LA RIVOLTA DI REGGIO CALABRIA 1970-71

LA RIVOLTA DI REGGIO CALABRIA 1970-71

Pasquale Amato - Storico: NEL 50° ANNIVERSARIO DELLA RIVOLTA DI REGGIO CALABRIA 1970-71, LA PIU' LUNGA DELLA STORIA CONTEMPORANEA:

1. RIPUBBLICHERO' IL SAGGIO DEL 1998 A PUNTATE NEL MIO BLOG PERSONALE, IN USCITA LUNEDI' 13 LUGLIO 2020;

2. TERRO' LA VIDEO-CONFERENZA "REGGIO 1971-2020: DOPO LA RIVOLTA 50 ANNI DI SPOLIAZIONI".

REGGIO 1970-71. FU UNA RIVOLTA DI POPOLO CONTRO UNA PROFONDA E PALESE INGIUSTIZIA

     Siamo nell’anno 2.750 dalla fondazione di Reghion. E stanno per passare 50 anni da quel 14 luglio 1970  in cui la città più antica e grande della Calabria, una delle prime fondate dai Greci in Occidente, si ribellò contro una profonda, palese ingiustizia che aveva stracciato la storia: lo scippo del capoluogo regionale a favore di Catanzaro.

    Fu una rivolta disperata di Davide contro Golia. Reggio si ribellò contro una concentrazione di forze mille volte maggiore: il governo ed i maggiori partiti del Paese (compresi quelli all'opposizione, dal MSI al PCI), la televisione di stato che trasmetteva l'unico telegiornale in regime di monopolio, la grande stampa nazionale propensa per vocazione a interpretare in chiave negativa e carica di pregiudizi qualsiasi protesta emersa nel Sud. Ancor più in quel caso, che non si presentava nella stereotipata veste del Mezzogiorno-Africa descritto dal plenipotenziario piemontese Pier Carlo Farini nel 1860: regno dell’assistenza, delle clientele e del malaffare.

     E la “Grande Coalizione” orchestrò una mistificazione delle ragioni vere della protesta. Una mistificazione che capovolse le posizioni: gli scippatori divennero saggi, civili e regionalisti responsabili; e gli scippati espressione non della rabbia di chi è stato escluso ma del più abietto e ottuso campanilismo, di sub-cultura propensa alla violenza e di arretratezza civile. Avvenne così che nello spazio di poche settimane i 170.000 abitanti della Città del Bergamotto si ritrovarono tramutati in "fascisti” e “teppisti”, versione aggiornata degli ottocenteschi briganti e manutengoli.

    Fascisti e teppisti ieri; e dopo trent'anni protagonisti di una rivolta fascista e plebea, espressione del più negativo "profondo Sud". Eppure nei primi giorni della protesta il Secolo d'Italia, giornale ufficiale del MSI diretto dal reggino Nino Tripodi, era stato bruciato in piazza per essersi schierato anch'esso contro la rivolta popolare.

 Tuttavia non ha avuto importanza allora, non ha importanza oggi. Perché allora Reggio doveva essere isolata rispetto all'opinione pubblica del Paese appiccicandole addosso l'etichetta dell'unico partito emarginato dal contesto del cosiddetto arco costituzionale, pur avendo dato appena tre consiglieri comunali e nessuno regionale al MSI nelle elezioni del 7 giugno 1970.

Ed oggi si continua la mistificazione perché è più sbrigativa e non richiede sforzi di approfondimento sulle motivazioni. 

Meno male che Santo Strati ha curato la riedizione di un libro dal quale non si può prescindere se si vuole avere un’idea delle ragioni profonde della Rivolta e un’ia documentazione a 360 gradi di quegli Eventi drammatici e inconsueti: “Buio a Reggio” di Luigi Malafarina, Franco Bruno e Santo Strati. Pubblicata nel 1972 "Buio a Reggio" offrì una documentazione ampia e completa della più lunga Rivolta urbana della storia contemporanea.

Una documentazione che rompe tuttora con tutti i tentativi di arrampicarsi sugli specchi per non riconoscere l’evidente verità storica: REGGIO venne scippata del suo primato di città più antica, grande e importante della Calabria dall'alleanza di ferro tra le élites trasversali delle altre due province. Élites politiche, sociali, economiche e culturali storicamente affini rispetto alla città dello Stretto, tra sempre proiettata non solo geograficamente ma sotto tutti gli aspetti della vita di una comunità.

La rivolta durò tanto a lungo perché fu una vera ribellione di popolo contro un'ingiustizia di proporzioni gigantesche. E dopo 50 anni è una ferita ancora aperta, con le sue ricadute in tutti i settori e con i suoi strascichi dolorosi di rancori e risentimenti che continuano a ricadere su Reggio. Ultima tappa di questi strascichi il caso dell'Aeroporto dello Stretto e l’ostinata azione di annacquamento della specificità del Bergamotto di Reggio Calabria.

Per rendersi conto delle ragioni della Rivolta basta rileggere i commenti e le cronache di alcuni giornalisti illuminati che compresero e descrissero la disperata rabbia di Reggio, come Alfonso Madeo e Egidio Sterpa del Corriere della Sera e Francesco Fornari de La Stampa.

   Giornalisti che ebbero il coraggio di uscire dal coro sostenendo che la Rivolta non rispondeva “a logiche precise, a previsioni razionali, a schematizzazioni inter-pretative” (Madeo). Ed evidenziarono “esasperazione, frustrazione, ribellione della folla. Sentimenti e stati d’animo che si ritrovavano a tutti i livelli, senza distinzione di classe sociale, di colore politico, di età” (Sterpa). Insomma, “c’erano dentro tutti: borghesi, proletari, giovani, vecchi, comunisti, neofascisti, socialisti, democristiani, repubblicani...Sono...spuntati alcuni capipopolo, ma probabilmente anche senza di essi la rivolta sarebbe esplosa”(Sterpa).

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