Leletter n.44/2022

Leletter n.44/2022

Sono Emanuele Salè, reincarnazione di Settimio Severo, partner di Nagency, l’agenzia di comunicazione meno formale della capitale. Ogni settimana scrivo e invio la “Leletter”, una newsletter sulla comunicazione, il marketing e tutto quello che mi colpisce.

*Now playing "A me me piace o’ blues - Pino Daniele"*

Ciao giovane padawan,

come stai? Com'è andata la tua settimana?

La mia è stata molto, molto faticosa, sia dal punto di vista fisico che da quello mentale, ma passiamo oltre. Finalmente piove! Chi mai si sarebbe immaginato, 10 anni fa, di pronunciare queste parole? Di solito le piogge autunnali erano accompagnate da una tristezza estetica ed emotiva, un rimpianto per il sole ed il caldo perduti, mentre oggi sono salutate con sollievo, se si presentano in forma moderata e costante e non breve e violenta. E in effetti, nonostante la stanchezza, la scarsità di luce durante le giornate, la mia vista che peggiora e l’anticipo sulle tasse dell’anno prossimo (pratica dadaista che credo esista solo in Italia), mi sento di buonumore. Vagamente, eh, ma di buonumore. Perché riesco a guardare al futuro con fiducia. Probabilmente è il bicchiere di barbaresco di Gaja che ho bevuto ieri sera, ma sono convinto che il futuro sia un’opportunità da mordere, non una minaccia da temere, come, comprensibilmente, è percepito da molte persone in questi tempi incerti.

Sono convinto che se incontrassi il me stesso diciottenne (capirai questo riferimento tra un po’) mi darebbe una pista in una sfida a calcio, ma potrei insegnargli qualcosa riguardo all’atteggiamento da tenere nei confronti del futuro. Sono così paternalista da voler dare lezioni anche al mio passato!

Vabbè, iniziamo con le notizie.

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Eh sì, TikTok sta provando ad allungare la distanza che la separa dagli inseguitori, Instagram in primis, e per farlo ha deciso di estendere ad alcuni paesi occidentali, a partire dagli USA, la possibilità di vendere prodotti direttamente all’interno della piattaforma, soprattutto durante i live streaming. Questa decisione potrebbe cambiare il mondo dell’e-commerce per come lo abbiamo conosciuto finora. Ad oggi, infatti, per comprare un paio di scarpe o un bel frullatore di design, bisogna comunque appoggiarsi ad un sito che consenta di effettuare la transazione. La possibilità di comprare direttamente su TikTok, magari in diretta, riduce di molto il tempo di latenza tra l’impulso a comprare e l’acquisto vero e proprio, che di solito comporta una riflessione del tipo: “ma a che c**zo mi serve la matita dalla mina infinita se io non so disegnare?” ed una conseguente rinuncia. 

Ma poi, acquistare un prodotto mentre un influencer ne parla in diretta non ti ricorda qualcosa? Non ti fa venire in mente una tizia con dei capelli improbabili e un forte accento emiliano che ti propone le sue creme dimagranti? D’acordooooo?!

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E anche Nike si sta muovendo nel settore dell’e-commerce, per quanto in un ambito molto diverso da quello di TikTok. La popolare e un po’ coatta azienda dell’Oregon ha deciso di lanciare una propria piattaforma nel metaverso, chiamata, con poca fantasia, “.Swoosh”. Al suo interno sarà possibile acquistare prodotti a marchio Nike, destinati ad essere indossati dai propri avatar nel metaverso, e i designer amatoriali potranno collaborare con i professionisti di Nike, ricevendo un compenso.

In sostanza su “.Swoosh” potrai comprare un paio di scarpe e farle indossare al tuo avatar quando fai una riunione virtuale nel tuo ufficio virtuale nella tua Pietralata virtuale, dopo aver guidato nel traffico virtuale e aver preso un caffè virtualmente bruciato.

Quello che, tuttavia, continuo a non capire è perché si dovrebbero spendere cifre più o meno importanti per avere dei modelli impalpabili da indossare in un luogo virtuale, il metaverso, scarsamente popolato e per di più con un livello grafico davvero infimo. Sarà che io è già tanto se compro un maglione di viscosa in saldo su Zalando, ma non credo che spenderei 50 centesimi per vestire il mio avatar di prodotti Nike!

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Lo sport, a volte, riesce ad attirare l’attenzione su una questione come gli strumenti tradizionali di partecipazione politica non riescono a fare. Tutti, per citare forse l’esempio più celebre, ricordano i pugni chiusi guantati di nero dei velocisti Tommie Smith e John Carlos alzati nel cielo di una notte olimpica messicana. Sono abbastanza convinto che, se la rivoluzione in Iran avrà compimento, il gesto dei calciatori della nazionale dello scorso 21 novembre resterà anch’esso nella storia. 

