La sessione di executive coaching come insieme di sequenze di lavoro.

La sessione di executive coaching come insieme di sequenze di lavoro.

Temo che questo non sarà l'articolo più letto del blog, ma spero che possa essere utile a chi sia interessato ad analizzare in profondità le dinamiche più sottili di una sessione individuale di executive coaching. Iniziamo dalla durata di una sessione. Una sessione "valida" non ha una durata standard, ma possiamo dire che la pratica ci dice che la durata media di una sessione è di circa un'ora, per arrivare a sessioni che si allungano sulle due ore. Cosa avviene in tutto questo tempo? Cosa tiene viva ed alimenta la relazione coach-coachee? Esiste una scansione logico-temporale del lavoro? Se ci si improvvisa e non si segue una metodologia "scientifica", il tempo trascorre senza un logica e il coachee si troverà alla fine ad aver percorso una serie di strade confuse, che non lo hanno portato da nessuna parte. Quindi, come si organizza una sessione? Per prima cosa è bene precisare che una "sessione" non è un continuum indifferenziato, il cui sottostante è la conversazione tra il coach e il coachee. Si tratta di una percorso che si sviluppa attorno e attraverso diverse fasi o "sequenze di lavoro". Per esempio, una sessione di coaching di due ore potrebbe includere fino a dieci "sequenze di lavoro", ciascuna definita da un "accordo" tra coach e coachee per concentrarsi su uno specifico argomento, tema, obiettivo o piano d'azione. Il tema dell'accordo è strategico, perché è l'espressione della negoziazione esplicita che coach e coachee intavolano per portare a compimento l'obiettivo. In genere, una "sequenza di lavoro" inizia con una domanda che aiuta il coachee a definire il perimetro del problema o dell'obiettivo. La formulazione e il focus di questa domanda iniziale sono importanti per aiutare il coachee ad entrare rapidamente nello "schema ambientale" del coaching. Facciamo un esempio pratico di domanda:

«Come posso aiutarti su questo argomento?» oppure «Cosa ti aspetti da me?»

Questo tipo di domande portano il coachee a concentrarsi sulle proprie aspettative in termini d'aiuto che vuole ottenere dal coach, piuttosto che sulle proprie competenze personali e sulla motivazione. Lo liberano dalla preoccupazione di ribadire la propria autonomia e il proprio "potere". Le diverse "sequenze di lavoro" sono scandite anche dall'interlocuzione e dalle interruzioni. Il coach deve saper inserirsi nel flusso "monologico" del coachee, per mantenere sempre aperto il canale "dialogico". Non si tratta d'interrompere la progressione auto esplorativa che il coachee ha iniziato (magari con molta fatica), ma di consolidarne i risultati, con parole o mezze frasi di stimolo all'approfondimento. Ognuna di queste fasi è una sequenza di lavoro nuova, che serve a rinegoziare la modalità con la quale si raggiungerà il livello successivo. Ma quali sono queste mezze frasi o parole? Ecco alcuni esempi:

  • bene...
  • Ti seguo...
  • Ti ascolto...

Si tratta di parole o frasi introduttive all'interlocuzione che sono molto aperte e non direttive. Potremmo dire che possono suonare rilassanti. Non è un caso che vengano adottate nelle sessioni analitiche freudiane. E' importante ricordare che sono finalizzate ad accedere ad una sequenza di lavoro successiva, quindi devono essere seguite immediatamente da domande che stimolino all'azione, nello spirito più autentico del coaching. La negoziazione riparte subito per tornare a concentrarsi sugli obiettivi. Il coach non deve concedere "vuoti" al coachee, anzi deve alimentare la formulazione del piano di lavoro della sequenza successiva. In questo senso, ecco una domanda chiave d'introduzione alla successiva sequenza di lavoro:

  • «Su cosa desideri lavorare adesso? »

C'è da dire che la domanda può suonare carica di potenziale fatica. Implica un impegno e uno sforzo, che potrebbero indebolire la concentrazione del coachee e far risultare gli obiettivi meno semplici e leggeri da raggiungere. La domanda potrebbe essere sostituita da qualcuna delle seguenti:

  • «Qual è il prossimo argomento? 
  • « Di cosa vuoi parlare adesso? »

Sono entrambe domande introduttive ad un monologo o una discussione, cui ci si approccia in modo amichevole e disimpegnato. Questo approccio libera il desiderio di esposizione e condivisione del coachee, ma potrebbe far perdere il focus sugli obiettivi e sui conseguenti risultati misurabili. La modulazione delle domande, in funzione dello stadio di negoziazione cui si è giunti durante la sessione, è un'abilità irrinunciabile per il coach. Decidere come proseguire il confronto, lasciando al coachee la libertà di scegliere le proprie modalità esplorative, è la chiave metodologica che consente al coach di ricercare tutte le opportunità di sviluppo delle strategie di ricerca, che soggiacciono potenzialmente nel coachee. La scansione delle "sequenze di lavoro" è totalmente in mano al coach e la sua gestione dipende dall'impostazione delle domande e, quindi, dalla (ri) negoziazione costante del processo di coaching. Maggiore o minore "pressione" sui fattori d'inquadramento generico dei temi della sessione, portano ad un conseguente maggiore o minore focus sull'obiettivo della sessione stessa. Una domanda del tipo:

  • «Qual è il prossimo risultato (sfida, obiettivo, ecc.) sul quale vuoi concentrarti?

Indica al coachee che si è aperta una nuova negoziazione e che si sta entrando in una nuova sequenza di lavoro. Pertanto, deve ri-centrarsi su nuovi (o collegati ai precedenti) obiettivi pratici, misurabili e operativi. Il tempo necessario per elaborare un nuovo accordo per una nuova "sequenza di lavoro" può richiedere la maggior parte del tempo assegnato all'argomento o al problema. Spesso, infatti, chiarire la questione su cui il coachee desidera lavorare diviene la centralità della sequenza stessa e il vero obiettivo può essere l'individuazione di un obiettivo. Nel corso di questo processo di chiarimento, le domande e le reazioni del coach spesso aiutano il coachee a cambiare prospettiva, a percepire altre opzioni, a modificare la definizione dei problemi e a ripensare le proprie priorità. Insomma, le "sequenze di lavoro" suddividono la sessione in micro tappe successive, nelle quali coach e coachee si confrontano per raggiungere un livello superiore di avvicinamento all'obiettivo finale. La capacità di gestione della sessione in termini di "sequenze di lavoro" è un'abilità, a mio modo di vedere, irrinunciabile per ogni executive coach.

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