L’aspettativa ci porta nel territorio del “non detto”, nella credenza che quello che è "ovvio" per noi lo sia anche per gli altri...
10 MODI PER FAR FALLIRE UN PROGETTO: BASARSI SULLE ASPETTATIVE
Il secondo modo per fare aumentare esponenzialmente le possibilità di far fallire un progetto si chiama “aspettativa”. Come ho già avuto modo di dire, l’aspettativa ha il potere di rovinare una relazione, far terminare un’amicizia, complicare notevolmente la vita lavorativa. Una parola che ha il potere di scatenare mal di pancia, tensioni, musi lunghi, risentimento.
Tutto questo racchiuso in un’unica parola? Esatto.
Pensiamo al nostro progetto appena lanciato (sia che sia un progetto nella nostra organizzazione o nella nostra sfera privata): abbiamo definito un obiettivo, ci siamo dati un tempo per portarlo a termine, abbiamo calcolato le risorse che ci servono e se siamo stati bravi abbiamo anche stabilito le metriche che ci diranno se e quanto l’obiettivo verrà raggiunto. Abbiamo pure comunicato a tutti gli interessati il progetto. Abbiamo tutto no? Partiamo! Inutile dilungarsi.
Peccato che non abbiamo detto al team leader che il progetto si aggiungeva a tutti gli altri suoi compiti (ovvio no? Non abbiamo parlato di delegare gli altri compiti) … Naturalmente non abbiamo parlato di premi per il completamento del progetto, quindi inutile aspettarseli, vero? E che l’obiettivo andava raggiunto senza che le persone all’interno del team si scannassero (rendendo impossibile per loro lavorare assieme in successivi progetti) era scontato, no?
Spiegare ai miei familiari che il fantastico corso al quale mi sono iscritta non mi occuperà solo il week end in cui ci saranno le lezioni, ma anche altri sabati e domeniche per le esercitazioni, è inutile…tutti i corsi necessitano di ore dedicate allo studio e alla pratica, naturale!
Cosa accade nella realtà? Inizia a serpeggiare il malcontento, inspiegabilmente i membri del team non sono poi così tanto motivati, i tempi iniziano ad allungarsi, la creatività cala, si alternano silenzi a litigi….strane frasi restano sospese a metà “mi aspettavo che riconoscessero l’impegno che ci mettiamo”…. “pensavo che fosse palese che non posso fare tutto io”….”dobbiamo arrivare all’obiettivo e anche andare d’accordo? Non era stato detto”…
A casa le cose non vanno meglio: le persone che dovevano appoggiarmi nel raggiungere il mio progetto improvvisamente non mi sostengono più così tanto “non ci sei mai”, “non mi aspettavo fossi impegnata così tanto”….
In molti casi questi malumori non sono esplicitati, ma si tramutano in borbottii, mezze parole, recriminazioni…le persone non dicono subito che non sono soddisfatte della situazione… d’altra parte perché dirlo a parole? Ovvio che si vede che non sono contente!
Così, in un rimando di non-detti, non solo l’obiettivo si allontana ma si deteriorano le relazioni con le altre persone, a volte in maniera irreversibile. Doppio fallimento in agguato.
Che cosa è successo? Siamo caduti nella trappola dell’aspettativa! (non a caso G. Nardone la inserisce tra le “psicotrappole”).
L’aspettativa ha a che fare con tutto il mondo del “non detto”, con la presunzione che gli altri vedano le cose esattamente come le vediamo noi, provino gli stessi sentimenti, che agiscano come agiremmo noi e indovinino quello di cui abbiamo bisogno. Ma ciascuno di noi ha una propria visione del mondo, un proprio vissuto che lo influenza, una propria modalità di ragionare. Unite a questo il fatto che nessuno ha la sfera di cristallo o il potere di leggere il pensiero e la frittata è fatta. Ognuno prigioniero delle proprie aspettative, puntualmente non capite dagli altri…che a loro volta attendono che qualcuno comprenda quello che vogliono (e non si curano di dire).
Come si esce da questo circolo vizioso? Più ascolto, più domande, meno presunzione.
Ascoltiamo con attenzione: parole come “ovvio”, “mi aspetto”, “naturale”, “è così per tutti”, “normale”, “non c’è bisogno di dirlo” dovrebbero farci suonare un campanello d’allarme. "Ovvio": per chi? Ascoltiamo gli altri e ascoltiamo noi stessi per capire se stiamo cadendo nella trappola dell’aspettativa.
Chiediamo, facciamo domande, senza paura di apparire pedanti o poco perspicaci: è questo che intendevi? Che cosa vuoi dire esattamente? Sono previsti premi per il raggiungimento di questo obiettivo? Le mie altre attività come verranno gestite? Quale sarà l'impatto?
Esplicitiamo le nostre richieste, i nostri desiderata, sia a livello lavorativo che nella vita privata, anche quello che a noi sembra ovvio. Acquisiamo la consapevolezza che ognuno ha il suo modo di vedere e sentire il mondo, parliamo lingue diverse anche siamo convinti di usare lo stesso idioma. Lo stesso vale anche per le persone che ci conoscono bene, anche per quelli con cui condividiamo lo stesso tetto!
Richiede impegno? Certo! Cosa ci guadagniamo? Progetti realizzati, meno delusione, meno risentimento, relazioni migliori….direi che ne vale la pena. Non a caso Alexander Pope affermava “Beato chi non si aspetta nulla dagli altri, perché non resterà mai deluso”.
Ricordiamocelo adesso, all’inizio dell’anno, quando tanti progetti partono e riponiamo tante aspettative in queste nuove cifre "2021": dichiariamole – a noi stessi e agli altri – non aspettiamo che magicamente accadano le cose, che gli altri intuiscano ed esaudiscano i nostri desideri. Rendiamoci responsabili: comunichiamo quello che vogliamo e agiamo per realizzarlo.