La Notte del Lavoro Narrato 2019
"Quando ero bambino...", ah quanto mi piacciono i racconti che iniziano così! E Silverio ha iniziato proprio così a parlarci di lavoro e del legame che esiste tra le figurine dei calciatori e i passaggi di stato che attraversiamo nella nostra vita lavorativa. I racconti sono ciò che siamo, come dice Vincenzo Moretti quando spiega perché sia importante parlare di lavoro e in che modo la parola "lavoro" si leghi all'aggettivo "narrato". Dunque noi siamo le nostre storie, le scelte che abbiamo fatto e quelle che non abbiamo fatto. Le storie sono le mappe che ci hanno condotto nel luogo in cui siamo e in questo il lavoro ci chiede spesso di riadattarci, di cambiare contesti oppure di convivere nello stesso contesto ma con lo sforzo di modificare il nostro pensiero per poterci migliorare e adattare al nuovo. Per la notte del #lavoronarrato il 30 Aprile abbiamo messo sul tavolo parole guida segnate su post-it, parole che sono state come punti su una cartina. Alcune parole le abbiamo scelte, ne abbiamo scritte di nuove mentre altre le abbiamo lasciate lì sul tavolo a fare da sottofondo. Abbiamo tracciato, a partire dalle parole, un racconto che parte dall'intreccio tra ricordi del passato e pensieri sul presente. Appartenenza, dignità, identità, curiosità, onestà intellettuale: da qui si è compiuto il tragitto e la storia nata è poi riuscita a camminare sulle sue gambe senza appigli e a diventare un fiume in piena.
Al termine del nostro incontro avrei voluto tirare una linea sotto i miei appunti come si fa per calcolare il totale. Volevo tirare le somme con una frase che racchiudesse il senso di tutte le cose che ci siamo detti. Non sono riuscita a calcolare quel totale con una sola frase perché i racconti di lavoro sono sempre aperti, privi di un finale già scritto a meno che tu non voglia concluderli e considerarli terminati. Ma il lavoro non è una storia fatta e finita della quale puoi dire "ok, ho finito di leggere il libro". Dal lavoro, se hai sufficiente onestà intellettuale, impari qualcosa di nuovo a una frequenza spaventosa: impari dai colleghi, impari da te stesso, impari da chi è fuori. Sul lavoro non puoi mai considerarti un libro concluso o il miglior romanzo mai scritto. Le frasi hanno i puntini di sospensione, i risultati possibili sono infiniti, le persone cambiano e tu con loro, gli errori ti si accovacciano sulla spalla e devi imparare in fretta ad accettarli. Dunque narrare il lavoro non vuol dire scrivere un racconto concluso ma lasciarlo senza punto finale, trovare una storia da scrivere, iniziare da una nuova pagina bianca.
La frase che ha concluso la nostra notte è stata un semplice "beh, ci vediamo dopodomani". Frase quotidiana, ordinaria, tipica di chi condivide un lungo tragitto insieme ogni giorno.
Ma cos'è in fondo il lavoro se non lo sforzo di costruire qualcosa insieme ogni giorno? Il senso allora è questo: vivere pienamente una ciclicità che fa parte di noi, senza rendercene schiavi o sopraffatti, senza esserne schiacciati o vinti. Nella sua complessità il lavoro è un'equazione da risolvere, il nodo da sciogliere, il fiato da rompere, l'equilibrio tra vita privata e professionale, il gioco dei ruoli, le relazioni umane. Ma, se le sommi, tutte queste cose sono la tua stessa vita e la vita la scrivi camminando. Puoi solo dirle "buonanotte, a domani", ricaricare la penna e partire dal nuovo capoverso andando accapo.
Grazie a Mimma, Angelica, Vito e Silverio. Grazie a Vincenzo Moretti.
Laura Ressa
Ecco qualche immagine della nostra Notte del Lavoro Narrato 2019