L’albero evolutivo della patata

L’albero evolutivo della patata

1861: Charles Darwin dopo aver finalmente pubblicato il suo “Sull'origine delle specie per mezzo della selezione naturale o della conservazione delle razze favorite nella lotta per la vita” era cautamente ottimista riguardo all'accettazione definitiva delle sue idee. Comunque ormai il dado era tratto e la teoria sull’evoluzione di tutte le specie viventi, un concetto acquisito.

Anno determinante il 1861 anche per l’affermazione della patata che, utilizzata inizialmente solo come pianta ornamentale, da tubero bistrattato come infimo alimento, si trasformava in risorsa alimentare insostituibile. È stata la patata che, insieme al mais, ha salvato la vecchia Europa dalla carestia. La patata, originaria del Perù, venne importata in Europa dai conquistadores spagnoli. Già al suo arrivo questo bizzarro tubero fu condannato dalla Chiesa (denominato cibo delle streghe se non del diavolo), sia perché la Bibbia non ne faceva menzione sia perché le sue parti commestibili crescevano dentro e non sulla terra assolata come si conviene a tutte le piante. Per di più molte persone erano state intossicate (e alcune morte).

Ma ormai l’evoluzione darwiniana della patata da tubero per la sopravvivenza a delizia del palato nelle sue varie forme e ricette era ormai inevitabile e, come avviene per molte invenzioni, furono in molti ad arrivare, più o meno, allo stesso traguardo nello stesso momento.

Ai giorni nostri è divenuta la “patatina fritta”, il cibo più diffuso a livello mondiale nei fast food. Sono molte le storie che accreditano la paternità a più soggetti delle patatine fritte. Ma probabilmente quelle che vi raccontiamo sono le più accreditate.

Fu Thomas Jefferson, terzo presidente degli Stati Uniti (autore della dichiarazione d’Indipendenza ma, per quanto ci concerne, padre delle patate fritte), il primo a tagliare le patate nel senso longitudinale per poi friggerle e farle servire durante una cena presidenziale.

Ma la vera rivoluzione avvenne ad opera di un ristoratore, George Crum che, infastidito da un cliente che si lamentava della patate tagliate a tocchi troppo spessi, gli portò, per vendetta, in tavola delle patate sottilissime, fritte, croccanti e ben salate.

Il cliente invece apprezzò moltissimo questa nuova modalità di servire le patate e, in men che non si dica, si sparse la voce delle speciali "patate” di Crum. Il locale divenne famoso per questa specialità che veniva offerta gratuitamente ai commensali come stuzzichino. Ahimé, Crum non brevettò mai la sua particolare ricetta che avrebbe fatto la fortuna di innumerevoli industrie alimentari.

La commercializzazione delle patatine come snack decollò infatti quando furono creati industrialmente i pacchetti incerati che, non facendo fuoriuscire l’unto della frittura e evitando il contatto con l’aria, miglioravano la conservabilità del prodotto. È incredibile come questo tipo di impacchettamento sopravviva tutt’oggi come standard a livello globale per la vendita delle chips confezionate.

Ma il ramo evolutivo della patate fritte, per dirla con Darwin, continuava a crescere anche in una direzione diversa. Le patatine fritte, ovvero le french fries, nonostante il nome, nacquero infatti in Belgio. La leggenda narra che i soldati americani durante la Prima Guerra Mondiale scoprirono la bontà delle patatine fritte in una zona del Belgio dove si parlava francese, e così nacquero le “French Fries”. Fu proprio a Bruges che, sempre nello stesso anno, 1861, un uomo d’affari, Frite (nomen omen) era impegnato con la sua impresa a preparare e vendere patatine appena fritte al pubblico. La novità, vista nella teoria evolutiva darwiniana, consisteva nel fatto che queste erano tagliate a bastoncino e, causa la polpa morbida interna, si prestavano solo ad una vendita di cibo appena fritto.

Sarà poi il marketing applicato al concetto del fast-food ad abbinare la patatina fritta all’hamburger e alla bevanda zuccherata, delizia ed incanto per i bambini destinati all’obesità (vedi il film “Supersize me” il cui testimonial ingrassò di 11 kg in 30 gg assumendo solo quella tipologia di alimenti.

Un ulteriore ramo della linea evolutiva della patata fritta fu invece definito a tavolino da un think thank di uomini di marketing per arrivare all’innovazione della patata pensata per la grande distribuzione. Fu così che nel 1968, mentre qualcuno si agitava sulle barricate, altri pensavano a come commercializzare nel migliore dei modi la patatina fritta in una modalità di migliore conservazione, a prova di rotture e con gusti diversi e appetitosi.. Fu Fred Baur, chimico e tecnico di conservazione degli alimenti, ad inventare il tubetto delle Pringles, una patatina che nelle intenzioni dei produttori, doveva essere meno fragile e oleosa di quelle tradizionali. Per raggiungere questo risultato solo il 42% della composizione di un impasto a base di farina di mais, amido di frumento, farina di riso e additivi chimici, era patata.

Inutile dire che Fred Baur diventò ricchissimo creando questo particolare tubetto a misura di Pringles, un tubetto che consentiva sia l’impilamento perfetto dei tubi, sia delle Pringles al suo interno ed anche per risparmiare sui costi di trasporto. Le patatine potevano essere estratte solo girando il tubo, richiudibile, con un coperchio in plastica, per la massima igiene e conservazione. Alla sua morte Fred Baur fu cremato ed in ossequio al suo desiderio le sue ceneri furono collocate in un tubetto di Pringles .

Oggi il mercato delle sole patatine fritte vale 40 miliardi di dollari, quota in larga parte detenuta dalle multinazionali del fast food. Non poteva mancare ovviamente il museo delle patatine fritte, tre piani nel centro di Bruges, in Belgio, dove è possibile consumare ottime patatine fritte. Ulteriori potenzialità sono insite all’interno del modesto ed infimo tubero, a disposizione del marketing, basta ricercarle osservando sul campo i nuovi comportamenti e stili di alimentazione ed il gioco è fatto, pardon, il business è fatto.

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