Le domande potenti non esistono
Da ragazzina pensavo di essere una buona ascoltatrice: capivo le persone al volo, sparavo brillanti sentenze su di loro per stupirle, mostrare quanto io fossi intelligente ed intuitiva e quanto mi interessassi a loro. Speravo, così, di meritare attenzione e amicizia. Non sapevo ancora che quel mio modo di utilizzare intuizioni e sensazioni era il terreno su cui si fondava non tanto il mio interesse, quanto piuttosto la mia cecità. Più che domandare, raccontavo loro chi erano, cosa volevano, di cosa avevano paura. Più che ascoltare, ne leggevo il pensiero e mi illudevo, in questo modo, di occuparmi di loro.
Ho capito, diventando coach, che c’era molto di più, molto oltre, molto di unico e inimmaginabile in ogni persona con cui venivo in contatto.
L’ascolto è il vero lavoro di un coach ed essere ascoltati da un coach, posso dirlo perché mi trovo spesso anche nel ruolo di cliente, non significa solo raccontarsi, significa piuttosto scoprire insieme ciò che non si era mai pensato o ciò che non era mai stato esposto alla piena luce del sole.
Come essere umano, ovviamente e fisiologicamente, continuo a giudicare dalla prima impressione (Wilde diceva che solo gli stupidi non lo fanno), ma ora, dopo aver dato il buon giorno e il ben venuto alla mia prima impressione su qualcuno, mi siedo in platea a bocca aperta, con gli occhi sgranati ed aspetto lo spettacolo: il manifestarsi dei mille colori, dei più diversi suoni e delle sensazioni sconosciute che mi darà chi ho di fronte. E che meraviglia è, a posteriori, comparare la prima impressione con le evidenze completamente discordanti raccolte lungo la strada! Spesso mi faccio una grande risata a ripensarci!
Per rappresentare metaforicamente tutto questo e per celebrare questo apprendimento ho anche iniziato a dipingere mobili... il concetto è: ti può sembrare di avere davanti un normale comodino di Ikea, come 1000 altri, quando incontri una persona... ma scoprirai presto che dietro quella sottile facciata c'è un mondo unico coloratissimo, contraddittorio, sbalorditivo che smentisce le aspettative di chi guarda per stupire, rendersi unico e meravigliare.
Esplorare insieme con sincero interesse e insieme stupirsi, gioire, languire e inevitabilmente procedere. Il coachee impara molto su di sé, le domande del coach gli aprono nuovi scenari e creano nuovi panorami e la cosa più bella è quando il coachee inizia a farsi da solo quelle stesse domande “potenti”. Nel nostro settore si parla di “domande potenti”, ma a me non è mai piaciuta questa definizione: mi sembra che metta nelle mani del coach-stregone un potere che, al contrario, io identifico nella relazione di coaching, non nel coach. Questo significa che esistono domande potenti se e solo se vanno a braccetto con risposte potenti o con silenzi potenti. Una domanda non è potente di per sé, il coach non è potente di per sé, lo è la relazione, la connessione che si crea, quando si crea.
Avete presente la fase dei perché dei bambini? Tanta insistenza su cose così autoevidenti!!! Loro sono i veri ascoltatori... prati incontaminati da riempire con le risposte che vengono date loro. Così ascolta un coach. Che sa di non sapere, ingenuo, alla scoperta di qualcosa di unico, con occhi puliti e cristallini, dotato solo di domande… sincere.
Partner & CEO at Asterys Lab - Executive e Team Coach ICF & Facilitator at Asterys
3 anniNon posso che essere d’accordo, sono anni che porto avanti lo stesso approccio al concetto di domande potenti. La cosa che però credo sia più interessante del tuo articolo, e che non deve passare come scontata per i lettori, è che il 99% di chi non ha fatto un corso di coaching (di qualità) non capisce cosa si intenda per ascolto e confonde quello che tu racconti della tua esperienza giovanile con l’ascolto. Questa è una cosa a cui non riuscirò mai ad abituarmi. Tutti pensano di saper ascoltare, ma non lo sanno fare e questo ha un costo enorme per le loro vite.
Owner, Founder & CEO Mega Services, Executive & Business Coach
3 anniMi piacciono molto le tue riflessioni: intense e genuinamente pulite nella costruzione di una “relazione potente” con il cliente. Grazie Benedetta 😃💪🏼
Alla fine l'ascolto e'il pilastro "dell'inclusion" cosi' popolare di questi tempi, perche' ci rendiamo conto di quanto manchi e di quanto sia importante per lo sviluppo sociale, organizzativo, economico, tecnologico...
Network Onboarding Manager; Business Coach; HR Lover; Passionate about travels and other points of view
3 anniBella analisi Benedetta! mi ritrovo nelle tue parole