Le Persone da cui ho imparato qualcosa, ma anche no. Parte 4 - Fai quello che sai!

Le Persone da cui ho imparato qualcosa, ma anche no.

Parte 4 – Fai quello che sai!

Qualche anno fa stavamo commentando i risultati di reparto con uno dei maggiori vertici di quell'azienda. Io li consideravo positivi, mentre per lui non solo erano migliorabili (condivido: una cosa ben fatta ha il solo limite di poter essere fatta meglio), ma inferiori alle aspettative di crescita.

Naturalmente ogni performance è figlia del contesto in cui viene a manifestarsi ed è verissimo che, come ha detto magnificamente Gregg Easterbrook, “se torturi i numeri abbastanza a lungo, confesseranno qualsiasi cosa”.

Credo fermamente che immaginare di replicare, se non addirittura di superare un risultato, senza considerare in che condizioni si è realizzato, sia del tutto inutile. Approfondendo nello specifico le condizioni operative sono venute fuori molte considerazioni utili al miglioramento del dato: tra queste la maggior parte di carattere quantitativo e alcune di carattere qualitativo. Quale sia la proporzione per miscelare nella giusta dose le due componenti dipende da una serie di variabili impossibili da riportare nella stessa misura.

Tra queste considerazioni una però mi ha colpito molto perché, giuro, a me non sarebbe mai venuta in mente: il ricevimento vende meno trattamenti perché chi ci lavora, fino a poco tempo prima temeva di perdere il posto di lavoro, mentre adesso no.

Perché questo commento mi ha fatto riflettere? Perché fino a quel momento avevo sempre pensato che creare un ambiente di lavoro armonico, sereno, far percepire un’atmosfera rilassata e perché no, anche spensierata fosse la parte più difficile ma anche produttiva di questo compito. Adesso invece mettevo in dubbio i fondamentali (Sacchi che discute pressing e gioco a zona?), cercando di capire in che modo un dipendente teso e oppresso dal cappio di un mancato rinnovo, potesse essere più performante di uno con le sue certezze e libero di esprimere in modo sano la sua competenza e la sua professionalità.

Perché lavorare sotto pressione può essere meglio che semplicemente concentrati?

Ho provato ad immaginare fino a che punto il primo dei due potesse fingere di fronte agli Ospiti, riuscendo a mascherare il suo disagio e contemporaneamente a ottenere risultati migliori.

In quella sede siamo rimasti tutti e due dello stesso parere; magari lui collegava un ambiente rilassato ad un abbassamento della “tensione agonistica”, fatto sta che un gruppo di campioni non sarà necessariamente una squadra (altrimenti la ex Jugoslavia avrebbe vinto tutto nel calcio), e che la tensione positiva in un ambiente sereno è tutt’altro rispetto a quella generata dalla paura.

Otto Rehhagel è stato un allenatore di calcio giramondo, una sorta di nomade del pallone che nel 2004 si tolse lo sfizio di vincere gli europei. Li vinse in Portogallo, li vinse battendo in finale i padroni di casa capitanati da un giovane CR7, probabilmente mai sconcertato come quel giorno. Piccolo particolare? La sua squadra era la Grecia, si, proprio quella penisola culla della cultura classica antica, ma non proprio un esempio virtuoso di palleggio nello stretto.

In conferenza stampa dopo la finale fu d’obbligo la domanda: “Mister, ma come avete fatto?”

Quella era semplicemente una squadra di persone che prima facevano quello che volevano e che adesso fanno quello che sanno!

Alessio Nuzzi

Hotel Manager presso WTB Hotels Firenze

3 anni

Complimenti Sandro...

Stefano Venturi P

General Manager - Luxury Hotels Specialist

3 anni

Molto interessante

Silvia Giannini

founder Studio Architettura Silvia Giannini - ARCHITECT: SPA CONSULTANT & INNER LIVING

3 anni

E... Goal!! 😊

Rubina Calella

Hospitality Executive Search | Luxury Hotels Headhunter | HR Business Partner

3 anni

Spunti di riflessione interessanti

Elena Bruno

Director of Sales & Marketing Bulgari Hotel Roma

3 anni

Sei fantastico ! Tutto vero ! E’ cosi’ !

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