LA PINETA SECOLARE DI FREGENE (Fiumicino-Fregene)
"Appena che scoppiava una tempesta,
un Pino in riva ar mare
abbassava la cresta.
Una Quercia je disse: — A quanto pare,
voi pure v’inchinate
secondo le ventate…
— Sì, — je rispose er Pino —
quello che dite è esatto:
ma nun capisco mai, quanno m’inchino,
se me piego davero o se m’adatto".
(Trilussa)
Mesi fa svolsi una ricerca sull'avifauna che annovera specie di rilevantissimo interesse conservazionistico tra le quali la maggiore emergenza appare essere legata alla Ghiandaia marina (Coracias garrulus Linnaeus 1758), presente lungo tutta la fascia di pineta litoranea con una popolazione di rilievo nazionale.
La sua relazione con le pinete vetuste è essenziale.
La ghiandaia marina è un' “utilizzatrice secondaria”, sta a significare che sceglie cavità nido create dal picchio su tronchi che successivamente abbandona, a loro volta però, i picchi necessitano di alberi vecchi, maturi su cui scavare le tane prediligendo esemplari annosi e vetusti.
Questo è solo un aspetto di una lunga catena dove la biodiversità si manifesta nella sua complessità e interezza dentro formazioni arboree secolari.
La mia curiosità non si è accontentata.
Ci sono luoghi, vicino Roma, gioielli d' inestimabile valore, siti in cui esistono alberi che hanno la capacità di portare avanti il ciclo naturale ben oltre le credenze popolari, dentro i quali alberga l'incredibile biodiversità meritevole di essere protetta e custodita.
Quanto può vivere un domestico (Pinus pinea L)?
Da un approfondimento del Professor Franco Tassi sulle Pinete d'Italia emerge che:
"Tra i pretesti più assurdi spicca la dottrina secondo cui il Pino domestico non può vivere oltre il secolo: allora meglio eliminarlo prima, consentendo così il “ringiovanimento” del
bosco! Un assioma smentito da ogni seria indagine.
Le ricerche dell’Università della Tuscia hanno dimostrato invece che nella Pineta di Fregene esistono Pini domestici di oltre 170 anni in ottima salute! E il Gruppo Alberi Sacri ha esibito un quadro ottocentesco della Pineta di Castelfusano, che illustra come si presenterebbero questi alberi, se fossero lasciati in pace: splendidi patriarchi verdi plurisecolari, brulicanti di insetti e uccelli, protagonisti di un paesaggio straordinario.
Un’altra scusa dei tagliatori è che occorre coltivare questi alberi come pioppi da cellulosa, dato che sono stati tutti introdotti dall’uomo in epoca storica recente.
Ma andando a fondo, si scopre una realtà diversa. E’ vero che in molti luoghi le Pinete sono state piantate nei secoli passati come fasce frangivento, fonti di legname e pinoli, da Etruschi e Romani, Papi e Sovrani: ma le analisi dei pollini antichi provano chiaramente che i nostri Pini erano presenti da epoche anteriori. La salvaguardia delle Pinete si impone quindi come priorità nazionale, soprattutto nelle dune fossili e negli ambienti retrodunali, sempre più rari e preziosi, protetti anche da importanti Direttive Europee".
(Pinete d'Italia-Franco Tassi)
La pineta di Fregene risale al 1666, anno in cui papa Clemente IX (Giulio Rospigliosi) ordinò di piantare pini che tutt'oggi la compongono, con lo scopo di far assorbire l'acqua che stagnava in superficie.
La fortuna della pineta è strettamente correlata all'ascesa della piccola cittadina del litorale laziale. Quando infatti, durante il secondo dopoguerra, l'aristocrazia romana elegge Fregene a luogo di villeggiatura e la pineta divenne punto di ritrovo per gli amanti della bicicletta e picnic.
Federico Fellini contribuì alla “fortuna” del bosco secolare e in molti dei suoi capolavori, mostrò le suggestive immagini.
Il 6 agosto 2014, d'altronde, la pineta di Fregene è stata intitolata proprio al maestro de “La dolce vita”.
Nel 2001, venne acquistata dal comune di Fiumicino avviando un progetto di recupero.
A causa della mancata adozione di adeguate misure di sicurezza, la pineta, nel 2009 fu chiusa al pubblico. Solamente nel 2011, dopo i lavori di messa in sicurezza dell'area, tra cui l'abbattimento e la potatura centinaia di pini, 50 lecci, riduzione del piano arbustivo in prossimità delle aree di gioco, la monumentale Pineta è stata riaperta alle passeggiate di turisti e cittadini.
Recenti studi in campo dendroecologico realizzati in collaborazione con l'Università degli studi della Tuscia (DAFNE), hanno rilevato come alcuni esemplari di pino domestico (Pinus pinea L., 1753), campionati in tale pineta, risultino tra più antichi d'Europa raggiungendo i 175 anni di età.
