La nuova via della seta e il rilancio della Cina a livello globale
Nel 2017 il PIL cinese ha di fatto registrato un incremento significativo che conferma un certo dinamismo del Paese. La seconda maggiore economia mondiale si è sviluppata a ritmi costanti negli ultimi tre mesi del 2017, portando la crescita complessiva dell’anno al 6,9 per cento, in rialzo rispetto al 6,7 per cento del 2016. I dati sono stati diffusi dall’Ufficio nazionale di statistica cinese. Si tratta della prima accelerazione del tasso di aumento del PIL dal 2010.
Tra le innumerevoli iniziative promosse dal governo di Pechino e volte a incentivare lo sviluppo economico e la governance globale, annoveriamo il XIII Piano Quinquennale sottoscritto dal governo cinese nel 2016 e la cosiddetta “Belt and Road Initiative” introdotta nel 2013 e che ad oggi rappresenta uno degli assi portanti della diplomazia economica cinese.
La Belt and Road Initiative, come suggerisce il nome stesso, collega la Cina al resto del mondo, attraverso un programma infrastrutturale articolato che punta a migliorare la connettività e ad incentivare la collaborazione tra la Cina e 70 Paesi, creando così uno spazio economico eurasiatico integrato, localizzato in un’area che rappresenta un terzo del Pil mondiale, che racchiude almeno il 70 per cento della popolazione e possiede oltre il 75 per cento delle riserve energetiche globali.
Mediante sei corridoi di trasporto, via terra e via mare, la Belt and Road Initiative (BRI) consente al Paese di diversificare le rotte commerciali e intensificare le relazioni già esistenti con l’Unione Europea.
Tale iniziativa, per cui sono in programma ulteriori investimenti pari a 130 miliardi di dollari all'anno fino al 2022, rappresenta un’opportunità anche per le aziende italiane, non solo per gli investimenti previsti ma anche per gli effetti che avrà sull'economia dei Paesi coinvolti. Difatti, le nostre imprese di costruzione sono presenti in 40 dei 70 Paesi BRI, con contratti per un valore complessivo di oltre 36,6 miliardi di euro, pari al 40 per cento del totale delle commesse in corso (90,8 miliardi) aggiudicate dalle imprese edili italiane nel mondo. Questi dati sono stati resi pubblici ad aprile 2018 dalla Farnesina, in una lunga e articolata relazione dal titolo “La Belt and Road Initiative avvicina Pechino all'Europa”.
A ciò bisogna aggiungere che la Cina rappresenta il nono mercato per le esportazioni di prodotti Made in Italy, che nel 2016 hanno sfiorato gli 11,1 miliardi di euro e che dovrebbero registrare un ulteriore incremento di 296,8 milioni di euro entro il 2020. L’Italia è il quinto partner commerciale di Pechino, nonché uno dei principali destinatari degli investimenti cinesi all'estero.
Considerato il richiamo dei prodotti italiani nel mondo e il fatto che più del 20 per cento della popolazione cinese è interessata al consumo di alimenti di qualità e di importazione, l’agroalimentare è uno dei settori dell’economia italiana che dovrebbe beneficiare maggiormente del progetto BRI.
La crescente domanda di alimenti sicuri da parte della popolazione cinese è uno stimolo all'importazione di prodotti finiti e allo sviluppo in loco di tecniche di conservazione di alimenti freschi.
La Cina vuole rilanciare il settore agricolo
Il rilancio del settore agricolo nazionale è diventato così una priorità del governo di Pechino, a causa della forte pressione demografica che rende inevitabile la ricerca di un modo per aumentare la produttività del comparto primario.
Del resto, la Cina si ritrova a dover sfamare circa un quinto della popolazione mondiale, avendo però a disposizione appena il 7 per cento dei terreni coltivabili. Perciò, il problema di approvvigionamento di derrate agricole non ha mai trovato alcuna soluzione appropriata.
Il sistema attuale è estremamente inefficiente: fattorie e aziende agricole sono state mantenute in piedi mediante i sussidi, e la scelta del governo di elargire risorse ha consolidato una serie di distorsioni di mercato, come la scarsa meccanizzazione, sistemi di irrigazione inefficaci, prezzi troppo elevati, oramai difficili da eliminare.
Il presidente cinese Xi Jinping ha deciso di intraprendere la strada della rivoluzione agricola, per cercare di colmare il deficit di produzione del paese. Tuttavia, consapevole di non disporre delle tecnologie e delle capacità necessarie per portare a termine questo ambizioso piano, ha deciso di spalancare le porte agli investimenti esteri.
L’ultimo piano quinquennale sull’economia rurale (2016-2020) parla chiaro. La Cina ha bisogno di rilanciare la cooperazione con il resto del mondo per raggiungere tre obiettivi: creare delle multinazionali agricole in grado di soddisfare la domanda interna di generi alimentari; controllare meglio i flussi di importazioni ed esportazioni per evitare una sovraesposizione dell’economia cinese; potenziare le filiere in cui la Repubblica popolare è già forte, come quelle delle colture orticole e dei prodotti da acquacoltura, per aumentare le esportazioni verso l’estero. Attualmente, il governo di Pechino ha dato il via libera agli investimenti in allevamenti di bestiame e pollame, prodotti da acquacoltura, macchinari agricoli e prodotti eco-sostenibili.
L’incentivo al settore agroalimentare è stato uno dei punti focali dell’incontro tra il Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Enzo Moavero Milanesi e il suo omologo cinese, Wang Yi, in occasione della IX Riunione del Comitato Congiunto Italia-Cina svoltosi alla Farnesina il 25 gennaio 2019.
I due ministri si sono confrontati su diversi temi, tra i quali l’importanza strategica delle relazioni bilaterali e i rapporti tra la Cina e il resto dell’Europa, nonché di altre questioni regionali e internazionali di comune interesse. Entrambi hanno espresso vivo compiacimento per il Partenariato Strategico Globale e hanno ribadito la volontà di svilupparlo ulteriormente, al fine di conseguire gli obiettivi previsti dal “Piano di Azione per il Rafforzamento della Cooperazione economica, commerciale, culturale e scientifico tecnologica tra Italia e Cina 2017-2020.
D’altro canto una partnership tra Italia e Cina appare quasi come una strada obbligata, in quanto entrambi possono vantare forti e consolidate tradizioni alimentari. E questo rinnovato dialogo con il nostro Paese non giunge a caso. Con il XIII Piano Quinquennale e con la realizzazione della Belt and Road Initiative, Pechino ha spostato gradualmente il proprio baricentro dall’export ai consumi interni, ponendo in primo piano aspetti come la sostenibilità ambientale e la tutela del consumatore.