Ma cosa hanno fatto? In realtà quello che è importante è ciò che NON hanno fatto, NON hanno cantato l’inno nazionale all’inizio della partita, mentre un cameraman li inquadrava uno ad uno, le bocche serrate, i muscoli contratti. Nel mentre, i tifosi sugli spalti fischiavano il loro stesso inno, per esprimere contrarietà ad un regime che sta reprimendo nel sangue le proteste dei cittadini scatenatesi dopo la morte della giovane Masha Amini.

Non è dato sapere quali saranno le reazioni del governo autoritario a questa plateale presa di posizione dei calciatori, che, proprio per questo, vanno celebrati, sperando che la rabbia degli ayatollah non si abbatta su di essi o sulle loro famiglie.

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Non so se si possa definire un merdone in senso stretto, ma nella sostanza lo è sicuramente: Elon Musk ha riammesso Donald Trump su Twitter. E non lo ha fatto con una decisione unilaterale, ma ha creato un sondaggio, chiedendo ai suoi follower di esprimersi e il 52% ha votato a favore (io contro, sia messo agli atti). In molti sostengono che la decisione di riammettere Trump abbia rappresentato un tentativo di distogliere l’opinione pubblica dal caos in cui è piombato l’uccellino blu da quando Musk ne ha assunto il controllo, ma mi è comunque parsa una decisione davvero poco sensata. Trump era stato bannato da Twitter dopo l’occupazione del Campidoglio (quello di Washington, non the original one) da parte di quella marmaglia di guitti e miserabili che non accettava la vittoria di Biden, riammetterlo proprio ora che si è appena ricandidato per le presidenziali del 2024 mi è sembrato un regalo inatteso. Tra l’altro l’ex Presidente, per ora, non sembra intenzionato a tornare su Twitter, perlomeno questo è quanto ha dichiarato su Truth, quella sottospecie di piattaforma social da lui fondata. Musk spera che il magnate ci voglia ripensare, come ha suggerito pubblicando un meme che ha come base nientepopodimeno che una vignetta del maestro Milo Manara, il quale non ha proprio gradito.

In tutto questo Musk ha deciso anche di riammettere Kanye West. Non lo so, vogliamo sbloccare anche gli account di Hitler, Hannibal Lecter e Attila-flagello-di-dio?

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Due ricercatori di quello che sembra il CERN di Ginevra litigano su chi sia più forte tra due calciatori di due epoche diverse, il (o lo?) Mbappé dei nostri giorni e il Ronaldinho del 2006 (io direi Dinho a mani basse, ma vabbé). Per stabilire chi abbia ragione decidono di creare un multiverso e di farli scontrare. 

I 2 si materializzano ed inizia la sfida ma, presto, i ricercatori ci prendono la mano e vengono richiamati altri calciatori da vari periodi storici. Stranamente sono tutti atleti sponsorizzati dalla Nike, nessuno pensa a vecchie glorie tipo Maradona, o Cruijff, non brandizzate con il popolare “baffo”. 

Ronaldo “il fenomeno” viene portato nella competizione addirittura in 2 versioni, 1998 e 2002, quest’ultima con tanto di triangolo di capelli più lunghi sopra la fronte, uno dei tagli più raccapriccianti della storia. C’è pure Cristiano Ronaldo, a comporre un quadro davvero pieno di Ronaldi, e anche un paio di calciatrici, perché dai, strizzare l’occhio alla parità di genere fa sempre bene.

Lo spot è realizzato alla perfezione, con un ricorso alle più evolute tecniche di modellazione ed animazione 3D, il ritmo è sempre quello frenetico degli spot Nike, ma forse l’idea di fondo è un po’ povera, il solito tema dello scontro tra campioni. Forse Nike avrebbe dovuto investire qualcosa in più sul plot e qualcosa in meno sugli effetti speciali, come consigliava un vecchio spot degli anni ‘80.

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Un podcast bello in modo inaspettato quello prodotto da Internazionale con la direzione creativa del “pioniere italiano dei podcast”, Jonathan Zenti. È la storia di due sorelle afgane, Maryam e Zaynab, due calciatrici (oh oggi tutte le notizie sono collegate, manco a farlo apposta), costrette a fuggire dal proprio paese dopo il ritorno al potere dei talebani. Il racconto è fatto da due giornalisti che le avevano intervistate qualche anno prima e che provano ad aiutarle recandosi direttamente in Afghanistan e rischiando di essere arrestati dal ritrovato regime.

All’inizio non ero convintissimo dell’argomento del podcast, in realtà il racconto dei giornalisti è molto personale, con dialoghi registrati live che riescono a catapultarti nella realtà che stanno vivendo, senza filtro.

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Così, de botto e senza senso: beccati il video di Yellow Submarine costruito con le immagini generate da una AI in base al testo.

Che strano zi’!

È finita la Leletter, evviva la Leletter! Vuoi commentarla? Mi vuoi far comprare delle costose ciabatte su .Swoosh? Vuoi farmi sfidare e umiliare dal me stesso del 1997? Basta che rispondi alla email con cui ti è arrivata.

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Ad maiora,

Emanuele

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