L’adozione dell'AI e dell'AI generativa nelle aziende italiane
Il 30 novembre 2022, la società statunitense “Open AI” rilascia "ChatGPT", un "chatbot" basato sull’intelligenza artificiale e l’auto apprendimento, facendo scoprire ad un vasto pubblico questa nuova tecnologia, che assumerà l’acronimo di AI o IA.
Naturalmente questa innovazione non nasce dal nulla, ma è una tappa di un percorso che può dirsi iniziato negli anni ‘50 e rapidamente evolutosi grazie a vari fattori: l’avvento di Internet, tecnologie in grado di processare notevoli quantità di dati, lo sviluppo dei "Large Language Models" (LLM), e un diffuso interesse da parte del mondo accademico e scientifico e da alcuni operatori del settore IT.
Fino al novembre del 2022, l’uso dell’AI era limitato e ne potevano usufruire solo grandi aziende che avevano i mezzi finanziari, l’accesso ai "big data", necessari per formare le applicazioni di "machine learning", e le competenze ad utilizzare questi dati per sviluppare delle applicazioni produttive.
Nel novembre del 2022 ChatGPT rivoluziona lo stato delle cose, permettendo la fruizione del potenziale innovativo dell’AI, a tutti coloro che accedono alla Rete.
Come ogni fenomeno di questa portata, scatena tutti gli strumenti di informazione, che, ampliandosi nei tempi molto rapidi tipici di Internet, dà luogo a dibattiti, ad articoli pro e contro l’AI, a meeting, a pareri di dipartimenti universitari, di esperti, di istituzioni, ma anche, come d’abitudine, a molto marketing e "vaporware".
E oggi?
Oggettivamente, a quasi tre anni dalla data del rilascio di ChatGPT, e delle altre applicazioni sviluppate in gran parte dai "giganti delle Rete", quale è la situazione a livello aziendale, e nello specifico quale è la situazione in Italia?
In particolare, quali aziende hanno in produzione soluzioni di AI? Quante lo hanno in programma nel breve o medio periodo?
Quali sono invece i motivi che rallentano o frenano l’adozione? E quanti di questi fattori sono dovuti ai rischi, percepiti o reali, che l’AI potrebbe portare con sé senza un’adeguata infrastruttura di security?
Ma anche e non ultimo, sono reperibili a breve termine sul mercato del lavoro, figure professionali in grado di sviluppare, supervisionare, gestire le applicazioni di "intelligenza artificiale"?
Per rispondere a queste domande, diverse affidabili società internazionali di consulenza, hanno condotto studi e analisi sull'utilizzo dell'AI nelle aziende. Alcuni esempi includono:
Anche Gartner ha pubblicato uno studio sull’AI, corredandolo con questo grafico che risulta particolarmente interessante.
Esso evidenzia infatti come, almeno attualmente, l’utilità dell’AI non sia per tutte le aziende o per tutti settori di un’azienda, e pertanto la sua implementazione potrebbe portare ad investimenti senza un diretto e calcolabile vantaggio.
L’AI in Italia?
In Italia esiste un recente (aprile 2024) ed approfondito report, elaborato dal MIB Trieste School of Management e dal titolo "Evidence of AI and generative AI adoption in Italian firms". Tramite un sondaggio tra 237 aziende italiane nei settori: manifatturiero, IT, sanitario e finanziario, il report fornisce una panoramica dell'impatto dell'AI nell’ambito aziendale italiano.
Un documento particolarmente utile in quanto la realtà italiana è differente, per diversi motivi, rispetto a quella di altri paesi; dalla dimensione aziendale, alla capacità di recuperare fonti di finanziamento, fino all’introduzione spesso problematica, delle nuove tecnologie e delle sostanziali modifiche che impattano sui processi produttivi.
Di seguito una sintesi di alcuni argomenti trattati nel sondaggio.
L’attuale ruolo dell’AI nell’azienda
Il 30% delle aziende intervistate stanno sviluppando progetti di AI da oltre un anno, questo indica un significativo livello di esperienza ed una prossima integrazione all’interno dei loro processi produttivi.
Il 15,6% sono nella fase di analisi dell’AI, e quindi stanno ancora esplorando i possibili processi di implementazione e valutando l’impatto che potrebbero avere.
Una percentuale simile, il 17,7%, include aziende con meno di sei mesi di esperienza sull’AI, sono pertanto in una fase di studio. Un approccio cauto che si concentra sull’apprendimento e sulla sperimentazione.
Il gruppo più vasto delle aziende del panel, il 36,7%, hanno indicato di non aver ancora preso in considerazione l’"intelligenza artificiale". Da un lato questo può significare che sono anch’essi nella fase di studio oppure che non hanno esigenze nel breve termine, o ancora che non ne avvertono aprioristicamente la necessità.
