tutela per i consumatori. Il richiamo all'art. 1463 c.c. o alla citata norma del Codice del Turismo avrebbero senz'altro fornito una tutela piena ed effettiva, senza alcuna necessità di prevedere una disciplina ad hoc.

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