La Riforma della Legge Fallimentare sancisce il "Concordato di Gruppo"

La Riforma della Legge Fallimentare sancisce il "Concordato di Gruppo"

L'evoluzione del contesto economico e la giurisprudenza in merito, hanno portato ad introdurre nel nostro ordinamento, con il DDL 2681, la disciplina delle crisi e dell'insolvenza di gruppi di imprese, rendendo così necessario normare la tipica complessità gestionale ed organizzativa di un gruppo aziendale.

La Riforma della Legge Fallimentare (DDL 2681) all'Art. 3) "Gruppi di Impresa" introduce il concetto di " disciplina per la crisi e dell'insolvenza dei Gruppi di Imprese". L'argomento è peraltro trattato nell'inserto del 1/11/2017 dal Dott. Michele D'Apolito (di cui ho la fortuna di conoscerne ed apprezzarne la professionalità) evidenziandone i principali aspetto e che si conclude con " ai tecnici il compito di tradurre in un portato normativo armonico tale nobile intento". Proprio in tal senso ritengo lecite alcune riflessioni in merito al portato normativo.

L'esperienza sul campo insegna che le problematiche connesse al concordato di gruppo presentano una serie di articolazioni dove la "definizione di gruppo di imprese modellata sulla nozione di direzione e coordinamento di cui agli articoli 2497 e seguenti nonché di cui all'articolo 2545-septies del codice civile, corredata della presunzione semplice di assoggettamento a direzione e coordinamento in presenza di un rapporto di controllo ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile" richiamata dall'Art. 3) è solo la cosiddetta punta dell'iceberg. Infatti, tale aspetto potrebbe ricondursi agli aspetti di natura aziendalistica e giuridica dei gruppi di imprese ed al conseguente regime di pubblicità degli stessi, ma anche i temi dei finanziamenti infragruppo (Art. 3, punto 1.f del DDL 2681) e delle responsabilità della società capogruppo ex Art. 2497 Cod.Civ. (Art. 3, punto 3.c) rappresentano problematiche concrete che il DDL 2681, intende affrontare e regolamentare.Quello che il DDL non menziona (correttamente) sono le problematiche (che però esistono) di natura fiscale quali il consolidato fiscale e l'IRES di Gruppo o quale la liquidazione Iva di Gruppo. In altri termini, la definizione del concordato di gruppo ed una sua regolamentazione appare necessaria per un adeguamento al mutato contesto economico, ma d'altro canto conduce inevitabilmente a dover regolare e prevedere una serie di dinamiche particolarmente complesse che potrebbero comportare (per gli attenti e scrupolosi organi amministrativi) un vincolo alle attività gestionali ed operative, soprattutto alla luce del principio definito nello stesso DDL per cui resta ferma l'autonomia delle rispettive masse attive e passive. E' opportuno rilevare che, per definizione e per sua natura economica, un gruppo di imprese è composto da un insieme di aziende dove alcune avranno una redditività maggiore rispetto ad altre, alcune genereranno cassa ed altre no, alcune richiedono investimenti di capitali ed altre no (o meno). Questo significa che è intrinseco nel gruppo di imprese che ci sia un trasferimento di attivi da una società ad un'altra. E, credo, che se il curatore, così come previsto dal DDL, potrà, anche nei confronti di imprese non insolventi del gruppo, i) azionare rimedi contro operazioni antecedenti l'accertamento dello stato di insolvenza e dirette a spostare risorse a un'altra impresa del gruppo, in danno dei creditori, ii) esercitare le azioni di responsabilità di cui all'articolo 2497 del codice civile, iii) promuovere la denuncia di gravi irregolarità gestionali nei confronti degli organi di amministrazione delle società del gruppo non assoggettate alla procedura di liquidazione giudiziale, l'operatività del gruppo di imprese dovrà affrontare notevoli vincoli. A titolo esemplificativo, ed ovviamente non esaustivo, si pensi proprio ad una gestione che ricorra al consolidato fiscale o all'iva di gruppo per ottimizzare il carico fiscale o gli impatti finanziari dei versamenti iva: nel concreto è evidente che i risultati di una gestione fiscale comportino, in ultima istanza, uno spostamento di risorse da un'azienda del gruppo ad un'altra (ed con dolo o con colpa che sia) in danno ai creditori. Ed in tema di responsabilità, non resta che fare affidamento al comma 1 del 2497 che si conclude sancendo che "non vi è responsabilità quando il danno risulta mancante alla luce del risultato complessivo dell'attività di direzione e coordinamento ovvero integralmente eliminato anche a seguito di operazioni a ciò dirette". Anche se credo che il risultato complessivo (positivo) di gruppo non sia una motivazione sufficiente per i creditori della società "sana" che si è vista sottrarre risorse. Si pensi ancora al "cash pooling", che (anche questo) per definizione comporta lo spostamento di risorse finanziarie.

Alla luce delle problematiche che il concordato di gruppo comporta, e visto che, secondo il DDL, è "facoltà" di proporre un unico ricorso per le imprese del gruppo", quali possono essere gli incentivi a ricorrere a questa nuova forma che la Riforma intende introdurre?

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