L’analisi del sondaggio evidenzia un aspetto interessante, ovvero che non esiste una correlazione tra la dimensione aziendale e il suo stato attuale di adozione dell’AI.
Gli obiettivi
Il sondaggio rileva che il 32,3% degli intervistati ritiene che l’AI avrebbe utilità per migliorare la produttività, il 25,4% per migliorare la "customer satisfaction", il 15,2% per mitigare i rischi in cui incorre un’azienda nella sua attività, il 10,9% per fornire consigli più mirati riferiti a prodotti/servizi, mentre la restante parte di intervistati dichiarano di non avere un obiettivo specifico.
Le applicazioni AI utilizzate
Alla domanda su quali siano le attuali applicazioni AI utilizzate, le aziende ne riferiscono varie, tra cui spiccano quelle relative a "Frodi/Sicurezza", "Chat/Messaggistica", "Creazione di contenuti/Creatività". Ma una voce importante è anche "Sperimentare/Testare l’AI", che evidenzia come all’interno delle organizzazioni esiste la volontà di trovare innovative applicazioni dell’"intelligenza artificiale", valutando il potenziale che esse potrebbero avere, non solo nell’immediato, ma anche per nuovi prodotti/servizi, per programmare al meglio campagne di marketing e per una migliore analisi di nuove opportunità.
Gli investimenti
Rispetto alla domanda su quali livelli di investimento sull’AI sono previsti nei prossimi 12 mesi, i dati rivelano una propensione a mantenere gli attuali livelli (28,3%), ma la maggioranza delle risposte (70,0%), indica un aumento di risorse destinate all’AI, un dato che può significare la fiducia e una visione strategica lungimirante, nei confronti dell’"intelligenza artificiale", volta a generare valore per l’azienda.
Le sfide
Quali sono le principali sfide che le aziende partecipanti al sondaggio, ritengono di dover affrontare nel percorso verso l’AI?
Per ben l’80% è la scarsa disponibilità di personale qualificato. Non solo inteso come esperti dell’AI, ma più in generale figure con una mentalità basata nell’operare con i "dati" ed un’alfabetizzazione circa l’"intelligenza artificiale", caratteristiche sostanziali per organizzare, implementare, gestire, progetti basati sulle varie componenti tecnologiche che compongono l’AI. La seconda sfida riguarda l’identificare modi efficaci per inserire, all’interno dei loro processi produttivi, l’"intelligenza artificiale". Seguono altre sfide, come la possibilità di accedere a dati pertinenti e di alta qualità per avere risultati effettivamente utilizzabili, ed ancora il consenso del "top management" all’allocazione di risorse, e la preoccupazione relativa ai risultati finanziari degli investimenti, annessa alla possibile difficoltà di dimostrarne i benefici nel breve/medio periodo.
Affrontare queste sfide richiede un approccio che non sia rivolto solo ad un singolo processo aziendale, ma che venga considerato come qualcosa che lo integra e lo arricchisce. Volendo lo si potrebbe definire un "approccio olistico". A questo si aggiungono altri fattori come l’investimento in talenti, obiettivi strategici chiari, e la capacità di aprirsi al cambiamento.
Tutti fattori fondamentali per superare le complessità insite in questo nuovo paradigma, il cui utilizzo possa garantire un valore aggiunto aziendale, grazie all’integrazione nei processi, ma anche una crescita mentale e professionale di tutte le risorse umane che operano ad ogni livello nell’organizzazione.
AI non proprietaria o a "chilometro zero"
Un numero considerevole di aziende del panel, utilizzano principalmente modelli non proprietari, come quelli già disponibili in Rete o tramite "framework" su cui implementare i dati aziendali; entrambi attualmente possono offrire vantaggi in termini di costi e di facilità di accesso e utilizzo.
Altre aziende, che hanno già sviluppato applicazioni AI proprietarie, utilizzano entrambi i tipi di modelli, dimostrando un approccio equilibrato, sfruttando i punti di forza delle tecnologie di "intelligenza artificiale" sia interne che esterne all’azienda.
Attualmente una minima parte degli intervistati menziona l'utilizzo di applicazioni esclusivamente proprietarie, ma solo se sviluppate da partner fidati, indicando così un approccio cauto nei confronti delle tecnologie di "intelligenza artificiale" esterne, con particolare attenzione all’affidabilità e alla sicurezza..
Una parte significativa ha indicato la voce "Non applicabile", probabilmente il segno che non usano l’AI, o che ritengono non abbia per loro alcuna utilità.
