L'abbandono progressivo dall'impegno lavorativo, sicuro che sia inevitabile?

L'abbandono progressivo dall'impegno lavorativo, sicuro che sia inevitabile?

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Il fenomeno è sempre esistito e ha precise cause, vediamole.

La dinamica del "potere" tra dipendenti e datori di lavoro sta cambiando rapidamente e inesorabilmente. Prova ne è l'emergere, da parte delle persone, di comportamenti che limitano il proprio impegno allo stretto necessario. L'allontanamento silenzioso - quiet quitting, per gli esterofili - non è affatto un problema nuovo, ma piuttosto evidenzia un ambiente lavorativo dove il livello di coinvolgimento e motivazione delle persone dell'organizzazione è basso.

Il disimpegno delle persone è strettamente connesso a quel patto silenzioso tra azienda e dipendente, quello che contiene le attese e gli obblighi che suggellano il rapporto di lavoro.

Nel recente passato questo patto prevedeva semplicemente che i dipendenti si presentassero sul luogo di lavoro, lavorassero 8 ore per essere ricompensati con uno stipendio e una pensione a fine carriera.

Oggi quel patto va stretto alle persone, le esigenze sono ben più ampie, e lo stipendio in se non è più sufficiente ad attrarre e impegnare il Capitale Umano di cui l'azienda ha bisogno. Possiamo dire che nel passato il patto era basato più su un bisogno psicologico - la sicurezza dello stipendio fisso -, mentre oggi è più di tipo relazionale - un lavoro interessante e stimolante, opportunità di crescita e sviluppo, costruire relazioni significative, essere supportati nel rapporto tra vita lavorativa e privata, ecc. 

Quindi quando le persone ritengono che il patto "silenzioso relazionale", non è rispettato via via iniziano ad arrivare in perfetto orario e in perfetto orario lasciano l'azienda, smettono di sostenere i colleghi e l'organizzazione del proprio lavoro diventa deficitaria. Intrattenendo così solo l'altro patto, quello "silenzioso psicologico", per il quale mi paghi per fare le otto ore e per quelle mansioni specifiche. Quindi non mi impegno più di quello che è previsto.

È possibile riparare i "patti silenziosi" rotti? 

La mia personale visione è che si possa. A patto che il management sappia costruire fin da subito una relazione solida e di fiducia con le persone che assume. E dove è necessario sappia ricostruire, sulla medesima base di fiducia e trasparenza, la relazione con i propri collaboratori. Fare ciò implica che i manager devono comunicare apertamente e onestamente le loro aspettative e quelle dell'organizzazione aziendale sin dal primo giorno.

Consideriamo, a esempio, il processo di reclutamento e selezione e guardiamolo dal punto di vista della persona, anziché solo dal lato del processo decisionale e delle procedure di selezione dell'azienda. Ebbene se lo guardiamo dal lato del candidato dobbiamo tenere conto di come reagisce al metodo di selezione utilizzato oppure al suo modo di decidere.

È opportuno, quindi, che per attrarre candidati si mettano in evidenza sia gli aspetti positivi che quelli critici della proposta. Ossia occorre fornire un quadro più preciso di come è il lavoro, l'ambiente lavorativo e quali sono le azioni e gli impegni concreti dell'organizzazione nel migliorare le cose.

Va da se che se le organizzazioni vogliono che le persone diano di più, esse per prime devono intraprendere questa strada che è una via a doppio senso. Quindi se vogliono che i dipendenti diano di più devono evitare di far pensare alle persone che la strada sia solo a senso unico e solo verso l'azienda. 

Come affrontare questo momento di "passaggio".

Sono molti gli studi che dimostrano come nelle persone soddisfatte del proprio lavoro prosperino senso di appartenenza, impegno e motivazione a beneficio dell'organizzazione aziendale. Le persone sono più soddisfatte e coinvolte quando:

  • hanno leader che le trattano con gentilezza e rispetto;
  • i processi nell'organizzazione scorrono in modo fluido verso il valore;
  • hanno un lavoro di alta qualità.

Un lavoro di alta qualità significa avere compiti vari e significativi, obiettivi chiari e un clima organizzativo positivo, ma anche avere autonomia sul proprio lavoro. Ossia poter incidere su come svolgere la propria attività, essere coinvolti nella definizione degli obiettivi e del piano per attuarli. Fino a, per quanto possibile, poter determinare dove e quando lavorano.  

Per contro, visto che il patto silenzioso è a doppio senso, anche le aziende hanno il diritto di avere da parte dei collaboratori richieste e aspettative sensate e ragionevoli, ma sopratutto esplicite. 

3 cose da fare subito!

Iniziare con il piede giusto, ossia rivedere i processi di ricerca e selezione ponendo l'accento non solo sul processo interno, ma soprattutto dal lato della persona. Iniziando dalla stesura dell'annuncio l'azienda deve essere chiara e trasparente su ciò che cerca, offre e sulle prospettive reali di crescita. Al colloquio essere chiari e trasparenti sul ruolo, le responsabilità e sul tipo di ambiente in cui la persona dovrà integrarsi. Il processo di selezione deve avere rispetto pieno della persona, del suo tempo, delle sue aspettative e quindi deve sempre prevedere feedback puntuali sullo stato della ricerca rispetto la candidatura.

Introdurre degli strumenti di valutazione oggettiva, non decidere con il "secondo cervello" perché la maggior parte delle volte sbaglieresti. Proponi gli strumenti in modo gentile spiegando il perché e soprattutto dando alla persona il giusto feedback, affinché possa accettare le successive scelte in modo consapevole. Alla fine lascia un buon ricordo anche se la scelta ricadrà su altri, fallo comunicando l'esito del processo.

Umanizzare la conversazione con i collaboratori, quindi mostrare loro attenzione per l'intera persona. Quando le persone si sentono apprezzate in modo olistico si impegnano, o si impegnano nuovamente, in modo naturale nel loro lavoro. Chiedere il loro feedback su come vedono la loro gestione e come migliorare il sostegno che ricevono e dare feedback sulla loro attività. Fare ciò in modo gentile, ma non paternalistico. Affrontare le loro criticità in modo positivo guidandoli verso il miglioramento e il raggiungimento degli obiettivi.

In conclusione

L'allontanamento silenzioso generalmente è un atteggiamento frutto di un contesto incerto e deprimente, o da micromanagement, che creano disimpegno sul lavoro. Spesso ha radice nel "patto silenzioso" già al momento del colloquio di selezione, soprattutto dove il processo è troppo incentrato sulle procedure aziendali e guarda poco al candidato. Anche un ambiente di lavoro ibrido, gestito in modo confuso che indebolisce le connessioni sociali e la cultura aziendale, può generare il fenomeno dell'abbandono silenzioso.

Il coinvolgimento dei dipendenti è particolarmente importante, perché si basa sul fatto che le persone si sentano collegate tra loro individualmente e parte di uno scopo più grande. Come una squadra che lavora insieme in uno sforzo collettivo. E questo è il compito primario dei leader, attraverso il sostegno e il feedback che devono essere bidirezionali.

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