La volatilità del Bitcoin è un falso problema
In questi giorni il valore del Bitcoin sta avendo repentine variazioni di prezzo, tendenzialmente al ribasso. Benché questa elevata volatilità rappresenti una sua nota caratteristica, essa viene immancabilmente strumentalizzata dai detrattori che la indicano come uno dei principali motivi per tenersi alla larga dal mondo cripto.
Fra tutti gli haters delle valute digitali i più stizziti sono quelli che non sopportano le somiglianze fra il Bitcoin e l’oro fisico. Essi considerano questo accostamento come qualcosa di blasfemo e per tagliar corto agitano lo spettro della volatilità a dimostrazione (a loro dire) che non vi sia paragone possibile tra l’imperitura stabilità dell’oro fisico e le nauseanti montagne russe del Bitcoin.
Ovviamente, questo approccio grottesco e caricaturale, non rende giustizia né all’oro digitale né all’oro fisico. Se paragoniamo infatti l’evoluzione dei due asset, prima di tutto occorre dire che mentre uno ha dietro di sé una storia millenaria, l’altro (il Bitcoin) ha da poco superato il primo decennio di vita. Ovviamente la gioventù non può essere di per sé considerata una colpa; sarebbe alquanto pregiudizievole e oltremodo riduttivo affermarlo.
Quindi il peccato originale deve trovarsi altrove, ma dove esattamente? Gli estimatori dell’oro fisico, lo definiscono Bene rifugio per eccellenza; il suo stabile e progressivo incremento di valore nel lungo termine, lo rende una sorta di Nirvana per chiunque intenda mettere a frutto i propri capitali tenendoli al riparo da ogni tempesta. Ma sarà proprio così? In realtà anche l’oro fisico nel corso della storia ha conosciuto volatilità e fluttuazioni di valore, anche consistenti e anche al ribasso. Probabilmente, se sull’argomento potessimo intervistare qualche patrizio vissuto all'epoca dell’impero romano del primo secolo Dopo Cristo, oppure avessimo modo di rivolgere qualche domanda ai nobili spagnoli vissuti nel 1500, ci renderemo conto che il mercato dell’oro in quelle epoche era tutt’altro che stabile e che gli andamenti altalenanti del suo valore, probabilmente generavano allora le stesse imprecazioni che oggi genera il Bitcoin. I patrizi romani si trovavano alle prese con le politiche monetarie inflazionistiche degli imperatori Nerone e Vespasiano che avevano messo in circolazione un numero eccessivo di monete d'oro, mentre è noto che l'Impero Spagnolo del 1500 affievoliva il valore delle ingenti quantità d'oro prelevato dalle colonie semplicemente impiegandolo per contrarre debito e pagare le importazioni.
Chiarito che anche l’oro fisico non è libero dal peccato originale ed ha subìto i suoi bei periodi di instabilità prima di diventare l’asset maturo e solido che consociamo oggi, è palese che quello della volatilità non sia una peculiarità esclusiva della cripto-valuta e men che meno il suo principale limite. Infatti l’instabilità risulta una caratteristica evidente nel breve periodo ma se si osserva l’andamento del valore nel lungo periodo, le curve ascendenti dell’oro e del Bitcoin si somigliano parecchio.
Se la narrativa che definisce il Bitcoin "oro digitale" continua a farsi strada nonostante le tonnellate di fango gettate dalla canea dei suoi detrattori, allora è quanto meno probabile che vi sia qualcosa di più concettualmente consistente alla base di tutto il progetto. Se approfondissimo le nostre conoscenze, scopriremmo che le menti ideatrici della Blockchain e del Bitcoin non hanno semplicemente tradotto in tecnologia informatica tutte le principali peculiarità dell’oro fisico, ma esse sono andate ben oltre, superando alcuni dei suoi limiti fondamentali. Sul versante della scarsità ad esempio, l’oro digitale va oltre la mera imitazione dell’oro fisico; infatti il particolare aspetto della Total Supply viene ancor più perfezionato nella cripto-valuta fino a diventare un fondamento concettuale assoluto; sotto questo aspetto, si può dire che l’oro digitale Bitcoin è più realista del re oro fisico.
Così, se da un lato in termini oggettivi non si può definire esaurita la disponibilità dell’oro fisico nel nostro pianeta, per quanto riguarda l’oro digitale Bitcoin sappiamo già in partenza che esso un giorno sarà definitivamente ed irrimediabilmente esaurito (ricordo a tal proposito che il BTC ha un tetto all’emissione fissato in 21 milioni).
Vero è che la produzione di oro fisico si riduce progressivamente principalmente in relazione all'incrementarsi dei costi di estrazione, ma non si può certo escludere a priori la probabilità di un incremento dell’attività estrattiva, che potrebbe derivare ad esempio da una crisi irreversibile del sistema monetario internazionale oppure per via dell’introduzione di nuove tecnologie estrattive, oppure ancora grazie alla scoperta di giacimenti nei fondali oceanici o in Antartide. Chiaramente, se qualcuno di questi eventi dovesse realmente accadere, le ripercussioni sul valore dell’oro fisico sarebbero indubbiamente importanti. Nel frattempo il Bitcoin continuerebbe ad essere minato e generato seguendo i ritmi imposti dalla Blockchain, sino a giungere al suo limite di emissione, incurante delle decisioni dei governi e delle banche centrali.
Gli aspetti legati alla volatilità del Bitcoin dunque non sono da ritenersi “difetti” immutabili alla sua struttura, si tratta invece di effetti indotti dal mercato, resi ancora più evidenti da un processo di maturazione intrinseca del progetto che ancora si trova ben lontano dal suo completamento.
Non c’è dubbio che Bitcoin rappresenti oggi un investimento rischioso nei termini rudemente speculativi del breve periodo; diverso è il panorama sul lungo periodo, ove le certezze inossidabili sulla quantità limitata e quelle relative al governo imparziale ed incorruttibile della blockchain, ne fanno già oggi una riserva di valore di primaria importanza.
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