La sottile linea tra lavoro e tempo libero

La sottile linea tra lavoro e tempo libero

Quando parliamo di smart working – il lavoro agile, quello che puoi fare da casa o dal lago o da Dubai, anche se il tuo ufficio è a Milano – pensiamo a geni del calibro di Richard Branson, il patron della Virgin, che ha scritto ai suoi dipendenti “prendete tutte le ferie che volete, a patto di portare a casa il risultato”. O a quelli dell’americana  Netflix, la prima compagnia al mondo per i contenuti in streaming, pioniera in fatto di libertà sul lavoro.  Non serve però andare così in là per accorgerci che lo smart working è già parte di noi. Basta guardarsi intorno, in autobus, in aereoporto, o in fila alle poste.

La scorsa settimana ho dovuto trascorrere diverse ore in pronto soccorso, e affianco a me c’era un ragazzo con la testa fasciata – probabilmente in attesa di mettere qualche punto – con in mano molti fogli e un tablet. Prendeva appunti, sottolineava, e poi continuava a scrivere sul suo dispositivo mobile. Nonostante la botta in testa, è riuscito a finire un lavoro che evidentemente doveva portare a termine quel pomeriggio. Io stessa sono riuscita a partecipare ad una call, a non restare indietro con le mail, ad organizzare l’agenda.   

Abbiamo ormai la possibilità di lavorare anche a distanza, sfruttare i tempi morti, magari essere più produttivi perché cambiare scenario da spazio all’ispirazione. Il pronto soccorso è un caso limite naturalmente, ma lavorare guardando il mare o da casa perché vogliamo stare con i nostri figli che crescono o assistere i nostri genitori anziani, o anche in qualche bel posto di coworking, in cui possiamo conoscere gente nuova, scambiare idee, far nascere qualche start-up, ci può solo dare quella spinta in più per raggiungere meglio e più in fretta il nostro obiettivo. E allo stesso tempo renderci più felici e spensierati.

Certo non è da tutti saper accogliere tale flessibilità: bisogna innanzitutto essere fan della libertà, appendere il cartellino al chiodo e abbandonare l’idea del controllo fisico e visivo dei lavoratori. In poche parole scegliere se essere in sintonia con il proprio tempo o bloccati nel passato.

Con questo non voglio dire che la tecnologia debba diventare la porta sempre aperta attraverso la quale far entrare il lavoro nelle nostre vite private. Non lasciarsi invadere dipende poi da ognuno di noi, dal nostro equilibrio, dalla forza di volontà e dalla capacità di gestire i propri spazi.

Non dovete iniziare a scrivere mail anche mentre siete in bagno o in vacanza in Grecia. Bisogna spegnere tutto ogni tanto, lo fa anche Bill Gates. Ci sono paesi che addirittura hanno introdotto il dovere alla disconnessione, come la Francia recentemente, o come la Germania in cui alcune aziende hanno imposto il blackout ai lavoratori negli orari fuori dall’ufficio. Un esempio (almeno su questo …) è la Volkswagen, in cui i dipendenti possono rispondere alle mail o agli sms di lavoro il giorno dopo. Addirittura in Giappone ci sono aziende che hanno accorciato la settimana di lavoro a 4 giorni lavorativi (e poi ci chiediamo perché sia al primo posto nelle classifiche per numero di ultracentenari).

Un modo non solo di mantenere il giusto distacco dal lavoro, che ormai possiamo avere sempre in tasca, ma anche di aumentare la flessibilità cognitiva, la capacità di combinare i pensieri in modo innovativo, la produttività .. e di far crollare l’assenteismo. Scegliere il modo in cui possiamo lavorare meglio non ci farà mai perdere il gusto di lavorare, e oggi tutto questo si può fare. Il futuro è possibile, basta volerlo accogliere.

Certo tutto questo vale per chi ha la fortuna di fare un lavoro per il quale bastano un pc, un caricabatterie automatico e una buona connessione wifi. Non vale per gli infermieri, gli operai, le astronaute, gli attori, gli chef, gli artigiani, i contadini, le modelle. Ma a loro, prima o poi, ci penseranno i Robot.

@ScarpelloSerena

pubblicato su Il Centro - 29 settembre 2015

Ferdinando Auriemma, M.Sc.

Father of Robert and Oliver, Medical Manager

9 anni

Gran bel post!

Francesco Piccinelli Casagrande

Giornalista, Comunicazione, Dati

9 anni

Da workaholic dico "boh"

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