Questi tipi di risposte sono forse anche frutto della "novità" dell’AI, ed è probabile, come è successo in altri casi, che applicazioni di AI generativa "tailor-made" o fortemente verticalizzate, saranno le più richieste, sia per le specifiche esigenze dell’azienda o del suo settore di attività, che per una questione di riservatezza dei dati, spesso un vero patrimonio aziendale. Tali richieste sono anche volte a mitigare i rischi di intromissioni esterne, grazie alla possibilità di "hostare" le applicazioni e i dati in strutture adeguate, posizionandole in un "Private Cloud", con garanzie di sicurezza e ridondanza, anche geografica, oltre che alla costante e necessaria gestione e monitoraggio.
I rischi
Una parte significativa dei partecipanti al sondaggio ha espresso opinioni di preoccupazione riguardo ai rischi associati all’AI, in parte fondati e in parte ricavati da letture che drammatizzano tali rischi. E’ comunque un dato di cui dovranno tenere in grande considerazioni tutti gli attori della "galassia AI". Tali rischi infatti non riguardano solo la sfera delle intrusioni informatiche, ma anche rischi riferiti alla gestione dei vari livelli di privacy dei dati, o anche di questioni etiche. Anche per questo motivo lo sviluppo e l’implementazione dell’AI richiede gruppi di lavoro "allargati" a figure che possano contribuire ad analizzare questo tipo di rischi, in ogni fase della progettazione. Bisogna poi tenere anche conto, che le applicazioni, non diversamente dai siti web, devono adattarsi alle diverse politiche normative degli Stati nei quali queste applicazioni saranno accessibili.
Le persone
Il sondaggio mostra in modo molto evidente, quali sono le figure coinvolte nei progetti AI, che vengono sostanzialmente limitate a due categorie, che ricevono praticamente la medesima percentuale:
Business Strategy indica che è convinzione diffusa che le iniziative legate all’AI dovranno essere strettamente legate agli obiettivi strategici dell’azienda, coinvolgendo persone che hanno ruoli dirigenziali dell’intera azienda, o dei suoi principale comparti.
Technical Teams (team IT, team AI, networking, security etc.) vengono considerati cruciali, in quanto un progetto di "intelligenza artificiale" richiede competenze tecniche diversificate e di alto livello, per permettere l’integrazione del progetto nell’ambito più esteso della componente informatica aziendale.
Una parte delle risposte riferiscono che anche un supporto esterno, da parte di consulenti o team esterni specializzati, sono da considerarsi importanti o necessari, per la loro capacità di fornire conoscenze mirate, e/o riempire lacune delle capacità interne e ancora per portare ulteriori prospettive ed esperienze all’interno dei progetti di "intelligenza artificiale".
Gli ostacoli
Relativamente agli ostacoli nell’adozione dell’AI in azienda, la maggior parte degli intervistati hanno risposto facendo riferimento sia ai vincoli di bilancio, che potrebbero rendere complicate tutte o alcune fasi dei progetti, che alla mancanza di adeguati skills che richiederebbero formazione e assunzioni.
Altri ostacoli vengono individuati nella resistenza ai cambiamenti, e ancora nella difficoltà di recuperare e normalizzare i dati necessari alle applicazioni, o alla difficoltà di integrarle nel preesistente, o a problemi normativi e di privacy.
Se questi ostacoli sembrano "montagne", bisogna sottolineare il fatto che sono del tutti comuni quando viene introdotta una nuova tecnologia, e non solo nel settore informatico. Da un lato il passaggio dovrà essere graduale, in modo che le persone ne potranno constatare i lati positivi, dall’altra le aziende, in una situazione di forte concorrenza internazionale, non potranno ritardare, o peggio ignorare, la necessità di rendere questa tecnologia parte del loro quotidiano aziendale.
Conclusioni
Oltre al sondaggio del "MIB Trieste School of Management", disponibile a questo link, e a quelli indicati precedentemente, altre organizzazioni hanno rilasciato recentemente report sul futuro prossimo dell’AI:
Ovviamente tra loro, come consuetudine, ci sono differenze e a volte risultati contrastanti, dovuti al tipo di quesito posto, a differenti metodologie di analisi, a diversa composizione del panel intervistato.
Rimane in ogni caso la tendenza comune a valutare che l’AI, fuori da quelle che sono degli "estremismi" in positivo o in negativo, avrà un impatto strutturale sulle aziende di tutti i settori: automatizzare alcune attività, migliorare l'efficienza del lavoro, giungere a decisioni più precise, creare esperienze migliori con le figure che si relazionano con le aziende.
Del resto i dubbi, le paure, le sfide, i rischi, sono presenti in ogni attività umana, ed ogni attività umana si adatta alla situazione, la gran parte delle volte volgendola a suo favore, per continuare, come da millenni, il suo percorso.
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