La valutazione del rischio aziendale nell'era del Covid-19
La tragica esperienza che stiamo vivendo con la pandemia da Covid-19 e la diffusa impreparazione delle aziende ad affrontarne la sfida, mi ha portato a riflettere e sviluppare alcune considerazioni sulle strategie di gestione del rischio. Considerazioni che non vogliono essere esaustive sul tema, ma sollevare alcuni spunti di riflessione.
Per rischio possiamo intendere un evento o serie di eventi incerti che, qualora si verificassero, avrebbero delle conseguenze sull'azienda, da vari punti di vista: strategico, operativo, finanziario …
In breve, una strategia di gestione del rischio comporta la definizione e l’attuazione di processi, organizzazione, tecnologia e quanto possa servire per: individuare i diversi contesti e relativi rischi; valutare i rischi in termini di probabilità e impatto; pianificare le risposte specifiche alle minacce; implementare le risposte al rischio previste, controllandone l’efficacia ed, eventualmente, apportando le opportune rettifiche; comunicare internamente ed esternamente tutte le informazioni del caso.
Le possibili risposte alle minacce si possono riassumere in: evitare; ridurre (la probabilità e/o l’impatto); strategia alternativa; trasferire; condividere; accettare.
Se quanto sopra è ampiamente consolidato nelle metodologie di Project Management (si veda ad esempio la metodologia PRINCE2, da cui ho estratto i concetti precedenti) e Change Management, con riferimento ai progetti di cambiamento e, in particolare, con riferimento ai rischi del progetto che porta al cambiamento, quanto, invece, la strategia di gestione del rischio trova applicazione nelle aziende? In particolare, quanto trova applicazione con riferimento ai rischi politici e/o ambientali?
Se ci riferiamo alla media azienda italiana, la mia esperienza mi suggerisce che la risposta sia: veramente poco. All'interno delle aziende c’è attenzione sui rischi e sulla salute sul posto di lavoro e del lavoratore (ad es. incendio, infortuni con i macchinari, malattie professionali), imposti dalla normativa vigente, e poco altro.
Normalmente si dovrebbe avere implementata almeno una strategia di gestione dei rischi riferiti alle variabili del business. Ad esempio, i rischi che possono derivare dalla concentrazione su determinati mercati di vendita e/o di fornitura, o singoli clienti e/o fornitori. Oppure i rischi derivanti dalla fluttuazione dei prezzi delle materie prime. Oppure, ancora, i rischi derivanti da shock della domanda e/o dell’offerta di beni e servizi.
Non bastasse, molte volte la nostra media azienda lavora ed è presente su mercati internazionali e, molto spesso, delocalizza attività all'estero. In questi casi sarebbe auspicabile anche assoggettare alla strategia del rischio agli aspetti politici.
Troppo spesso si sottovaluta il fatto che certi paesi, piaccia o non piaccia, sono poco affidabili dal punto di vista politico. Delocalizzare, vendere o rifornirsi in paesi con sistemi dittatoriali o quasi, ad esempio, ci espone a dei rischi politici (insurrezioni, rivolte, guerre, sanzioni) che non sono certo quelli di paesi come Francia o Germania.
L’altra grande categoria di rischi che dovrebbe essere sottoposta ad attenta valutazione è quella legata agli aspetti ambientali, da intendersi sia come i fenomeni legati ai cambiamenti climatici sia a possibili emergenze sanitarie, tipo Covid-19.
I fenomeni ambientali provocati dai cambiamenti climatici oramai ci riguardano da vicino e sono all'ordine del giorno. Il dissesto idrogeologico attraversa tutto il nostro Paese e qualsiasi azienda dovrebbe analizzare il territorio circostante e fare le scelte opportune per trovarsi preparata al manifestarsi dei rischi individuati. Non è più accettabile sentirsi dire che “era una cosa imprevista” oppure che “in tutta la mia vita non si era mai vista una cosa così”. Stesse considerazioni anche per quelle aziende che affrontano mercati esteri e/o delocalizzano anche se, in questi casi, la conoscenza del territorio può risultare più difficile.
Infine, ma non meno importante, il tema delle emergenze sanitarie. Se fino a ieri pensavamo che le grandi epidemie potessero riguardare solo lontani paesi asiatici e/o africani, il Covid-19 ci ha riportati, tragicamente, con i piedi per terra.
Assoggettare anche certi temi ad una strategia di gestione del rischio, sia che si parli di paesi lontani, sia che si parli di Italia, mi sembra sia diventato imprescindibile. Può essere una questione di diversa probabilità dell’accadimento o di diverso impatto sulla singola azienda e, conseguentemente, diversa risposta alla minaccia, ma solo il fatto di aver valutato il rischio ci può aprire gli occhi, ad esempio, sulla fragilità finanziaria della nostra azienda oppure sulla necessità di diversificare le fonti di approvvigionamento (pensiamo, ad esempio, a quell'azienda lombarda che si è trovata in gravi difficoltà produttive durante le settimane di lock-down in Cina perché i bulloni dei suoi prodotti erano realizzati solo nella provincia di Wuhan).
Le scelte aziendali strategiche basate solo su delle valutazioni di opportunità economica e su nessuna/sommarie valutazioni degli altri aspetti ci può portare a gravi conseguenze che possono riguardare non solo il business, ma anche la vita delle persone.