Le parole creano il territorio

Le parole creano il territorio

Perché talvolta è difficile comunicare? Come mai non si riesce a farsi comprendere nel profondo e a trasmettere le proprie sensazioni e le proprie esperienze senza essere fraintesi?

Korzybski (la cui filosofia del linguaggio ha avuto un’importanza primaria nello sviluppo della Programmazione Neuro Linguistica ) osservò che ci sono assai meno parole e concetti di quante non siano le esperienze possibili, e questo aspetto può determinare l’identificazione o la “confusione” di due o più situazioni.

Ecco quindi come sia evidente che se ci esprimessimo in maniera approssimativa, potremmo essere compresi ed interpretati in modo altrettanto impreciso. Se le nostre parole ed il modo in cui vengono pronunciate sono poco incisive, lo saranno anche le conseguenze che da queste potranno generare.

A forza di sentirci ripetere dell'importanza del linguaggio del corpo, di quanto il nostro viso, le nostre gambe, la punta dei piedi o il modo in cui incrociamo le braccia possano comunicare cose di cui non ci rendiamo conto, molti hanno finito per trascurare il peso della parola e del linguaggio utilizzato.

Chris Voss ex negoziatore di ostaggi per l'Fbi, scrittore ed accademico americano, delinea con un esempio perfetto quanto possano essere rilevanti la voce e le parole usate nel rapportarsi con gli altri: "trattare con dei sequestratori di ostaggi solo attraverso una parete e senza potersi mostrare o vederli".

Le parole giuste, usate in un modo avveduto, hanno avuto molte volte la capacità di convincere la controparte a scendere a patti, arrendersi o di farla entrare in un meccanismo psicologico che poi ha permesso di salvare una vita. Perché le parole sono importanti.

Ecco quindi, partendo dalla mia esperienza di mentalista, un breve vademecum su come usare le parole, se vogliamo che queste siano efficaci:

  • dire cose necessarie, rilevanti, che facciano la differenza se dette o non dette. Parlare per riempire dei silenzi non è una buona idea, se si vuole conseguire dei risultati. Provate ad esibirvi davanti ad una platea facendo discorsi inutili o raccontando storie solo per riempire i vuoti;
  • valutare, prima di esprimerlo, il contenuto che si va ad enunciare in funzione dello scopo che si vuole raggiungere e dell'interlocutore che deve recepire quanto diciamo (un po' come cercare di suggestionare uno spettatore senza rendersi conto che questi non ci capisce perché parla un'altra lingua;
  • far diventare le parole di chi ci ascolta e interloquisce con noi, importanti tanto quanto le nostre. Gettare quindi le basi per un vero dialogo. Non far sembrare di ascoltare l'altro, ma ascoltarlo davvero interagendo in base alle nuove condizioni che si sono create e non recitando un copione già scritto (- buongiorno, come si chiama? - Esmeriginaldigna Futtolo. - piacere, Darus e adesso vediamo se trovo in lei qualcosa di strano....:
  • non dare ad ogni parola la stessa importanza e lo stesso valore. Ovvero non parlare sempre con lo stesso tono, con la stessa velocità e lo stesso ritmo. Nel nostro inconscio sappiamo cosa è più importante e cosa meno. Qualcosa può essere sussurrato, altro detto con tono allegro, alcune cose vanno dette esprimendo esitazione e dubbio. Siamo esseri complessi e ricchi di sfumature. Se dalla nostra comunicazione questo non traspare, abbiamo un problema.
  • Convenire con l'interlocutore sul significato delle parole. Fa rumore l'esempio di un conduttore televisivo della Rai di una trasmissione che ospita quasi quotidianamente un prestigiatore o un mentalista, "I soliti Ignoti" dove arriva il momento che questi artisti si esibiscono per alcuni minuti e vengono introdotti dal presentatore. Immancabilmente egli si esprime più o meno così: "...ed ecco che, per la gioia dei bambini, ora si esibirà tizio/caio o sempronio, bambini fate attenzione." salvo il fatto che spesso l'artista non è assolutamente un artista per bambini e ciò che fa è studiato proprio per essere rivolto solamente agli adulti. Ecco che in questo caso sarebbe bene che qualcuno spiegasse ad Amadeus che le parole mentalista o prestigiatore non riguardano necessariamente l'infanzia e che può cogliere l'occasione per ascoltare cosa, gli artisti che ospita nel suo programma, hanno da dire e per cosa si distingono da altri, prima di classificarli un tanto al chilo.

Ovviamente questa resta una disamina parziale che senza pretendere di essere esaustiva, vuole solo far riflettere sulle potenzialità degli strumenti che ci troviamo a gestire quotidianamente. Le parole comunicano e possono diventare il territorio entro il quale noi e i nostri interlocutori possiamo trovare piena soddisfazione o meno.

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Sono Darus, il mentalista. In primis intervengo negli eventi aziendali con delle performance spettacolari o realizzando team building e corsi di formazione. In Italiano e inglese. In presenza o a distanza. Trovi tutto su www.businessmentalist.it www.darus.it.Se hai domande inviamele a info@businessmentalist.it e cercherò di rispondere.

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