Allego il link i riguardo l' ANALISI DENDROECOLOGICA DELLA PINETA VETUSTA DI FREGENE condotta da Alfredo Di Filippo, Michele Baliva, Marco De Angelis, Gianluca Piovesan da cui emerge l'importanza della pineta per valutare l’età e le dinamiche di crescita della specie:
https://www.aisf.it/2cis-adf-ana/
L’importanza storica ed ecologica del sito è dovuta al fatto di rappresentare un relitto del paesaggio tirrenico precedente alle bonifiche che dalla fine dell’ottocento hanno interessato il litorale romano.
Vorrei aggiungere un dettaglio importante.
Il Pinus pinea per raggiungere tali traguardi vitali ha delle necessità ottimali che, spesso, non vengono garantite per esemplari nati e cresciuti lungo viali accanto a carreggiate asfaltate, dentro parchi, o isolati in mezzo a piazze magari martoriati da eccessive e frequenti potature. Tali fattori portano a diminuire drasticamente l'arco di vita del domestico che, per sua natura, vuole essere circondato da suoi simili in ambienti adeguati sia per altitudine che habitat.
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C'è da dire che i cambiamenti climatici non sono affatto favorevoli portando, anche laddove ci siano potenzialità vegetative record, a diminuirne la potenzialità.
UNA VISIONE PIU' AMPIA
A volte ho grande difficoltà a parlare di un solo albero monumentale, ci sono luoghi che rapiscono e le piante, nel loro insieme, costituiscono una monumentalità più estesa non più separabile. Anche la misura del diametro diventa irrilevante. Gli studi dentrologici della DAFNE danno conferma alla tesi in base alla quale non è la dimensione a rendere un albero antico.
Mi capita di frequentare le pinete perché da sempre fanno parte della mia "casa territoriale", ne sono legata sentimentalmente.
Castelfusano, Castelporziano, Fregene, San Felice Circeo sono solo alcuni esempi, Procoio fino alla sua recentissima e scellerata distruzione, tuttavia nel cerchio più ampio l'intera riserva naturale statale del Litorale Romano, un'area (sulla carta) protetta istituita dal Ministero dell'ambiente con decreto 29 marzo 1996.
Le pinete sono da sempre fonte di ispirazione di poeti, pittori, musicisti e, in accordo con Virgilio, posso inserire il domestico tra gli alberi più belli d'Italia e quello che, a mio parere, forse ci rappresenta egregiamente.
I francesi lo chiamano “l'arbre d'Italie” malgrado non sia endemico come tanti credono.
LE MINACCE ALLE NOSTRE PINETE
A minacciare le nostre pinete congiurano diversi fattori: incendi dolosi, urbanizzazione crescente, parcheggi di veicoli in prossimità delle spiagge all'ombra dei grandi alberi, l'uso dei biocidi e diserbanti, l'emungimento delle falde idriche, i tagli abusivi, eccessivi e spesso legalizzati.
Non ultima la minaccia dell'insidiosa cocciniglia (Matsucoccus feytaudi) che attacca il Pino marittimo (Pinus pinaster ) e la Toumeyella parvicornis un nuovo pericolo per il pino domestico (Pinius pinea).
Quest'ultima in particolare, nota anche come cocciniglia tartaruga del pino, è stata segnalata in Italia per la prima volta nel 2015 sta contribuendo al declino e alla mortalità del pino domestico nei dintorni di Napoli, in Campania, in particolare nelle aree urbane, tuttavia il fenomeno si sta allargando a macchia d'olio.
Toumeyella parvicornis vive esclusivamente a carico delle specie del genere Pinus (Pinaceae) tra cui: P. banksiana; P. contorta; P. echinata; P. elliotti; P. glabra; P. mugo; P. palustris; P. pinea; P. sylvestris; P. taeda; P. virginiana.
È interessante notare come questo insetto non sia mai stato registrato su Pinus pinea fino alla sua introduzione in Italia.
Recentemente ho potuto costatare personalmente danni rilevanti dentro la prestigiosa Castelporziano e lungo la tangente che unisce Via Cristoforo Colombo e Via dei Pescatori (Ostia-Roma), Via della Villa di Plinio. La manutenzione lascia delle perplessità: sono stati tagliati esemplari sani e lasciati in piedi alberi ormai totalmente secchi e devastati dal patogeno.
L'ECOSISTEMA SOFISTICATO
Le pinete costituiscono senz’altro, a livello nazionale e internazionale, i siti più importanti sul piano culturale, paesaggistico, ecologico e naturalistico. Per le loro caratteristiche intrinseche di habitat e per la straordinarietà del trovarsi tra zone protette e umide, ospitano una fauna interessante, non ancora completamente censita.
Un’indagine approfondita compiuta in una pineta integra, “Oasi di San Felice” presso Castiglione della Pescaia, ha permesso di rilevare la presenza di oltre 171 taxon animali (Sforzi et al., 2013).
