La responsabilità del committente per danni ai terzi

La responsabilità del committente per danni ai terzi


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Il Tribunale di Milano, con la recentissima Sentenza n.7153 dell’8/9/2021, ci offre un interessante spunto d’analisi sul tema della responsabilità per danni cagionati al terzo in occasione di un appalto di lavori edili, nel caso di specie per la ristrutturazione di un immobile.

In particolare, l’interrogativo da cui muove la predetta Sentenza è se dei danni arrecati ai terzi in occasione della realizzazione dei lavori debba rispondere esclusivamente l’appaltatore, a cui viene demandata l’esecuzione dell’opera e che quindi assume temporaneamente un potere di fatto sul bene, ovvero se debba comunque ritenersi responsabile il committente, ai sensi dell’Art. 2051 del Codice Civile, in quanto custode del bene.

In altri termini, una volta affidati i lavori all’appaltatore, il committente resta responsabile verso i terzi di eventuali danneggiamenti derivanti dalla cosa, oppure la stipulazione di un contratto di appalto e la consegna del bene al primo fa venire meno il dovere/potere di custodia e vigilanza da parte del proprietario?

Nel dirimere la controversia, il Giudice meneghino fa richiamo al principio enucleato con la (anch’essa recente) Sentenza n.7553 dell’17/3/2021 della Corte di Cassazione, che, in merito al rapporto tra la responsabilità dell’appaltatore e quella del proprietario per i danni derivanti dalla cosa in sé (e non quindi dall’attività dell’appaltatore), ha statuito che “In tema di appalto, la consegna del bene all'appaltatore non fa venir meno il dovere di custodia e di vigilanza gravante sul committente, sicché questi resta responsabile, alla stregua dell'art. 2051 c.c., dei danni cagionati ai terzi dall'esecuzione dell'opera salvo che provi il caso fortuito, quale limite alla detta responsabilità oggettiva, che può coincidere non automaticamente con l'inadempimento degli obblighi contrattualmente assunti nei confronti del committente bensì con una condotta dell'appaltatore imprevedibile e inevitabile nonostante il costante e adeguato controllo (esercitato - se del caso - per il tramite di un direttore dei lavori)”.

Detto principio è stato quindi applicato dal Tribunale di Milano per affermare la responsabilità esclusiva del committente/proprietario dell’immobile, ai sensi dell’Art.2051 del Codice Civile, in relazione agli ingenti danni da allagamento occorsi - nella fattispecie - all’abitazione sottostante, verificatesi a seguito dell’occlusione di un pluviale di scarico a causa della presenza di una bottiglietta di plastica, verosimilmente inserita dagli operai dell’impresa appaltatrice incaricata delle opere di ristrutturazione.

Il Tribunale di Milano, infatti, benché il perito incaricato in sede di accertamento tecnico preventivo avesse rilevato che tale oggetto viene comunemente utilizzato in edilizia dai muratori per evitare la caduta di detriti o macerie nei pluviali, ha ritenuto sussistere la responsabilità del proprietario dell’immobile poiché “la circostanza che una delle condotte di scarico del terrazzo sia stata occlusa da una mezza bottiglia di plastica non può essere qualificato come imprevedibile, là dove vengano commissionati lavori di ristrutturazione, se è vero quanto afferma il CTU, cioè che si tratta di recipiente sovente realizzato e usato nei cantieri”.

Come si vede, quindi, il Tribunale di Milano ha fatto applicazione del principio enucleato con Sentenza n.7553/2021, che individua nel proprietario-committente il soggetto responsabile anche durante l’esecuzione dei lavori dei pregiudizi provocati a terzi dalla cosa, approdo a cui è giunta la Suprema Corte dopo un lungo excursus sugli orientamenti giurisprudenziali che si sono susseguiti in tema di responsabilità di appaltatore e committente per i danni cagionati ai terzi dal bene in sé, e che hanno visto progressivamente ampliare la sfera di responsabilità di quest’ultimo rispetto a quella del primo. Il proprietario, infatti, seppur consegni il bene all’appaltatore per la ristrutturazione/realizzazione dell’opera, ne conserva il possesso e ne può disporre, sia materialmente che giuridicamente (anche impartendo diverse direttive all’impresa, o nominando un D.L.), in altri termini ne mantiene la custodia, qualità che si estrinseca del resto anche tramite il potere/dovere di provvedere alla manutenzione della cosa e di modificarla.

Secondo la Suprema Corte, e così per il Tribunale di Milano, il proprietario-committente non sarà chiamato a rispondere nei confronti del terzo danneggiato in qualità di custode, in forza quindi di una responsabilità di natura oggettiva, solo laddove dimostri il caso fortuito, che ricorre allorquando venga dimostrata una condotta dell'appaltatore imprevedibile e inevitabile, nonostante il costante e adeguato controllo operato dal primo.

In altri termini, il proprietario-committente, per liberarsi da responsabilità, non potrà limitarsi ad allegare un mero inadempimento da parte dell’appaltatore agli obblighi assunti mediante la sottoscrizione del contratto di appalto, in quanto, come ha precisato la Corte, per tale via si verrebbe di fatto a creare una forma di esonero della responsabilità del committente nei confronti del terzo, sulla scorta di un contratto cui quest’ultimo è rimasto del tutto estraneo.

Ebbene, la pronuncia della Corte, a cui ha aderito il Tribunale di Milano, si innesta in un filone giurisprudenziale che ha portato i Giudici di legittimità progressivamente ad ampliare le ipotesi di responsabilità del committente, partendo da un’iniziale impostazione che vedeva la esclusiva responsabilità dell’appaltatore, in quanto soggetto dotato di autonomia organizzativa e di mezzi, che è poi passata attraverso l’affermazione della responsabilità del committente, per culpa in eligendo dell’impresa ovvero per i casi di ingerenza nell’esecuzione dell’opera, in cui l’appaltatore si fosse rivelato un nudus minister, sino all’arresto in esame.

Lungi dal mandare esente da responsabilità l’appaltatore, che in ogni caso potrà essere chiamato dal committente a rispondere dell’inadempimento degli obblighi contrattualmente assunti, nell’arresto della Suprema Corte deve ravvisarsi un chiaro intento di apprestare una maggiore tutela in favore del terzo, il quale, a fronte di una responsabilità in capo al proprietario/custode di natura oggettiva, sarà tenuto ad una prova meno gravosa rispetto all’onere imposto dall’Art. 2043 del Codice Civile per l’accertamento della responsabilità aquiliana dell’impresa, che potrà pur sempre esser fatta valere in ipotesi di danni derivanti dall’attività posta in essere da quest’ultima.

Non solo, la Corte ha incidentalmente rilevato come per tale via venga offerta al danneggiato un’ulteriore garanzia, in quanto, in caso di accertamento della responsabilità del proprietario, il terzo potrà rivalersi sul patrimonio di quest’ultimo, sovente dotato di una più elevata solvibilità rispetto all’appaltatore.

Avv. Gloria Morlini 

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