La post-truth society e il rischio della disinformazione
Il tema delle fake news mi appassiona particolarmente.
A volte sono notizie false con un fondo di plausibilità, e mi è più chiaro perché possano trovare credito, dal momento che a una prima lettura sembrano vere. Altre volte sono palesemente delle bufale. Eppure diventano in breve virali, a beneficio della notorietà e dei ricavi dei siti che le hanno postate. Generano dibattiti, valanghe di tweet e post, litigi via social.
Mi sono sempre chiesta come questo sia possibile.
Una risposta arriva dalla sociologia computazionale che analizza con approccio scientifico, statistico e con i metodi quantitativi della fisica i flussi di conversazioni in rete.
Ho scoperto così che una parte della risposta sta nella polarizzazione dei gruppi, e di conseguenza delle opinioni. Il pregiudizio di conferma ci spinge a cercare in rete ciò che ci aspettiamo di trovare e a condividerlo con il nostro gruppo di appartenenza, quello più vicino alla nostra visione di fondo.
Quindi siamo poco disposti a fare un vero sforzo di ascolto di opinioni differenti. Ascoltare può servire a trovare del vero anche nella posizione degli altri. O a far cambiare idea a chi non la pensa come noi.
Per questo anche programmi radio o TV, blog, siti di approfondimento che denunciano bufale o scorretta informazione non riescono a incidere davvero sull’opinione di chi a queste bufale o notizie preconfezionate vuole credere.
Perché ciascuno resta della sua posizione. Anzi, la rafforza e la estremizza, sentendosi più forte perché intorno a se’ sa di trovare il suo gruppo di appartenenza che fa da cassa di risonanza.
La disintermediazione dell’informazione generata da internet, e spesso anche il venir meno dell’approfondimento dei contenuti da parte di chi scrive come anche di chi legge, rende sempre più difficile distinguere ciò che è vero da ciò che non lo è.
La disinformazione digitale, o Massive Digital Misinformation, è stata indicata dal World Economic Forum come uno dei più gravi rischi globali.
Serve capire meglio e approfondire il fenomeno.
Laura Borlenghi
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