La risonanza del cuore.
Non so se a voi capita di leggere le ultime parole di un libro e provare uno strappo nella testa, la gola si stringe e non resta che liberare un pianto di gioia.
E quando poi davanti a te si apriranno tante strade e non saprai quale prendere, non imboccarne una a caso, ma siediti e aspetta.
Respira con profondità fiduciosa con cui hai respirato il giorno in cui sei venuta al mondo, senza farti distrarre da nulla, aspetta e aspetta.
Stai ferma, in silenzio, e ascolta il tuo cuore.
Quando poi ti parla, alzati e va' dove lui ti porta.
Già conoscevo queste parole, sono forse le parole che identificano e racchiudono il senso totale di questo testo della scrittrice Susanna Tamaro, "Va' dove ti porta il cuore", eppure oggi hanno determinato in me una risonanza nuova, alla luce del cammino che ho intrapreso senza più ritenere importante il giudizio altrui.
Spesso succede che negli anni perdiamo il centro di noi stessi o peggio ci rendiamo conto di non averlo mai compreso fino in fondo: ci guida più il criterio di non trasgredire alle regole e la paura di scandalizzare, piuttosto che prenderci cura della nostra felicità.
Peggio, siamo convinti che la felicità ci viene offerta a piene mani come fosse una sorpresa inaspettata e scegliamo a caso quella via perché il destino ha voluto così.
Poi quando tutto finisce e perdiamo l'oggetto della nostra felicità, precipitiamo in un baratro dove il buio ci assale e dimentichiamo il contatto con il nostro cuore: ci guida l'inerzia, la rabbia, il rancore e la delusione per un sogno infranto.
Se ho imparato una cosa fondamentale dal dolore immenso che ho attraversato in cinque anni di depressione, prigioniera di cure psichiatriche che mi avevano strappato la consapevolezza di me, è che la felicità, tanto cercata e inseguita, aveva radici in quel cuore che non ero stata capace di ascoltare.
La mia strada, all'alba dei miei 58 anni è scrivere storie con voce libera e ironica, osservare me stessa e il mondo attraverso uno sguardo rinnovato e scanzonato, imparando a sorridere di quella balenottera psicotica che ero diventata, abbracciandola, amandola e perdonandola.
Accettare la parte oscura di me non è stato facile, prendersi in mano è un cammino in salita, faticoso e pieno di ostacoli, ma è oltre le mie paure che volevo andare per ritrovare in me la luce.
Da lì inizia il volo, in alto si ricomincia a respirare ossigeno, nel silenzio della mia solitudine ho goduto dei miei pensieri, ho ritrovato un sogno perduto che disegna chi sono e chi voglio essere.
Non desidero, con questo mio articolo, recensire un libro, tanto piccolo, ma dalle parole immense che una donna, alla fine della sua vita lascia in dono, non è questo che cerco.
Il mio desiderio è invitare chi leggerà queste mie parole a fermare il tempo della corsa, a sedersi ogni tanto in contemplazione del creato, magari sotto un grande albero dalle radici profonde e dalle ampie e fresche chiome, e nel silenzio, lontano dai frastuoni inutili e dai clamori ipocriti, lasciar parlare il cuore.
Tutto qui.