L'equazione del rischio
“Ci sono forze autodistruttive in gioco negli individui come nelle collettività, inconsapevoli di essere suicidi. Fin dove arriveranno questi danni e quando avverrà una reazione, non si sa. Da 50 anni sono tra coloro che lanciano l’allerta. Ma i progressi della coscienza sono lenti. È tardi. Non lo so. Penso possa esserci devastazione, ma non vedo la distruzione della specie umana. La storia insegna anche come a un certo punto tutto sembri crollare, la romanità per esempio; poi da un processo multisecolare scaturisce qualcosa di nuovo e rivoluzionario. Siamo in un mondo incerto e possiamo immaginare un avvenire in cui intervengono forze catastrofiche, ma la probabilità non è mai certezza.” (Edgar Morin)
A partire dallo scorso 26 Giugno, un'ondata di caldo senza precedenti ha investito le regioni del Pacifico nord-occidentale e del Canada occidentale infrangendo numerosi record di temperatura di tutti i tempi.
“L' Atmospheric Infrared Sounder (AIRS) della NASA, a bordo del satellite Aqua, ha catturato la progressione di questa cupola di calore che si è mossa lentamente dal 21 al 30 giugno [1] registrando anomalie di temperatura ad un'altitudine di 3.000 metri e dimostrando che il caldo estremo ha colpito anche le regioni montuose, estendendosi sotto forma di cupola di calore fino alla troposfera terrestre e creando le condizioni per un calore intenso sulla superficie del pianeta che normalmente si trova nelle regioni più meridionali. “ [2]
Nei giorni successivi, i nubifragi che hanno colpito l'Europa centrale (sorprendendo gli scienziati del clima [3] almeno quanto le autorità locali [4] e reclamando oltre cento vittime e innumerevoli danni), hanno raggiunto i 250 mm di pioggia in 48 ore!!!
A quanto dicono gli esperti, è ormai chiaro ed assodato come i due fenomeni meteorologici siano in realtà collegati tra loro [5], disegnando ciò che con buona probabilità sta diventando “il nuovo normale” [6].
Certamente poi, come hanno dimostrato le notizie e le immagini di queste drammatiche giornate, anche una cattiva pianificazione territoriale e urbanistica ha "aiutato" [7]: non è infatti "la strada che si trasforma in fiume", ma la pretesa di trasformare il fiume in strada a creare il presupposto ai disastri.
Occorrenze queste ultime che derivano quindi da una sequenza di errori e di eventi.
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Tuttavia dobbiamo stare molto attenti a non confondere (le pur oggettive) situazioni che amplificano la vulnerabilità di un territorio esposto ad uno specifico evento, con l’accelerazione (in termini statisticamente riscontrabili) nella frequenza e magnitudine di accadimento, parametri che invece determinano il pericolo collegato.
E a non negare le evidenze con il filtro del pregiudizio o, peggio, del fanatismo o dell’interesse: “Il problema - come scrive Gianrico Carofiglio - non sono gli errori (...). Il problema sta nell’incapacità di individuare e ammettere gli errori.”
L'equazione del rischio, alla fine, non è solo quella della formuletta classica R=PxVxE, ma risponde piuttosto alla somma vettoriale di tutte le nostre scelte...
Fonti e link per approfondire