L'APERITIVO

L'APERITIVO


Venerdì sera, clima estivo. Una marea di macchine rientra dal lavoro e si dirige alla ricerca spasmodica di un parcheggio.

Signore plastificate sorridono sornione alla vita benestante, ostentando una camicia fané, come se non avessero avuto il tempo di pensare ad un abbinamento più chic o più consono alla mondanità; pare quasi la disprezzino la mondanità di cui fanno parte quanto le rotelline ai meccanismi di un orologio.

Signori finti giovani che hanno mezza età da un pezzo, abbronzati con i capelli bianchi e curati, neanche fosse lana merinos, ostentano un Rolex buttato là che possa far capire a tutti con chi hanno a che fare. 

Nel quotidiano aspirano la frenesia del commercio, dell’affare, dell’imprenditoria, accumulando stress su stress, ma, finalmente, è arrivato il venerdì sera con l’eucarestia dell’aperitivo.

Gli svaghi programmati, le scarpe della stessa marca, le Vuitton tutte uguali inaugurano questo rito del weekend in cui si percepisce una nuova schiavitù, la schiavitù della distrazione e del divertimento ad ogni costo. Tutto è così fico da essere banale e richiede una divisa adeguata, un’espressione preparata. Bergson diceva che la durata coscienziale è una evoluzione continua, una sfilata di sfumature ed è questo che pare mancare. Nessuno ostenta la sua ricerca urgente e si manifesta solo una solidità vacua.

Al di là delle preferenze e dei gusti personali sulla gestione del weekend, il divenire creativo e generante pare ingabbiato, dal lavoro prima e dal divertimento poi.

Non possiamo avere la pretesa di non cristallizzarci mai in una forma, in un modus, ma dovremmo avere almeno la coscienza di esserlo. Tale consapevolezza, infatti, porterebbe ad una esigenza di movimento mentale, fisico e spirituale.

Come nella novella di Pirandello, Il treno ha fischiato, Belluca, schiavo del lavoro e della famiglia ha, un giorno, un colpo di testa, perché sente il fischio di un treno e, immediatamente, tutto il suo essere arrugginito e statico si ribella, si scuote e lo fa sembrare matto, quando, forse, si trova a vivere il momento più coerente con se stesso.

Insomma, non credo sia necessario farneticare come il buon Belluca ed evadere dalla realtà per essere se stessi, invece si potrebbe tentare di portare a bere un aperitivo il proprio nudo io e, forse, non servirebbe nemmeno bere più di tanto per divertirsi davvero.

Fiorenza Cirillo 

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