L'inganno ai tempi dell'AI: prima parte
Quando ero poco meno di un adolescente, mio padre mi diceva spesso: “Antonio, ricorda che la reputazione è tutto, tanto nella vita professionale quanto in quella privata. Quello che si dice di te avrà sempre a che fare, che tu lo voglia o meno, con la credibilità e la fiducia che avrai saputo trasmettere.”
Non era un esperto di marketing e comunicazione: faceva il ferroviere. Nè eravamo in un frangente storico di hype tecnologico: si affacciavano propria allora il Commodore e lo ZX Spectrum. Il televisore a casa nostra era in bianco e nero e il telefono quello in bachelite a rotore.
Eppure risuonava in casa la parola reputazione: la categoria kantiana del nuovo millennio.
Oggi (2019) con l’intelligenza artificiale è possibile cambiare in pochi istanti l'identità di qualcuno in un film o video, così come, attraverso l’impiego congiunto di servizi diversi basati su reti neurali, si possono costruire modelli facciali e vocali che, allenati con non molte riprese audio - video di un malcapitato, consentono di falsificare perfettamente qualsiasi frase all’interno di un discorso della vittima in questione.
Ma non basta: senza arrivare al caso complesso di Cambridge Analytica, la costante campagna elettorale condotta sui social media genera facilmente, nel tempo di un click, polarizzazioni di opinione in una direzione o nell’altra, muovendo con ciò intere masse di potenziali votanti, banalmente mediante una foto, un video o un testo (o tutti assieme) puntualmente falsi.
Tutto frutto della modernità liquida, come avrebbe detto Zygmunt Bauman, che porta a costruire solo legami allentati, di modo che si possano sciogliere, rinnegare, falsificare senza troppe lungaggini non appena lo scenario venga a mutare?!?
Può essere, ma, anche in tal caso, non è necessario ricorrere al meglio delle analisi socio-antropologiche per capire (sì, lo so: è banale!) che siamo stati tutti hackerati dalla tecnologia che noi stessi abbiamo contribuito a sviluppare. Anche qui, altra banalità: si tratta della n-ma ripetizione degli archetipi alla Frankenstein in chiave contemporanea, della metafora del moderno Prometeo che incarna al tempo stesso l'ambizione e la paura legate allo sviluppo tecnologico, del legame spesso incontrollabile tra il creatore e la sua creatura artificiale. Ma tant'è.
Quando leggiamo una recensione su Amazon o facciamo una ricerca su Google, la realtà che ci viene presentata è quasi sempre quella che qualcuno o qualcosa hanno costruito sulla nostra storia di interessi e comportamenti ma per i propri migliori interessi.
Chi sta piantando i semi della credibilità solo apparente quasi certamente non ha a cuore la nostra utilità, ma il suo utile.
Ecco perché abbiamo bisogno di reputazione, proprio nel senso che intendeva mio padre: ripristinare credibilità e fiducia in modo da poter essere sicuri che stiamo vedendo quello che pensiamo di vedere. Recuperare autenticità, al di là delle nostre naturali distorsioni cognitive. E di conseguenza ricostruire connessione forte.
Ma non succederà domani: ora, più che mai, sembra che dobbiamo supporre di essere stati ingannati.
La consapevolezza e la conoscenza sono necessari a capire la natura del "mezzo" nel quale ci immergiamo o che usiamo. Quindi, ma non lo hai neanche te suggerito, la tecnologia non sa essere madre o matrigna in sé, ma la malizia sta negli occhi di chi guarda. Torniamo al punto. Come si fa a distribuire conoscenza e profondità prima che le persone accedano ai moderni "mezzi", quale il luogo? Idee?
Manager, Formatore, Autore del libro "La strategia aziendale nei mercati complessi"
5 anniun movimento lucido e nitido dalle istanze puramente tecnologiche a quelle umanistiche, dagli oggetti ai significati: l'unico modo serio di trattare questi temi nella complessità dell'oggi: bravo!
*C-Level Executive* - CEO - Digital Transformation - Innovation Manager
5 anniComplimenti, lucido come sempre.
Key account | sales | account telecomunicazioni
5 anniDa quasi fastidio leggere quanto hai scritto ma è esattamente ciò che stamo viviamo e ne siamo consapevoli solo in parte solo se usiamo e appimo far fuzionale la nostra "intelligenza critica"