L’addio impossibile a Kobe Bryant, il campione che volava e che l’Italia amava

L’addio impossibile a Kobe Bryant, il campione che volava e che l’Italia amava


Non solo stella del basket e icona dei leggendari Los Angeles Lakers, il Mamba ha segnato un’epoca dello sport e del costume


Kobe Bryant mancherà a tutti noi, nella stessa misura in cui è sempre stato lì, sullo sfondo delle nostre passioni per lo sport. Non era necessario essere degli esperti di basket, dei tifosi della leggenda dei Los Angeles Lakers. A essere di casa nel mondo era il suo volto, incorniciato in quel sorriso, che era l’essenza stessa dell’uomo e del mito Kobe Bryant.

In queste ore, mentre si resta gelati e si fatica a fare i conti con la realtà della notizia, la mente non mette a fuoco i numeri. Record e trofei sono per tanti campioni, il carisma e la memoria condivisa sono per pochissimi. Kobe non doveva volare in cielo, per entrare nell’Olimpo dello sport. Vi era già da anni, reso un’icona da quelle stesse caratteristiche uniche, che ne hanno segnato anche i lati più difficili della vita e della carriera. Perché la stella dei Lakers non era un tipo easy in campo, per avversari e compagni. Chiedere a Shaquille O’Neal o Phil Jackson, che condivisero l’era dei trionfi e plasmarono la seconda età d’oro dei Lakers, dopo quella irripetibile di Magic e Jabbar. Lo amavamo, però, anche per questo: perché non aveva paura di dividere, di vivere il basket senza sconti e compromessi, la sua strada per stupire il mondo.

L’aveva trovata su un parquet, ma sarebbe potuto essere un campo di calcio o una pista da sci. I vincenti non conoscono barriere, madre natura li indirizza, ma il quadro se lo dipingono da soli. C’è una frase di Kobe Bryant, fra le tante, che ne definisce il carattere e la feroce determinazione, nella vita e nello sport: “se non credi in te stesso, chi lo farà?”. Un insegnamento per tutti, in particolare per chi non è baciato dalle incredibili doti del Mamba. Kobe poteva fare cose incredibili, con una palla da basket, ma le ha sublimate con la sua fame di vita. Il campo era la sua tela, su cui dipingere ogni sera, finché ne ha avuto voglia. Quando si ritirò, al termine di un’ultima stagione tramutata in un lunghissimo tour d’addio, da una costa all’altra degli States, semplicemente confessò di non aver più voglia di QUELLA vita, perché voleva tuffarsi in un’altra, che il destino gli ha spezzato su una collina di Los Angeles.

Le sue tracce di italianità, poi, così evidenti. Non solo nella lingua, amata, coltivata e ben parlata, anche dall’altra parte dell’oceano. Aveva scelto nomi dal suono italiano per le sue figlie, a cominciare dalla prediletta Gianna, scomparsa con lui in quel maledetto elicottero. In italiano, aveva completato la sua dedica d’amore, alle sue ragazze, ricevendo l’Oscar nel 2018, per il corto sul basket. Perché in italiano gli doveva venire più facile parlare d’amore, in questa lingua dalle radici così diverse dalle sue, in cui si era trovato a casa, da bambino e ragazzo. Altri campionissimi stranieri sono transitati da noi, ben pochi hanno raccolto affetto e ricordi dolci come Kobe. Ne andava fiero, come di aver intercettato la passione italica per il calcio, che lui aveva imparato a capire e provava a spiegare – forse invano – agli americani.

Kobe aveva in campo ancora delle tracce di quella leggera e stupefacente eleganza del basket degli anni ’70-’80 e di Michael Jordan. Più vicino a DoctorJ, che ai super muscolari campioni di oggi, volava. E noi con lui.

Che la terra gli sia lieve e il cielo sappia accoglierlo come merita.

Paolo Frambrosi

Responsabile Gestione Governativi e Scenari Macroeconomici di Unipolsai

4 anni

Un mito in vita, una leggenda ora. un'intelligenza superiore in un uomo semplice che ha sempre amato le suo origini in Italia con il grande Joe. Al punto di parlare un italiano migliore di tanti pseudo italiani (vero Paris??). che Dio l'abbia in gloria con la sua piccola Gianna

Mi piace ricordarlo come un bimbo di 10 anni che seguiva suo padre Joe nei palazzetti di mezza Italia e sfruttava ogni minuto in cui il campo era libero per tirare a canestro dimostrando gia' allora la sua classe e il suo innamoramento per questo magnifico sport. RIP indimenticabile campione

manfredo bocchi

proprietario presso Work sas

4 anni

Wow !

Marco Fumagalli

Product Manager Motion Control presso BI ESSE SPA

4 anni

Riposa in pace Kobe.

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