In particolare in queste pinete sono presenti Invertebrati di enorme interesse, tra i quali meritano di essere menzionati i principali endemismi e alcune eccezionali rarità, legate direttamente al Pinus pinea e al Pinus pinaster, o allo stesso ecosistema litoraneo che comprende l’ambiente dunale e retrodunale, nonché la macchia mediterranea e la parte arborea, inclusi leccio, farnia e sughera.
Di particolare rilievo alcuni coleotteri, con molti endemismi di cui vanno citati almeno i principali, iniziando dalle specie legate ai pini: la più nota e vistosa è il Buprestide Chalcophora detrita (singolare presenza di fauna orientale, la cui origine è ancora oggetto di discussione: potrebbe essere stata importata dagli Etruschi, oppure dalle Repubbliche Marinare, ma non può escludersi un’origine ancora più antica) e Anthaxia maremmana (rarissimo endemismo relitto della Tirrenide, con affinità a entità maghrebine, iberiche e sardo-corse, descritto proprio a Marina di Grosseto e Alberese, e da decenni non più ritrovato)
(Tassi, 1966).
Nella parte litoranea va ricordato lo straordinario Scarabeide Ceratophius rossii (importantissimo endemismo legato all’ambiente retrodunale e alla grande fauna erbivora), mentre nella vegetazione mediterranea si trovano altri due Scarabeidi di notevolissimo interesse, Hoplia maremmana (endemismo solo recentemente scoperto e descritto) e Potosia mirifica [splendido caso di fauna residuale, legata alla foresta vetusta, primo Coleottero di cui sia stato studiato il DNA mitocondriale (Tassi et al., 2004)].
Tra i rettili appare rilevante la presenza di Testudo hermanni, di Hierophis viridiflavus (Biacco) e Elaphe quatuorlineata (Cervone), tutte specie protette ai sensi della Direttiva “Habitat” (92/43/CEE).
Nella pineta litoranea, oltre alla Ghiandaia marina, riutilizzano dette cavità anche l’assiolo (Otus scops), l’upupa (Upupa epops), la cinciallegra (Parus major) e lo storno (Sturnus vulgaris).
I picchi quindi sono specie chiave dell’ecosistema forestale e possono favorire la presenza di specie di elevato interesse conservazionistico.
A loro volta però i picchi necessitano di alberi sufficientemente maturi dove poter scavare il loro nido e quindi sono dipendenti da forme di gestione forestale che favoriscano la presenza di alberi di grandi dimensioni. Il mantenimento degli alberi vetusti è una misura di conservazione importante ed è prescritta anche dal Piano di azione europeo per la conservazione della specie (Kovacs et al., 2008) che sottolinea come l’intensificazione delle pratiche forestali che promuovono la rimozione di alberi vecchi e decadenti non sia idonea per la conservazione della ghiandaia marina (Kovacs et al., 2008).
Altre specie legate ai grandi alberi come il Falco lodolaio (Falco subbuteo) che nidifica sulle chiome dei pini ad altezze molto elevate non è da sottovalutare.
Le chiome di alcune pinete ospitano anche colonie di aironi nidificanti, la “Garzaia delle Marze”per esempio, una specie conosciuta da oltre due secoli (Savi, 1829).
Poi si possono aggiungere l'Airone cenerino (Ardea cinerea), Garzetta (Egretta garzetta), Sgarza ciuffetto (Ardeola ralloides), Airone guardabuoi (Bubulcus ibis).
(Puglisi et. al., 2012).
Tutte le specie di aironi sono protette dalla normativa nazionale e dalla “Direttiva Uccelli” come, ovviamente, i siti in cui si riproducono.
Se i grandi alberi rivestono un ruolo fondamentale per l’avifauna, altrettanto è vero per il sottobosco il cui diradamento e controllo provoca una contrazione dell’abbondanza e della diversità delle comunità di uccelli.
Alcune pinete storiche rischiano di scomparire nei prossimi decenni e con loro la complessa biodiversità a esse legata.
Questi polmoni verdi hanno dentro di se bellezza e vita dove complesse interazioni tra il più piccolo dei coleotteri e il più grande dei falchi esistono grazie a un equilibrio delicatissimo, recentemente troppo minacciato e poco tutelato.
In un'ottava più alta, gli alberi sono solo una piccola percentuale nel sofisticato universo della biodiversità, colpiscono agli occhi perché sono grandi, ma la fetta maggiore è invisibile agli occhi, tuttavia resta protagonista affinché ogni creatura sopravviva e abbia motivo di essere. Il sottosuolo, anche quello più superficiale, è ad oggi ancora sconosciuto e largamente studiato.
La ricerca dei grandi alberi è si importante, tuttavia va accantonata l'idea di separare l'individuo vegetale dal suo ambiente, il cercatore ha il dovere primo di aprire lo sguardo alla complessità del sistema tenendo in tasca la rotella metrica camminando le pinete (non solo) con l'obiettivo di raccontarle senza escludere dettagli, includendo nel cerchio l'universo animale parte integrante e tutti quei fattori fondamentali al fine di promuovere una monumentalità decisamente più interessante.
Susanna Vecchioni.