La reputazione del brand nell'epoca della partecipazione. Riflessioni sul ruolo del marketing promozionale.
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La reputazione del brand nell'epoca della partecipazione. Riflessioni sul ruolo del marketing promozionale.

Il marketing fa promesse. Promesse che un'azienda dovrebbe essere in grado di mantenere, per poi poterle rinnovare adattandole ai cambiamenti del contesto in cui l’azienda agisce. Perché promettere è già un'azione, non un’intenzione e il marketing promozionale è da sempre stato la voce di questa responsabilità.

Il lavoro di ogni singola persona, la qualità dei processi, dei servizi o dei prodotti, tutto fa sì che un’azienda possa mantenere quella promessa che fa il marketing. Consumer o Business, il principio non cambia: una promessa è una promessa e va mantenuta. Ma bisogna dimostrare di essere capaci di mantenerla, per far sì che le persone si fidino del nostro brand, della nostra azienda.

Come? Raccontando una storia vera, coinvolgente e personalizzabile, che metta al centro le persone a cui si rivolge, a cui vuol dare un beneficio concreto o la speranza di un mondo migliore. I brand meglio gestiti hanno questa forza, questo obiettivo. E parlano di valori, intesi come idee, soluzioni, servizi e oggetti che hanno un impatto più intenso sulla vita delle persone. Sulla vita privata, quando si parla di B2C; su quella professionale, in ambito business – che poi, almeno un terzo della nostra vita lo passiamo a lavoro e io, personalmente, questa distinzione non la farei così netta.

Oggi il marketing ha cinque P, non più quattro (Prodotto, Prezzo, Posizionamento – inteso come strategia di distribuzione -  e Promozione), perché è fatto da Persone: da quelle che vivono le promesse del marketing e da quelle impegnate a mantenere quelle stesse promesse.  Persone che fanno esperienze e che le condividono. E che, facendo questo, definiscono la reputazione di un brand e dei suoi prodotti.

Esperienze, condivisione, ovvero partecipazione. Questa è l'epoca in cui siamo chiamati a partecipare a storie personali, aziendali, concrete o ideali. Siamo tutti autori o co-autori di storie diverse che ci insegnano qualcosa o ci aiutano a classificare il mondo. Produttori e consumatori allo stesso tempo, prosumer (come direbbero gli americani).

Promuovere un'azienda o un prodotto, oggi, significa raccontare storie che descrivono chi siamo attraverso la voce di chi le sperimenta. Gli strumenti digitali, internet, i social network e quant'altro ci hanno dato la possibilità di far evolvere le coscienze delle aziende (e delle persone che le vivono) con maggior rapidità e trasparenza, senza per questo dimenticare la redditività – ovviamente.

Ma l'evoluzione delle coscienze non è una possibilità, bensì un'esigenza naturale, un passaggio obbligato oggi, forse, solo imposto più rapidamente dalle tecnologie digitali, dal concetto di social nell'era digital. Tecnologie che, per la prima volta, ci chiedono di ritornare ad essere più umani, ovvero più sinceri, più coinvolti, di essere più partecipi (per l'appunto).

Il benessere economico ha invertito le sue priorità, dobbiamo prenderne coscienza. E se un tempo aumentare i profitti era l'unico obiettivo che un'azienda si poneva, oggi la priorità è trarre giovamento dal rapporto con le persone perché è l'unica utilità che può continuare a garantirci un benessere economico sensato, responsabile e socialmente condivisibile.

Il marketing dovrebbe essere il primo elemento aziendale a doversi evolvere in questa direzione, a percorrere e sostenere questo lungo (e non facile) cammino di rinnovamento, per contribuire a una crescita economica più sostenibile (e forse più equa) di tante organizzazioni.

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