La via italiana all’industria 4.0: quale leadership per la media impresa ?
Giovedì 24 novembre, a Villa Braida (TV), nell’ambito del bel convegno “Fabbrica futuro” – Idee e strumenti per l’impresa manifatturiera di domani, ho assistito ad un’interessante tavola rotonda sul tema: “l’industria 4.0 vista dai protagonisti”. Sono intervenuti giovani imprenditori, manager ed il docente di Sistemi di Produzione Avanzati del Politecnico di Milano.
La cosa interessante è che, dopo una mattinata di interventi sui driver del cambiamento tecnologico e su esperienze di utilizzo dei big data a dir poco sconcertanti ( ad esempio i neozelandesi, che grazie ad un dispiegamento massivo di sensori hanno capito in quali pascoli la crescita dell’erba fosse più consistente ed hanno indirizzato di conseguenza le mandrie di bovini, moltiplicandone la produzione) ci si poteva aspettare che gli “speech” del pomeriggio ne avrebbero seguito il flusso, occupandosi si confermare che “qui nessuno vuole rimanere indietro”.
Invece, sentite qui:
· Chiara Rossetto di Molino Rossetto ha esordito con “…siamo mugnai dal 1760………. ci è sempre piaciuto “creare”…………il nostro prodotto iniziale era una commodity ma abbiamo alimentato nuove passioni creando un mondo completo fatto anche di strumenti, accessori e nuove ricettazioni. E conclude “ vorrei trattenere i talenti in azienda”;
· Secondo Loris Pedon di Gruppo Pedon dobbiamo “creare persone prima che prodotti” perché solo le persone che hanno capito l’azienda ed il mercato di riferimento ci possono portare a casa le nuove tecnologie…..” Ancora: “ è attraverso la sensibilità degli altri che io posso presidiare le cose nuove; dobbiamo lavorare sulla cultura aziendale se no l’innovazione non viene capita”.
· Antonella Nonino di Grappanonino ci tiene a dire che la famiglia distilla grappa dal 1867 con metodi artigianali e che ….” la qualità del prodotto è ancora garantita dei membri della famiglia” e poi “abbiamo bisogno di giovani che credano nell’azienda, che si prendano delle responsabilità”.
· Infine Mario di Nucci, direttore di Stabilimento Modulblok racconta che ha offerto a tutti i suoi 85 collaboratori (a fine orario) una formazione “umanistica” che spazia dalla storia del teatro a quella dell’età contemporanea, alla storia della filosofia. Cita anche il pensiero di Marta Nussbaum (“Non per Profitto”. Perché le democrazie hanno bisogno della cultura umanistica ).
Tale è stato l’impatto di questo inatteso corso del dibattito che il prof. Taisch del Politecnico di Milano ha “dovuto” ricordare che nei corsi di studio della sua università ampio spazio è dato anche allo sviluppo delle cosiddette soft skills.
Che cosa c’è sotto questo apparente polarizzazione di sensibilità (tecnica vs. umanistica)?
Il mio sospetto è che il dibattito “strisciante” che sarebbe bello approfondire in altra sede sia quello circa il “modello di leadership” che serve alle nostre persone, alle nostre aziende e, perché no, al paese.
I punti attorno ai quali si è ruotato più o meno consapevolmente sono:
1) l’importanza della storia aziendale e della sua trasmissione come elemento identitario fondante l’anima stessa dell’impresa;
2) l’esigenza degli imprenditori di “essere visti” in tutta la propria complessità storica e generazionale e di “poter vedere” a propria volta il mondo esterno attraverso gli occhi dei nuovi collaboratori cooptati dal mercato esterno;
3) Il desiderio di costruire assieme una cultura permeabile (interno-esterno) e dinamica (antico-nuovo) che definisca un’identità vitale e perfino “felice” attorno alla quale riconoscersi e che possa essere comunicata efficacemente ai propri clienti.
SMTS - CXL System Architect presso Micron Technology
8 anniSiamo malmessi?
Plant Manager presso JEKKO Cranes - Godega S.U.
8 anniDirei che la sintesi di Paolo abbraccia il tema che stava sotto al convegno senza che fosse così chiaro all'inizio. Stiamo procedendo a grandi passi verso una fase "liquida" del fare azienda, cioè una fase dove i cambiamenti a vario titolo si susseguiranno sempre più veloci. Mi sento piuttosto di accostare il concetto di "profondità" a quello di "velocità" perchè molto più prossimo al mio personale sentire, ma soprattutto perchè ho il fondato sospetto che il primo sia condizione necessaria per il secondo. Soprattutto quando il cambiamento è sostenuto dai nostri uomini! Grazie