"E se qualcuno pensasse che la mia formazione è tempo sprecato?"
Hai presente quel momento in cui ti viene il dubbio che tu stia sbagliando qualcosa?
Questa è la storia che mi ha raccontato Fabrizio, un formatore di una nota multinazionale.
Lascio a lui la parola...
"Una volta un collega ha scherzato sulla noia che si può provare durante una sessione di formazione…
Lì per lì non avevo dato peso all’episodio anche perché le cose da fare sono sempre molte e non c’è tempo per rimuginare troppo.
Non ti nego, però, che ogni tanto mi rimbalzavano in testa alcuni pensieri tipo… “e se qualcuno dovesse pensare che il tempo passato in aula è sprecato?”
Giorno dopo giorno il piccolo tarlo ha scavato una voragine: dentro di me non ero più veramente convinto: il lavoro fatto in aula porta a dei risultati nel lavoro di tutti i giorni?
Però, mi sentivo la coscienza a posto. Ero sommerso di attività e, francamente, ce la stavo mettendo tutta. Avevo già seguito dei corsi di aggiornamento e pensare di mettere in discussione il mio metodo di lavoro era pura fantascienza.
Oltretutto, non credevo che fosse una mia responsabilità dover pensare anche a come cambiare questa situazione.
Non mi tiro indietro di fronte alle sfide. Ho raggiunto la mia posizione lavorativa per merito e, in tutta franchezza, non penso di essere poi così male.
Le cose sono cambiate in modo drastico quando la mia azienda è stata acquisita da una multinazionale.
Sono arrivati i nuovi referenti con l’idea di fare le cose a modo loro. Mi sono ritrovato con un nuovo capo e con Andrea come compagno d’ufficio.
Andrea è sempre stato gentile e collaborativo. Tutti lo hanno adorato da subito.
Io, invece, avrei dovuto odiarlo ma non ci riuscivo, perché sapevo che il problema era solo mio.
Di sicuro lo invidiavo.
Pensa che, grazie al suo approccio, al termine delle sessioni di training di Andrea sembrava che nessuno volesse uscire dall’aula mentre quando toccava a me c’era un fuggi fuggi generale tipo simulazione antincendio.
Il nuovo capo era esattamente il contrario di Andrea. Con lui la situazione è precipitata quando ha iniziato a chiedermi report e dati che non sapevo neppure come giustificare.
L’incubo era iniziato. Ho cominciato a vedere detrattori ovunque e… avevano ragione loro: una parte del tempo che le persone passavano in aula con me era… sprecato!
Sono state notti insonni. Nella mia testa passava di tutto. Il nuovo capo stava facendo dei cambiamenti per non aver più bisogno di me? Aveva in mente di licenziarmi…? Proprio ora che io e la mia compagna aspettavano un figlio?
Ricordo bene quando al termine di una riunione di coordinamento avevo lo sguardo talmente basso che non andava oltre la punta delle mie scarpe marroni.
Ero distrutto. Mentre gli altri scherzavano su cosa ordinare per pranzo, il mio stomaco era così chiuso che non ci sarebbe entrata dentro neppure un’oliva.
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Quello, però, fu anche uno dei migliori giorni della mia vita.
Andrea, il mio nuovo collega, aveva evidentemente capito tutto.
Poteva inferire e mettermi all’angolo, invece, sembrava che non solo conoscesse la causa dei miei tormenti ma che sapesse anche di cosa avevo bisogno.
Mi chiese di scambiare due chiacchiere sui programmi futuri.
Mi fece notare qualcosa di ovvio ma che avevo sempre fatto finta di non vedere: il mio approccio NON era esperienziale. Mi limitavo a trasferire informazioni e non dovevo stupirmi se l’apprendimento restava ad un livello più superficiale.
Per fare un salto di qualità, dovevo portare in aula delle esperienze. I partecipanti dovevano fare conoscenza diretta con cose, procedure e dovevano riflettere sull’esperienza fatta.
Quello che mi ha più stupito, però, è altro ancora.
Grazie a lui ho scoperto che nei programmi trasformazionali più evoluti vi è un terzo approccio… quello Olistico.
In questo modello i partecipanti capiscono anche come l’apprendimento impatta su tutti gli aspetti di sé stessi (emozionalmente o spiritualmente) e come è interdipendente con altri argomenti.
E’ stata una rivoluzione.
Non è stato facile mettere a nudo le mie lacune e credo mi tremasse la voce quando ho timidamente ammesso al capo che desideravo allinearmi agli standard di Andrea. Sapevo che stavo correndo un rischio. Confessare di fronte a lui la mia difficoltà era un azzardo perché gli stavo servendo la mia testa su un vassoio d’argento. Eppure fu la mossa più saggia: il grande capo accettò come chi non sta aspettando altro che quello.
Sapevo che non sarebbe stato facilissimo conciliare il mio percorso di crescita con gli orari e gli impegni di lavoro.
Non sapevo, invece, che mi aspettava un’altra sfida ben più complicata: mi attendeva una trasformazione non solo di tipo professionale ma anche umano.
Non ero del tutto pronto a quel salto. E’ stata una sorpresa, soprattutto all’inizio, scoprire quanto il vecchio me fosse così duro ad arrendersi.
Oggi i momenti di incontro con i capi o con gli altri colleghi sono diventati tra i più gratificanti del mio lavoro.
Sono veramente fiero di quello che sto facendo soprattutto perché sento la stima di chi mi sta intorno.
Le pacche che ricevo sulle spalle sono un incoraggiamento a continuare così.
Ora non ho dubbi. il mio lavoro porta risultati”.
❓❓ 👉 Conosci qualcuno che ha vissuto un’esperienza simile di trasformazione?
💬 Fammi sapere la tua storia nei commenti o contattami 👍
Imprenditore seriale e Founder di askjinn.ai
7 mesiLeonardo, Interessante, grazie per la condivisione!